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Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative. 

E non c'è da cambiare idea. Dopo aver sostenuto la .....
. . . sul Foglio.
Secondo me hai letto l'intervista .....
L'intervista a Piazza Pulita è di 7 mesi fa, le parole .....
Vedi l'intervista di Matteo Renzi 7 mesi fa da Formigli .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Arabia Saudita
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dalla pagina di Elena Giordano
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storie Vere :Matteo Grimaldi
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Indaco il colore del cielo
non parimenti dipinto
Sparsi qua e là
come ciuffi di velo
strani bioccoli di bambagia
che un delicato pennello
intinto .....
tutta la zona:
piscina ex albergo
tutto in stato di abbandono

zona SAN GIULIANO TERME
vergogna
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di Massimo Baldacci

..disistima per..

2/5/2013 - 21:10

 

Ho sempre nutrito profonda disistima per Marco Travaglio, anche quando scriveva su l'Unità.

Ma con l'editoriale di ieri sul FATTO QUOTIDIANO ha raggiunto veramente il culmine.

Che il PD ha fatto di tutto per due mesi per costruire una maggioranza col M5S è sotto gli occhi di tutti. E moltissimi ci criticavano proprio perché continuavamo a insistere su una strada impossibile in un paese che di un governo aveva bisogno come dell'aria.

Quando mai Grillo sarebbe entrato nel merito delle condizioni? quando mai avrebbe proposto un diverso presidente del consiglio? quando mai avrebbe chiesto una partecipazione diretta al governo? quando mai avrebbe subordinato una disponibilità sul governo a un voto del PD per Rodotà ( che poteva comunque essere giusto a prescindere da ciò, ma che, date le condizioni, non credo avrebbe mai potuto avere successo)? Grillo non ha mai detto altro che "noi col PD mai" e "chi ha votato M5S perché voleva un'alleanza col PD ha sbagliato a votare".E quindi è sacrosanto dire che il risultato ottenuto dal M5S con i suoi 8 milioni di voti è stato quello di ridare il pallino in mano a Berlusconi.

Anche se questo non assolve il PD dagli errori che ha compiuto, dalla tragicomica conduzione della vicenda dell'elezione del Presidente della Repubblica, dai rischi mortali di una scelta, come quella del governo Letta, che era a questo punto l'unica possibile, ma da cui il PD rischia di non uscire vivo se non terrà ben diritta la barra sui temi dell'equità fiscale ( E QUINDI NO ALL'ABROGAZIONE INTEGRALE DELL'IMU; SI INVECE ALLA DETASSAZIONE DEL LAVORO) e della soluzione dei drammi sociali incombenti ( esodati ed esaurimento delle risorse per la cassa integrazione)


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5/5/2013 - 1:50

AUTORE:
Alessio Niccolai

Non si capisce bene cosa c'entri Ingroia e Rivoluzione Civile in questo contesto: si è trattato di un progetto vagamente abbozzato che - a differenza di un Monti a cui si è voluto regalare un disastroso e indecente anno di vetrina politica - ha avuto a malapena due mesi per accattivarsi simpatie e poter contare su una fiducia di potenziali militanti che alla fine non c'è stata (ne siano la prova le mancate affissioni elettorali a Vecchiano).
L'anima giustizialista dell'asse Ingroia-Di Pietro mal si sposa con le istanze di giustizia sociale del PRC e di Cambiare Si Può o con quelle ambientaliste dei movimenti.
La società civile che avrebbe dovuto entrare prepotentemente nella composizione della lista è per contro rimasta relegata ad un ruolo marginale e l'iniquità del sistema maggioritario ha fatto il resto, premiando SEL che non ha numeri diversi ma che si è distinta per aver accettato furbescamente il compromesso con il PD.
Quella identitaria sarà in fondo una velleità in un sistema elettorale concepito per l'alternanza PD-PDL, ma come si può notare anche i minestroni pagano giusto il tempo di festeggiare un risultato, prima dell'interminabile sequela di figure di m...a che ha contraddistinto l'ultimo bimestre del defunto Centro-Sinistra.
Naturalmente c'è tempo ancora... prima della prossima imminente disfatta ed il paventato rischio di altri danni - dopo lo schizzofrenico quasi ventennio berlusconiano e la devastante annata montiana - si può dire che ormai si sia fatto certezza.
Il calcolo del terzo incomodo ha dato valori sottostimati, i tentativi di scaricare responsabilità sui grillini per tutto ciò che di pessimo combinerà la pattuglia lettiana sono già praticamente iniziati alla stregua di una campagna elettorale permanente e maldestra, ma le bugie hanno ahimè le gambe corte.
Intanto vediamo a Pisa se l'aborto Rivoluzione Civile - mutatosi in un progetto politico più radicalmente di Sinistra e assai più credibile - non aiuterà la travolgente onda grillina a scalzare una volta per tutte la iattura del Filippeschi.
Poi vediamo cosa scrive Zurlo...

