Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Viviamo un’epoca nella quale alla debolezza ed inconsistenza a cui si è ridotta la politica, incapace di contrastare lo strapotere del mercato e di assumere la responsabilità di “indicare una via” per il futuro della società e per la qualità della vita dei cittadini, si contrappongono estemporanee ed irragionevoli proposte di riforma costituzionale (torsione presidenzialista dell’ordinamento) o di riordino istituzionale che nulla hanno a che vedere con i reali problemi da affrontare e cercare di risolvere.
Tra queste spicca per particolare controsenso la strategia delle fusioni obbligatorie dei “piccoli comuni” (quelli con meno di 5.000 abitanti), definita nelle norme straordinarie di contenimento della spesa pubblica dei governi degli ultimi due anni e recepita e rafforzata, per la Toscana, nella legge regionale 68 del 2011.
Nelle prossime settimane e mesi ci sarà l’opportunità di approfondire ogni singolo aspetto della questione dal momento che i cittadini di un primo nucleo dei comuni interessati saranno chiamati ad esprimere un orientamento “non vincolante” nei referendum consultivi. In questo momento vorrei soffermarmi unicamente sulla questione politica del ruolo e del potenziale per gli interessi nazionali che questi territori e le loro entità istituzionali possiedono ed esprimono.
I piccoli comuni non costano praticamente nulla, né per il loro funzionamento né per i loro amministratori ma rappresentano la storia, l'identità, la coesione, un vero volano di economia reale per i loro territori ed i cittadini, il presidio di uno Stato altrimenti assente o lontano, l'unico strumento per salvaguardare il territorio, la sua sicurezza e garantire diritti basilari alle popolazioni.
L'idea delle fusioni forzate, del superamento di questi comuni in ossequio al comandamento liberista del "meno stato" o del "più competitività e modernità" è un'assurdità e rappresenta l'avvio di nuovi processi di inurbamento, con conseguenze distruttive del tessuto sociale e degli equilibri ambientali.
Tornerebbero ad innescarsi, come conseguenze, i fenomeni di rarefazione e scomparsa dei servizi basilari, si riattiverebbero le dinamiche di spopolamento ed abbandono conosciute fino agli anni ’70 e tanto faticosamente invertite.
I piccoli comuni italiani invece sono una risorsa preziosa, sebbene troppo spesso ignorata, soprattutto dalla politica “che conta”. Fino a qualche decennio fa non avevano un ruolo, appartenevano a una provincia profonda che se voleva evadere dal suo isolamento - dorato o subìto - poteva solo guardare alla città. Oggi no. Internet ha reso ogni piccolo nucleo abitato un centro del mondo, diversificato secondo ogni prospettiva e integrato in una rete globale di affinità elettive. E vivere in piccoli centri è oggi un privilegio che spesso permette di fuggire ai problemi delle zone urbane sovraffollate e sovrainquinate.
Ma c’è di più.
Di fronte alla crisi ambientale che sta emergendo, i piccoli comuni sono più reattivi e pronti a cambiare registro, a diventare luoghi di sperimentazione e di emulazione di buone pratiche. In primo luogo c’è ancora spazio fisico, agricoltura e suolo non cementificato per intenderci, per mettere in pratica la filiera corta, la coltivazione delle biomasse, l’uso delle energie rinnovabili. Ma poi c’è il tessuto sociale giusto che permette il dialogo con i cittadini e l’attuazione in tempi brevi di nuovi stili di vita. Ci sono tutte le condizioni, e spesso già la realtà, per un turismo lento, sostenibile, di qualità.
I Comuni sotto i 5 mila abitanti nel nostro paese sono 5.698, il 72% del totale (8.100 circa) – per rendersi conto: in Francia i Comuni sono 36.000-. Ospitano oltre 10 milioni di persone. Producono il 93% dei prodotti a marchio certificato (Dop e Igp) e il 79% dei vini più pregiati. Contano quasi un milione di imprese e il 16% dei musei, monumenti e aree archeologiche di proprietà statale. Inoltre 5.687 piccoli Comuni hanno almeno una fonte di rinnovabili installata sul proprio territorio, 274 producono più energia pulita di quella necessaria ai consumi delle famiglie che li abitano. E in 895 piccoli Comuni la percentuale di raccolta differenziata supera il 60%, con picchi oltre l'80%.
Su questo aspetto alla Camera dei Deputati è appena stata presentata una proposta di legge (Realacci ed altri) per tutelarli, sostenerli e finanziarli. La proposta di legge affronta nella giusta ottica il tema dei piccoli comuni, bisognerebbe capire come recuperare coerenza rispetto all'obbligo di fusione dei comuni con meno di 5.000 abitanti sancito, ad esempio, dalla legge regionale della Toscana!
Proviamo a ragionare di questi temi prima di “buttar via il bambino…” o di far emergere solo le dispute di campanile?!
Giacomo Sanavio
Assessore provinciale allo sviluppo rurale ed alla programmazione territoriale