Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante.
"No al nuovismo a tutti i costi, serve la competenza"
di CARLO BERTINI
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Franceschini, lo stallo in cui versano le istituzioni è anche il simbolo di un fallimento storico per un'intera generazione? Anche lo Spiegel sostiene che la proposta del capo dello Stato «dimostra la dichiarazione di bancarotta dell'intera classe politica».
«Siamo dentro una fase di transizione e siamo ancora in un sistema istituzionale che da trent'anni si dice vada modernizzato perché non più adeguato rispetto alla rapidità ed efficacia con cui vanno assunte le decisioni. Siamo poi alla fine del ventennio berlusconiano-leghista che ha portato a un terremoto politico. Certo, la miscela tra massimo della crisi economica e minimo di credibilità della classe dirigente è infernale e apre la strada a scorciatoie e populismi».
Vero è che il bisogno di rinnovamento ha prodotto i primi risultati nel nuovo Parlamento, la nomina di presidenti alla loro prima esperienza istituzionale. Su questo altare lei ha pagato anche un prezzo personale.
«Quando ero in predicato per quella nomina, mi sono molto divertito a misurare la distanza tra quello che sentivo dentro di me - troppo giovane e inesperto per ricoprire il ruolo occupato da Ingrao, Pertini o la Iotti - e ciò che appariva sui giornali in cui venivo dipinto improvvisamente come troppo vecchio. Ma non ho esitato un attimo a condividere la scelta di due personalità con una storia autorevole e importante alle spalle come Grasso e la Boldrini. Anche questo insegna a fare la buona politica».
Quindi il nuovismo a tutti i costi non comporta delle controinclicazioni, ad esempio su un piano più generale nella scelta degli incarichi istituzionali anche di governo?
«Mi preoccupa che sta crescendo come una moda la prassi secondo cui si debbano cercare anche per i ruoli più importanti persone il cui unico requisito sia non avere mai fatto politica. Basta vedere i toto-ministri apparsi sui giornali dei giorni scorsi».
Ora abbiamo il Parlamento più giovane della storia e con il maggior numero di donne. Questo ricambio coincide necessariamente con la «buona politica»?
«Che in parlamento finalmente vi sia una rappresentanza femminile e che alla Camera vi siano molti under 40 è un fatto molto positivo. Io sto dicendo un'altra cosa: che nei ruoli di maggior responsabilità, credo che mai come adesso, data la situazione drammatica in cui è l'Italia, servano competenza ed esperienza. Elementi che non sono sempre legati all'età. Sono veramente stanco di questa teoria assurda in base alla quale l'unico campo della vita in cui non servirebbero la gavetta, il curriculum, l'esperienza e la professionalità, sia la politica. Mi chiedo se sia mai stato chiamato a dirigere una banca, un'impresa o un grande giornale una personalità che non abbia mai lavorato in quel campo, solo perché è stato bravo a fare altro. In Sicilia, abbiamo visto che essere stato un grande cantautore o un grande scienziato non significa automaticamente essere un bravo amministratore».
Proprio su «La Stampa», l'ex presidente Bertinotti ha tratto la conclusione che in istituzioni moribonde la competenza diventa inutile. Concorda?
«No, né sul fatto che siano moribonde, né che la competenza diventa inutile. Anzi penso che sia proprio quando manca la competenza che le istituzioni diventino moribonde. Anzi, visto che i prossimi 7 anni per l'Italia saranno difficili e rischiosi, proprio per questo credo che al Colle serva una guida scelta per autorevolezza, energia, competenza e non seguendo semplicemente un'ondata emotiva del momento. E soprattutto una persona che aiuti il Paese a uscire dalla contrapposizione senza sbocchi di questi ultimi 20 anni».
Certo sembra che solo voi del Pd siate stati contaminati dalla moda del nuovismo a tutti i costi. Dall'altra parte sembrano meno permeabili. O no?
«Mi sono chiesto più volte anch'io perché il tema del ricambio delle persone sia posto soltanto nel nostro campo e non nella destra. Ma stiamo attenti a non scivolare in una reazione snobistica che troppe volte prevale nel nostro campo e che è stata fonte di tanti problemi. Una certa idea di superiorità culturale, in base alla quale noi dovremmo anche decidere chi sono i nostri avversari e con chi si possa discutere e con chi no. Sono stato accusato a volte anche nel Pd di eccesso di antiberlusconismo, ma quello è scontro politico. Altra cosa è riconoscere che chi guida la destra lo decidono gli elettori di destra e non noi. E se hanno deciso Berlusconi, ci piaccia o no, è con lui che bisogna discutere. E discutere non significa per forza inciucio».
Nel Pd si parla di Fabrizio Barca come futuro segretario e di Renzi per la premiership...
«Mi pare presto per fare nomi che comunque saranno scelti dalle primarie, sia per la carica di segretario che di premier. Né per Barca né per Renzi si può parlare di nuovismo: il primo ha un'esperienza economica e di governo. E Renzi è sicuramente un politico giovane e nuovo, ma è cresciuto come deve essere nella politica e nell'esperienza di governo locale e di partito. E ripeto il concetto: l'idea che dobbiamo spazzare via è quella che la politica sia l'unico campo in cui non si deve cominciare dal basso prima di ambire a posti di responsabilità, studiando e lavorando».