4/5/2013 - 23:50

AUTORE:
Stefano Zurlo

Copio questa di Stefano Zurlo anche se c'incastra poetto ma è per dire:
Nessuno ha impedito a Ingroia di diventare Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana come si era proposto ed anche la raccolta di voti con percentuale a due cifre per far votà 'oglioni al PD (ma perchè solo al PD?) non si è avverata.
Un uomo virgola settantanove su cento voleva fino a due mesi fa, fare la rivoluzione civile ed ora anche quell'uno virgola settantanove si è disperso ed anche se "uno" virgola settantanove di loro è rimasto via-via a brontolare il mondo se ne farà una ragione; con la differenza che il Travaglio ci fà varini!
bb
.....................................
Il Guatemala no, Aosta nemmeno ma neppure la rivoluzione, sia pure “civile”. Il post elezioni dopo essersi portato via Fini e aver ridimensionato le ambizioni di Casini, cancella anche Rivoluzione Civile, il cartello elettorale (a questo punto la definizione calza a pennello) che aveva nel simbolo proprio in nome dell’ex pm palermitano Antonio Ingroia e, sotto, una stilizzaione in rosso del Quarto Stato di Pellizza da Volpedo.

Sono stati Antonio Ingroia , Angelo Bonelli (Verdi), Luigi De Magistris (Movimento Arancione), Oliviero Diliberto (Pdci), Antonio Di Pietro (Idv), Paolo Ferrero (Prc) e Leoluca Orlando (Rete2018) a mettere la firma al manifesto che segna la fine dell’avventura di quella parte di sinistra radical-giustizialista che era stata sonoramente bocciata dagli elettori.

Certificato di morte inevitabile, scrivono i firmatari, perché “il risultato insoddisfacente delle elezioni politiche del febbraio scorso ha indotto ognuna delle componenti a una riflessione profonda della nuova fase politica al proprio interno”.

Obiettivo fallito di un progetto politico “naturalmente” e ineludibilmente antiberlusconiano, che aveva creato non poche polemiche nel centrosinistra. Con Bersani e Vendola da una parte schierati contro il no ad alleanze con Ingroia e i suoi compagni di cordata e relative accuse di portare via consensi al Pd. E con gli occhieggianti all’area elettorale di Beppe Grillo tanto velleitari quanto inconcludenti. Fine del storia per chi ha avuto più comparsate in tv che voti, a dimostrazione che il vento – sul quel fronte – è cambiato. Rottamazione inevitabile dopo l’impietoso verdetto delle urne: alla Camera il 2,25%, al Senato l’1,79%.

Ora ognuno va per la sua strada. Ingroia lancia Azione Civile, ovvero come spiega un “movimento civico puro, senza partiti” e intanto aspetta che Tar e Csm decidano sul suo trasferimento come giudice ad Aosta che continua a rifiutare come se la sua discesa in politica non pesasse affatto. “Se tornerò in magistratura, dovrò fare un passo indietro rispetto alla politica – dice -. Ma se il Csm continuerà a pensare ad Aosta, allora dovrò trarne le conseguenze. La mia storia di magistrato può avere senso solo in situazioni in linea con la mia esperienza. E ad Aosta non c’é una procura antimafia”.

Il rifondarolo Ferrero è invece deciso a lavorare per “costruire un polo della sinistra autonomo e alternativo al fallimentare centro sinistra”. Di Pietro è alle prese con quel che resta (poco) dell’dv, degli altri non è il caso di parlare, aspettano ancora il Godot della sinistra o l’ascensione del cielo dei Cinque Stelle. Hanno già parlato gli elettori.
Ricordo solo, a futura memoria, quel disse Antonio Ingroia all’annuncio della sua discesa in campo, presenti gli altri soci: “Noi conquisteremo Palazzo Chigi e avremo milioni di consensi, perché vogliamo fare una rivoluzione pacifica dei cittadini, una rivoluzione civile”. E cosa disse dopo il voto: “Rivoluzione civile continua e io proseguo il mio impegno in questo movimento”… La sinistra-sinistra chiude il temporary store a uso elettorale e si (ri)divide ancora una volta con la fine del mini-rassemblement e rottama la rivoluzione dei senza voto.

