Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Fanale e Torri a Livorno
Iniziamo con una veduta di Livorno nei primi anni del 1700.
La città è contenuta nel pentagono disegnato e costruito da Bernado Buontalenti (1536 –1608) con le mura perimetrali ed i suoi bastioni.
In primo piano a destra spicca il grandioso faro, il Fanale, una tra le prime costruzioni in Italia del suo genere.
Dopo l’abbattimento del vecchio faro della Meloria da parte dei Genovesi, nel XIV secolo, tra il 1303 e il 1305, la Repubblica di Pisa decise di erigere una nuova e più grande torre vicino a quello che allora era solo un piccolo borgo medioevale prevalentemente di pescatori, chiamata prima “Labro”, poi “Liburnus” e alla fine “Livorno”, allora ancora possedimento pisano, su ordine dei Provveditori della Fabbrica Lando Eroli e Jacopo da Peccioli.
La torre, chiamata in un primo tempo Fanale dei Pisani, fu costruita su una roccia sovrastante il mare sul lato ovest dell’ingresso di quello che allora era un porto naturale. Un geniale scultore e architetto, Giovanni di Nicola Pisano, venne chiamato per disegnare i piani della torre che fu in un primo tempo chiamata Fanale Maggiore, e ne seguì la costruzione passo a passo.
Per prima cosa fu costruita una base poligonale con tredici lati e sulla quale fu issata una prima torre che finiva con una terrazza merlata, sopra questa una seconda torre, leggermente più stretta, anch’essa con una terrazza merlata sulla quale poggiava la lanterna. Al piano inferiore della torre più piccola erano sistemati gli alloggio per il guardiano e alcuni magazzini. Visto dal basso il faro sembra composto di due sezioni coniche, ma in realtà è costituito da sette cilindri equamente sovrapposti uno sull’altro, con un diametro leggermente decrescente fino alla cima. Le pietre verrucane utilizzate per tutta la costruzione erano state estratte dalla vicina cava di San Giuliano. Alla base della torre c’era solo una piccola porta d’ingresso sopra la quale era stata scolpita la croce, simbolo di Pisa, che fu in seguito cancellata a rimpiazzata dal giglio fiorentino quando Pisa, nel 1406, fu annessa al dominio dei Granduchi di Toscana. All’interno del faro si trovava una scala di legno per accedere ai vari piani che, in caso di pericolo, poteva essere tolta trasformando così il faro in una fortezza. Solo in tempi più tardi una scala a chiocciola è stata ricavata dallo spessore delle mura. Alla base del faro furono accumulati grossi blocchi di pietra per proteggerlo dal mare in tempesta.
All’inizio la lanterna era illuminata con lampade a olio poi, con il passare del tempo, il combustibile cambiò e venne impiegato petrolio pressurizzato. Nel 1841 furono installate le prime lenti di Fresnel con gas di acetilene a incandescenza finché fu elettrificata alla fine del 1800. Fu solo nel 1911 che il Servizio fari passò definitivamente alla Marina Militare.
Una volta terminata la torre fu considerata una tale grande espressione del genio umano che venne persino ammirata dal grande poeta Dante Alighieri (1265 1321) che non poté fare a meno di descriverla nel V canto del purgatorio della Divina Commedia con queste parole: “Sta come torre ferma che non crolla – giammai la cima per soffiar di venti” . Infatti questa lanterna ha affrontato intatta sei tempestosi secoli finché gli uomini non l’hanno sconfitta.
Un altro poeta, Francesco Petrarca (1304- 1374), ha elogiato la grande lanterna nel suo poema “Itinerario Siriaco” come: “validissima, dal cui vertice ogni notte la fiamma indica ai naviganti il più sicuro lido”.
Un altro scrittore, Gregorio Dati (1362 –1435) nelle sue “Cronache Fiorentine” si riferisce alla torre come: ”uno dei migliori lavori mai eseguiti dall’intera Umanità”.
Il grande astronomo Galileo Galilei (1564 –1642) usava salire in cima alla torre per portare avanti I suoi esperimenti. Il faro di Livorno è stato anche impresso in alcune monete d’oro ancora conservate al Museo Civico di Pisa.
Nel 1583 il Granduca di Toscana, Ferdinando I° de’ Medici – che aveva fatto costruire un nuovo faro sulla secca della Meloria - ordinò ulteriori cambiamenti nel porto di Livorno con la costruzione alla base del faro di un cantiere, il primo dell’epoca, e un lazzaretto per i marinai che giungevano dalle coste sia del Mediterraneo, sia dai mari Orientali, per evitare il diffondersi di eventuali epidemie. Si dice che l’intero lavoro fu finito in soli cinque giorni, perché vennero messi al lavoro cinquemila uomini tutti insieme. Tutto questo cambiò drasticamente l’aspetto del faro la cui base era ora circondata dalle nuove costruzioni che ancora esistevano ai primi del 1900.
Fu distrutto ai tedeschi nel 1944.
La guerra finì, la città iniziò la ricostruzione, ma le rovine del faro non furono mai toccate, vennero lasciate lì dove si trovavano. I Livornesi sapevano che se le avessero portate via non sarebbe più stato possibile ricostruirlo e loro volevano il loro faro, non uno qualsiasi. Negli anni ’50 del 1900, ci fu quasi un movimento popolare che chiedeva a gran voce la ricostruzione del faro.
Il Presidente della locale Camera di Commercio e dell’Industria, Graziani, nel 1952 aprì una pubblica sottoscrizione che in breve tempo raggiunse i 2 milioni di lire, una gran somma per quei tempi, e in seguito venne raccolto altro denaro. I lavori cominciarono nel giugno del 1954, dieci anni dopo la distruzione e il lavoro fu eseguito dall’Impresa Ghezzani che, mettendo una gran fede e buona volontà in quello che stavano facendo, seguì i piani originali di Giovani Pisano del 1303, utilizzando il 90% del materiale ricavato dalle macerie e dove mancava usando pietre verruca scavate dalla stessa cava di San Giuliano da cui erano state ricavate le pietre originali.
In due anni il faro di Livorno era terminato e aveva lo stesso aspetto del faro originale.
Questo imponente signore della notte, ora monumento nazionale, è ancora funzionante, la sua sagoma inconfondibile si staglia all’ingresso del porto, esattamente dove fu costruito tanti secoli fa e proietta la sua luce verso le navi che entrano ed escono dal porto. L’impianto è automatizzato e sulla sua lanterna è stata installata un’ottica rotante che emette 4 lampi ogni 20 secondi e la sua luce può essere vista fino a 24 miglia marine. Anche lui, come molti altri fari, può essere considerato superato dalle moderne tecniche di navigazione, ma quando si lascia il Porto di Livorno su una nave, nel buio della sera, il suo fascio di luce che lambisce il mare è una presenza rassicurante, fa sentire che niente di male può succederti finché lui ti indica la via.
Nella parte sinistra del disegno iniziale si possono vedere due torri sorgenti dal mare: una grande e una piccola.
Ne parleremo la prossima volta.