Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Vorrei dedicare finalmente domenica alla mostra L’infinito istante allestita a Pisa, Palazzo Vitelli in Lungarno Pacinotti, ingresso gratuito, si può visitare fino al 3 maggio.
Innanzitutto, quello che colpisce è la bravura dei venticinque fotografi che espongono le loro opere al termine del corso di “Educazione all’Immagine Fotografica" condotto con grande passione ed esperienza da Roberto Evangelisti, un vero maestro in questo campo. Fotografi alla ricerca di istanti da staccare dal flusso delle nostre vite, che non bastano mai.
Avanti indré
avanti indré
che bel divertimento
avanti indré
avanti indré
la vita è tutta qua!
Infiniti momenti staccati dal flusso del tempo e fissati in istantanee da Gloria Barsocchi, Mario Barsocchi, Giovanni Cantone, Massimo Ceccanti, Alberto Cerri, Barbara Cortecci, Sara Cuomo, Antonietta De Rubertis, Marco Faraci, Alessandro Ferroni, Walter Frugoli, Gessica Gualtieri, Maddalena Lazzereschi, Elio Marchi, Silvia Mariani, Giulia Massantini, Giuseppe Masullo, Francesco Olivito, Giulia Pallini, Stefano Paniccia, Erika Pelati, Serena Polpini, Giulia Rametta, Chiara Razzauti, Piero Samoncini. Sessantasei istantanee prese in luoghi diversi e rappresentazione di realtà differenti, raccolte nel catalogo stampato con cura dalla Tipografia Bandecchi.
“La fotografia è però azione di ritaglio di unità spazio temporali realizzata in modo tale da riuscire non solo a rappresentare, ma anche a trasformare la realtà”, come scrive Massimo Ceccanti nella presentazione del catalogo della mostra che ha per sottotitolo “Fotografia come rivelazione”. E ognuna di queste è un “istante decisivo”, come una “freccia che dall’occhio arriva al cervello passando attraverso il cuore” (Cartier Bresson).
L’infinito istante riporta allo scorrere inesorabile del tempo, all’attimo che fugge. “Potrei dire a quell’attimo: fermati dunque sei così bello! (Goethe)”. O potrei catturalo, farlo diventare pietra con l’occhio della Medusa, come dice Remo Ceserani. Guardando queste fotografie siamo rapiti dalla capacità di cogliere l’attimo che un momento dopo non ci sarà più, sapergli attribuire un senso, leggerci una narrazione scritta con la luce tanto che possono essere viste anche come una specie di caverna di Platone alla rovescia: non sono solo i nostri occhi che le illuminano, sono anche le figure, le ombre delle persone fotografate che emanano una luce propria. Cito per tutte la foto di Gessica Gualtieri, in copertina al catalogo e sul manifesto della mostra. C’è una donna in abito bianco che ci guarda e ci sorprende. Cosa sta guardando questa ragazza vestita da sposa? A chi starà facendo un inchino? Perché sorride? Saprà trovare la via d’uscita da quel tunnel fatto di mattoni? Perché tende la mano? La vera vita è lì vicino? La vera vita è altrove?
L’infinito istante è un ossimoro, due termini volutamente in contrasto tra loro per rendere duraturo ciò che fugge e si immagina significativo. Concetti difficili da spiegare, meglio se si raccontano. Ricordo un passo omerico del vecchio Nestore che raccomanda al figlio Antiloco, in gara con Menelao nella corsa col carro, la “métis”, la previsione informata, invece di concentrarsi lì e solo lì. Naturalmente Menelao sarà sconfitto, perché la sua attenzione è concentrata solo sull’attimo, sul flusso temporale che sta vivendo. Chi possiede la “métis”, per Omero, è Ulisse, perché sa stare lì in quell’attimo, ma sa anche vedere oltre quell’attimo lì. Saper cogliere l’attimo e saper produrre infiniti istanti è difficile, perché ci vuole un multiforme “ingegno” per saper stare qui ma anche lì, per saper coniugare presente e futuro.
Nell’Ottocento sull’idea di infinito ci ha catturato, fin dai tempi del liceo, l’immaginazione di Giacomo Leopardi, il poeta che ci ha condotto, con pochi sublimi versi, nel suo viaggio verso “l’eterno, e le morte stagioni, e la presente”. Finita da molti anni la scuola ancora non ci abbiamo capito molto sul tempo e sull’infinito. Viviamo questo nostro breve tempo e in questo nostro piccolo spazio, siamo dentro questa fotografia che è la nostra vita di cui a volte non riusciamo a trovare un senso se un senso davvero ce l’ha. Qualcuno ha scritto che l’universo infinito siamo noi con la nostra capacità di immaginare l’infinito. Siccome siamo rimasti un po’ adolescenti dentro, non vogliamo diventare vecchie fotografie ingiallite e soprattutto siamo ancora vivi, si può guardare la bella esposizione degli attimi irripetibili fissati nelle fotografie in mostra provando a trovarci un senso e pensando a un film con giovani protagonisti che si intitola proprio così: Noi siamo infinito. Buona immaginazione e buona visione.