Stefano Zurlo

4/5/2013 - 21:36

AUTORE:
Alessio Niccolai

Le favole cominciano con l'incapacità congenita del PD di essere «forza di opposizione»: lo si può leggere in tanti momenti della storia recente, non ultimo in quel cosidetto «atto di responsabilità» che è stato l'inqualificabile sosteno al Governo Monti (di cui l'attuale esecutivo è legittima continuazione nel metodo, nel merito, nei numeri, nell'impopolarità, nelle intenzioni e nel risicatissimo consenso sociale).
Le analisi di Travaglio sono estremamente lucide e raccontano modelli tremendamente plausibili o ipotesi verosimilmente realistiche, se non precisamente corrispondenti alla realtà dei fatti: ne è cartina tornasole la mancata elezione a furor di popolo di Stefano Rodotà.
Ma d'altra parte non c'è da sorprendersi di nulla: stiamo parlando di un partito che ha temuto così drammaticamente l'esistenza di qualsiasi cosa alla sua Sinistra da non rendersi conto di quante e quali sterminate praterie ha lasciato aperte alla sua Destra.
Gli approcci al M5S non mi risulta che siano stati alcunché di diverso dal canonico tentativo di compra-vendita politica cui la storia istituzionale degli ultimi 30 anni ci ha abituato e non penso che chiunque raccolga consenso elettorale intorno a parole d'ordine come «No agli F35» o «No alla TAV» abbia voglia di giocare al «compro-baratto-e-vendo» parlamentare per dare a Bersani un tanto agognato Governo.
La base PD inoltre ha fatto sapere abbastanza chiaramente al suo gruppo dirigente di voler dar credito alle intenzioni più nobili dell'ondata grillina ma, a quanto pare, la soluzione «in famiglia» ha prevalso anche sul buon senso.
Se poi si vuol pretendere che chi ha indossato sartorialmente i panni del cambiamento debba piegarsi alle agende altrui e alle altrui regole d'ingaggio allora temo che sussista un serio problema di «campo di distorsione della realtà».
Ognuno si prenda la responsabilità delle scelte fatte: ne' Grillo, ne' Travaglio, ne' il M5S ne' le altre forze extra-parlamentari, ne' infine quel 30% di astenuti può sentirsi complice della scelta deliberata di fare un Governo sulla falsariga del precedente (e ultra-minoritario) insieme a Berlusconi, con un Ministro alle Infrastrutture dei vertici CL (i somministratori di appalti per antonomasia nel Nord-Italia) che sicuramente non interpreterà la volontà ad esempio dei presidi territoriali valsusini.
Si smetta di scaricare e/o distribuire responsabilità agli altri!

4/5/2013 - 20:11

AUTORE:
Cristoforo Boni

Tra le favole di Marco Travaglio la più stupida è quella su Beppe Grillo, che generosamente ha tentato in questi due mesi di formare un governo Pd-Cinque stelle e che, poveretto, è stato travolto dalla ferrea determinazione all’«inciucio» di Bersani, Letta e Berlusconi.

Travaglio l’ha raccontata su il Fatto del primo maggio scorso. E, nel disperato tentativo di rendere credibile l’asino che vola, ha anche accompagnato la storiella con dolci rimproveri al suo leader di riferimento, che dimenticò - errore veniale, s’intende - di ordinare ai suoi capigruppo di pronunciare i nomi di Settis, Zagrebelsky e Rodotà (nomi che pure avevano «in tasca») nel secondo giro di consultazioni al Quirinale, quando avrebbero potuto mettere a verbale la disponibilità ad un governo di coalizione.

Travaglio sa bene quanto costano al Pd le sconfitte subite in queste settimane, comprese quelle inflitte dalle divisioni interne, e su questo tenta di lucrare da par suo. Ma avverte un’insidia nelle ricostruzioni di queste settimane tra le elezioni politiche e quelle presidenziali: affinché a pagare sia solo il Pd, è necessario occultare, anzi capovolgere, atti e intenzioni dei Cinque stelle.

