Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Ultimamente o meglio in una età di transizione, da passato a speranzoso futuro, i libri “arrivano” per caso. Quest’ultimo, di cui vorrei parlarvi, è stato posato sul mio tavolo, proveniente da una donazione ad un professore universitario che ad un certo punto decide di fare “pulizia” in qualche scaffale e lo lascia in uno scatolone per regalarlo.
Mio marito lo prende e lo porta a casa, così, per “caso”. Come spesso accadono le cose più belle e inaspettate della vita.
I libri, contengono storie lontane o vicine a noi, ma sono essenzialmente “emozioni”, creatori di stati emozionali, per meglio dire. Il libro in questione è “Arselle” di Fabiano Corsini. Un libro che esprime il “senso della nostalgia, della perdita e della riconquista della propria identità” come dice nell’ “Ultima nota” Athos Bigongiari che cura anche la prefazione.
Le vicende narrate sono quelle di una “famiglia” che attraversa la storia del dopoguerra a Marina di Pisa, tra politica e lavoro operaio.
All’interno c’è il tessuto sociale brulicante di “persone”, di avvenimenti, di passioni civili. Di proteste e soprusi. Di vite di “paese”. Il mio “paese”. Improvvisamente la “nostalgia”, quel sottile rimpianto dei tempi perduti. Di tutti i tempi perduti.
Sedimentati in tanti di noi “migliarinesi” così come lo sono nei “marinesi” del libro. E che facevano, ahimè oggi forse non più, la nostra memoria storica, il nostro “appartenere” ad una comunità.
Nel libro si parla della nascita del primo Circolo Ricreativo a Marina, subito dopo la guerra, Villa Santa, sostituito poi dal “Fortino” nato a sua volta grazie all’impegno di volontari. Così come la “nostra” “Casa del Popolo” di Migliarino.
Mio nonno fu uno dei soci fondatori e per qualche anno mia nonna preparava a casa il caffè che vi veniva servito. Mio padre invece si preoccupava di comprare i premi per la tombola. Come per il “Fortino”, la nostra Casa del Popolo o Teatro è stato per anni e lo è tuttora il centro della vita ricreativa del Paese. Al “Fortino” i giovani degli anni 60 facevano musica, da noi c’era il cinema e l’attività teatrale, in seguito il jukebox d’estate, negli anni 70, con tutti i giovani “seduti” sul muretto. Michele “impara” la politica, facendo in estate il bagnino al “Gorgona” e riportando la voglia di cambiamento delle attività sociali del “Fortino”. Come per molti di noi, la “nostalgia” avanza con e ulteriori analogie. Marina, divisa in due parti. Migliarino di “qui” e di “là”. Circolo ARCI o Circolo ACLI. E il mare. Il “nostro” mare che per molti anni è stato esclusivamente “Bocca”. Generazione dopo generazione. Con un sapore diverso per ognuno di noi. Il mio ricordo è fermo agli anni 80, con la barca (non c’era già più Pattana) che andava dal Serchio al mare, la “baracca” piena di borse, la notte buia con i fuochi sulla spiaggia. I fratelli (nati stranamente tutti più o meno nello stesso anno, come noi d’altronde) che appena toccavano spiaggia sparivano e quando era l’ora di rientrare li dovevi andare a cercare in “fondo”, dove stavano i filettolini. Io seduta sulla spiaggia che leggo “Cent’anni di solitudine”.
Scusate ma il “tempo invecchia in fretta” come dice Tabucchi. E l’”identità” l’appartenenza, il vivere all’”interno” di una storia, di una comunità è l’unica cose che ti impedisce di morire veramente.
Gli amici per la vita che se li chiami prendono la bicicletta e vengono a consolarti. Magari non ti vedi per mesi, ma sai per certo che non tradiranno mai e ci saranno sempre.
(A proposito del “tempo invecchia in fretta” leggetevi una delle sue nove storie “yo me enamorè del aire”. Dall’orto botanico di Lisbona un “vecchio” vede nel suo “passato” il bambino, briciola che è stato e la giovane madre che stende i panni sulla terrazza cantando una antica e bellissima canzone. Il vento fa schioccare i panni e la “nostalgia” sempre quella, ti trasporta altrove. A Vecchiano piuttosto che a Malaventre, in un orto assolato di una primavera di libeccio, con i panni che “volano” mentre la Margherita di Batone passa accigliata in cima al campo e Sirio guarda le nuvole passare e assapora il tempo.
Aria che porta via l’aria
Aria che l’aria se la porta via….
Diceva l’antica canzone.