La verità è che Grillo non ha mai avuto la minima intenzione di partecipare, né di collaborare, né di favorire un governo senza Berlusconi. Lo dimostrano tutti gli atti formali compiuti prima al Quirinale, poi alla Camera durante il tentativo di Bersani.
Grillo aveva diverse possibilità di indebolire Berlusconi e ridurne il potere contrattuale. Non l’ha fatto. E non certo per distrazione.

Se avesse adottato il «modello Sicilia» - un esecutivo di minoranza del centrosinistra, che cerca in Parlamento i numeri sui singoli provvedimenti - avrebbe consentito la nascita del governo Bersani, pur senza entrarvi. Se avesse posto come condizione un diverso presidente del Consiglio, avrebbe potuto dirlo in occasione dell’incontro al Quirinale, o farlo dire ai suoi nell’incontro in diretta streaming con Bersani: il segretario del Pd si era detto pronto al passo indietro.

3/5/2013 - 16:33

AUTORE:
Alessio Niccolai

Invece di auto-compiacersi per non aver voluto il Presidente Rodotà (dunque un Governo con il M5S), cercando di arrampicarsi sugli specchi di una giustificazione inesistente, farebbero bene i dirigenti PD a chiedersi quanti e quali interessi economico-politici il loro partito condividesse già prima delle ultime due catastrofi (Monti e Letta) con il PDL. E dato che ci siamo, anche «familiari»!

3/5/2013 - 12:11

AUTORE:
Davide

"Che il PD ha fatto di tutto per due mesi per costruire una maggioranza col M5S è sotto gli occhi di tutti" occhi che guardano una scatoletta che si chiama TELEVISIONE.

"Quando mai Grillo sarebbe entrato nel merito delle condizioni?" vogliamo entrare nel merito degli 8 punti di Bersani? uno di questi era per caso la legge sul conflitto di interessi gia proposta nel 2006 dal PD e anche dallo stesso Berlusconi, quella che prevede un blindtrust? Dove una schiera di collaboratori fanno finta di gestire le sue societa anche contro i suoi interessi? ma per favore! Vedano invece di votare l'incandidabilita di Berlusconi per la quale non hanno mai votato contravvenendo a norme, regolamenti e persino le indicazioni della corte costituzionale per stessa ammissione di D'alema.

"pallino in mano a Berlusconi.
Anche se questo non assolve il PD dagli errori che",sarebbe bene guardare soprattutto la trave nell'occhio del PD perche "Anche se" non e` proporzionato alla grandezza dei palesi atti di collaborazionismo ventennale di questo partito.

3/5/2013 - 8:22

AUTORE:
Davide De Luca

Nel suo editoriale di ieri sul Fatto Quotidiano Marco Travaglio ha ricostruito le trattative tra il Movimento 5 Stelle e il Partito Democratico negli ultimi due mesi. Secondo Travaglio, il M5S era pronto ad appoggiare un governo del PD in cambio dell’elezione di Stefano Rodotà alla presidenza della Repubblica.
Non solo: anche nelle settimane precedenti il M5S era disponibile a un governo di coalizione con il PD, purché guidato da una personalità super-partes e non da Bersani. È falso, scrive Travaglio, che il M5S volesse fin da subito un governo PD-PDL, per raccogliere i voti degli elettori PD delusi.
Questa ricostruzione, molto diffusa negli ambienti vicini al Movimento 5 Stelle, sul Fatto Quotidiano e a Servizio Pubblico è del tutto falsa - almeno andando a vedere le dichiarazioni pubbliche dei protagonisti. Il M5S si è ripetutamente opposto a ogni tipo di governo insieme al PD, con Bersani e senza.
L’unica apertura che ha compiuto, durante le votazioni per il presidente della Repubblica, è stata fumosa, poco chiara e, nel caso, facile da ritirare.
Chi sostiene la tesi di Travaglio pecca esattamente della colpa che nella sua rubrica di ieri ha attribuito agli avversari di Grillo: avere la memoria a breve termine di un pesce rosso. Dimostrarlo non è complicato: basta dare un’occhiata a quanto hanno riportato giornali e agenzie negli ultimi 60 giorni.
Tre giorni dopo le elezioni Grillo dichiarò immediatamente qual era l’obbiettivo del suo movimento: «Se proprio PD e PD meno L ci tengono alla governabilità, possono sempre votare, loro, la fiducia al primo Governo targato M5S». Il 2 marzo ha ripetuto: «Per quanto mi riguarda, lo ripeto per l’ultima volta, il M5S non darà la fiducia a nessun governo (tanto meno a un governo PD-PdL), ma voterà legge per legge in accordo con il suo programma» e ha aggiunto: «Il M5S [...] non farà alleanze».
L’11 marzo, secondo le agenzie, Roberta Lombardi aveva affermato durante una riunione del gruppo parlamentare: «Chi fa accordi col PD è fuori».
Il M5S non era ostile solo a un governo PD – con o senza Bersani: non voleva nemmeno un governi tecnico. Il 5 marzo Grillo ha dichiarato: «Il M5S non darà la fiducia a un governo tecnico». Il deputato Alfonso Bonafede, lo stesso giorno dichiarava: «Noi al governo ci andremmo, ma da soli. Grillo sicuramente accetterebbe l’incarico, se si potesse fare un governo tutto nostro». Il 10 marzo Grillo minacciò di ritirarsi dalla politica se fosse stata votata una fiducia a un governo: «Qualora ci fosse un voto di fiducia dei gruppi M5S a chi ha distrutto l’Italia mi ritirerei dalla politica». Vito Crimi il 16 marzo dichiarava: «Noi fiducie in bianco non ne diamo».
Il 20 marzo, prima delle consultazioni, Crimi e Lombardi hanno ripetuto ancora: «No ad un esecutivo Bersani; no ad un esecutivo composto da un personaggio di “alta caratura”; no ad un esecutivo istituzionale guidato, ad esempio, proprio da Grasso» e hanno aggiunto: «L’unico governo che voteremmo è un esecutivo a cinque stelle». Alle consultazioni con il presidente della Repubblica chiesero un governo a 5 Stelle e il 21 marzo Grillo ha ribadito: «Il M5S non accorderà alcuna fiducia a governi politici o pseudo tecnici con l’ausilio delle ormai familiari ‘foglie di fico’ come Grasso».
Ma non è solo Grasso a non andare bene: il problema è proprio votare qualcosa insieme al PD. Il 22 marzo Crimi ha fatto sapere che anche un uomo del 5 Stelle, con i voti del PD, non andava bene: «Bisogna capire chi porta Zagrebelsky, dove e come lo circonda. Il suo come quello di altri che vengono citati, è un nome assolutamente stimato e impeccabile, ma messo li’ e circondato da questa politica e da questo Pd, non so fino a che punto sarebbe un cambiamento. Vediamolo. Dopo ne parliamo».
E Grillo lo stesso giorno ribadiva: «No alla fiducia a qualsiasi governo. Sia politico che tecnico, se portato avanti da ”questi partiti”».
Il vice-presidente della Camera, Luigi di Maio del M5S, hai chiarito negli stessi giorni che nessun nome che arrivasse dal PD avrebbe mai potuto portare alla formazione di un governo, nemmeno “se fosse Gandhi”: «Non ci convincerebbe lo stesso. Perché qui non è un problema di nomi.
E, a dirla tutta, non è nemmeno un problema relativo alla persona-Bersani. Noi riteniamo non credibile una proposta politica che venga da un partito che negli ultimi anni non ha fatto ciò che aveva promesso. Anzi, ha fatto il contrario. Come tutti gli altri’».
Mai con il PD, in nessun modo: la deputata Carla Ruocco ha ricordato proprio in quei giorni che con il PD c’è una ”distanza siderale” che il M5S non ha ”nessuna intenzione di accorciare”. Dopo il giro di consultazioni di Bersani, Vito Crimi ha ricordato ancora: «Non ci sono le condizioni perché noi del M5S si possa dare fiducia ad un governo fatto da questi partiti: né politico né tecnico».
Cosa pensava Grillo dell’idea di scambiare una carica – come sarebbe stato il presidente della Repubblica – con l’appoggio a un governo lo faceva sapere già il 1 marzo: «In questi giorni è in atto il mercato delle vacche. Al M5S arrivano continue offerte di presidenze della Camera, di commissioni, persino di ministri. Il M5S, i suoi eletti, i suoi attivisti, i suoi elettori non sono in vendita».
Travaglio ha anche sostenuto che non facesse parte della strategia del M5S spingere il PD ad allearsi con il PDL. Sempre stando alle dichiarazioni pubbliche, non sembra vero nemmeno questo. Gianroberto Casaleggio, in un’intervista al Guardian il primo marzo, faceva sapere che l’accordo PD-PDL è ben visto dal movimento: «Se verrà messo insieme un governo, formato da altri partiti, il Movimento darà il proprio voto a tutto ciò che costituisce parte integrante del proprio programma».
Claudio Messora, il blogger che pochi giorni dopo sarebbe diventato uno dei due responsabili della comunicazione dei gruppi parlamentari del M5S, diceva alla Zanzara lo stesso giorno: «La strategia di Grillo è lasciarli scornare per poi presentarsi alle prossime elezioni e prendere la maggioranza assoluta. Il movimento vive perché è coerente e non può mettersi a trattare».
Dopo tutte queste dichiarazioni, il 19 aprile, arrivò quella che, secondo Travaglio, dovrebbe rappresentare l’apertura definitiva del Movimento 5 Stelle al PD. La dichiarazione venne riassunta nei titoli di giornali e telegiornali così: «Grillo ribadisce al Pd: “Votate Rodotà e si apriranno praterie per il governo”».
La dichiarazione venne attribuita da alcuni giornali ad un comizio di Grillo, ma nessun servizio di telegiornale mostra Grillo pronunciare questa frase (segnalatecelo nei commenti se lo avete trovato).
Nelle agenzie di quei giorni questa dichiarazione compare in maniera differente: il voto per Rodotà «aprirà praterie» viene riportato tra virgolette, mentre “per il governo” è un’aggiunta del giornalista. La dichiarazione è attribuita a Crimi e Lombardi durante l’assemblea dei parlamentari del M5S, quindi probabilmente si tratta di una frase riferita da una fonte anonima.
Questa era l’unica, concreta e più o meno pubblica apertura alla possibilità di un governo con il PD fatta dal M5S in oltre due mesi.
Quasi nessuna attenzione in quei giorni, e nemmeno oggi, è stata data a un’intervista di Riccardo Nuti, vice-capogruppo alla Camera del M5S. Nell’intervista Nuti sosteneva con molta chiarezza e senza mai essere smentito, che l’elezione di Rodotà non avrebbe automaticamente aperto la porta a un governo insieme al PD.
Riassumendo: nel corso di 60 giorni il Movimento 5 Stelle ha pubblicamente e ripetutamente detto di no a un governo Bersani, a un’alleanza con il PD senza Bersani, a un governo tecnico, a un governo di personalità super-partes e persino a un governo di personaggi come Zagrebelsky – se fosse stato proposto dal PD. L’unica alternativa che ha pubblicamente detto di accettare era quella di un governo del M5S.
A fronte di questa chiusura, durante la votazione per il presidente della Repubblica, è filtrata – non si sa bene da chi, non si sa bene da dove – una voce misteriosa che lasciava intravedere una timidissima apertura ad una qualche possibilità di governo con il PD. Forse Travaglio possiede informazioni che non abbiamo: il M5S potrebbe aver compiuto aperture più chiare a porte chiuse, ma tutti sanno che una promessa pubblica e solenne è più difficile da rimangiarsi di una confidenza a quattrocchi.

Questo impegno solenne, a differenza di quanto scrive Travaglio, non c’è mai stato.

2/5/2013 - 23:35

AUTORE:
Orso Bacucco

Quello che mi rincresce di più è che il lavoro "logorroico e certosino" che ha portato avanti Bersani per convincere Grillo a dare la fiducia ad un governo a due non sia stato capito fino in fondo e sarebbe stato l'unico in grado di staccare la spina a Paperon De' Paperoni.
Mi spiego meglio: Bersani sapeva che una parte del PD preferiva gettare l'ancora o il salvagente a destra ed è per questo che ha tentato fino in fondo, e infatti è successo proprio così!
Perciò Grillo ha, secondo me, una grave colpa, quella di essersi abbandonato al delirio di onnipotenza e aver rifiutato ogni tipo di accordo. Se adesso è rimasto con un palmo di naso non può scagliare le pietre che su se stesso perché questo è il caso di dire che la colpa non morì fanciulla.