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Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative. 

E non c'è da cambiare idea. Dopo aver sostenuto la .....
. . . sul Foglio.
Secondo me hai letto l'intervista .....
L'intervista a Piazza Pulita è di 7 mesi fa, le parole .....
Vedi l'intervista di Matteo Renzi 7 mesi fa da Formigli .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Arabia Saudita
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dalla pagina di Elena Giordano
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storie Vere :Matteo Grimaldi
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Indaco il colore del cielo
non parimenti dipinto
Sparsi qua e là
come ciuffi di velo
strani bioccoli di bambagia
che un delicato pennello
intinto .....
tutta la zona:
piscina ex albergo
tutto in stato di abbandono

zona SAN GIULIANO TERME
vergogna
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di Alessio Niccolai

...sulla Luminaria pisana edizione 2013

19/6/2013 - 9:13

Mi sarei aspettato un’organizzazione improntata alla massima sobrietà per l’edizione 2013 della Luminaria, considerata la congiuntura socio-economica tremendamente sfavorevole; e invece no: il nuovo e vecchio Sindaco di Pisa ha pianificato un evento veramente «lumi di lumino ai lumi di ‘andela», complice forse il rinnovo del mandato che un po’ più della metà di un po’ meno della metà dei pisani gli ha voluto accordare.
Complici forse i sensi di colpa per le tante colate di cemento disseminate in un territorio già brutalizzato a più riprese, senza contare ancora quelle «da venì» già messe in preventivo, dal People Mover all’asfaltatura delle strade bianche del Parco, dalla costruzione di rotonde pressappoco anche dove non siano mai esisti incroci all’increscioso ed emblematico ripopolamento dell’area Navicello con la notoria «biodiversità Ikea».
Complice forse l’idea in ragione della quale «meglio un giorno da leoni che cento da pecore», per cui «fiat lux» una bella serata l’anno e siano oscuri gli altri 364 giorni, memore nondimeno del sommo principio cisalpino «date loro brioches».
Complici forse i proventi dalla «tassa di soggiorno» che, pochi o tanti che siano, «a caval donato non si guarda in bocca» e buona pace per gli operatori turistici alle prese con il pesante passivo di presenze rispetto agli altri anni.
Complice forse una serata - una delle primissime di quest’attesa estate - discretamente afosa, segnata da qualche impercettibile alito di vento a partire però dalla sola mezzanotte, dimentica di un interminabile inverno, corresponsabili nel bene e nel male i pesanti cambiamenti climatici di cui si è avuta fino a qualche giorno fa una «monsonica» diapositiva.
Complice forse la fresca e cocente delusione per l’avversa sorte riservata dal torrido pomeriggio pontino alla pattuglia di Pagliari, quindi la puntuale voglia di un riscatto (ma «de che, ahó?!?») che - fin dai tempi della vittoriosa e, ahimè, incontrovertibile impresa delle compagnie di ventura al soldo di Cosimo I De Medici - per i pisani non ha saputo significare nient’altro se non fiumi di alcol e altri trastulli.
Complice forse la voglia di mostrare ai turisti americani (e di ogni altra parte del mondo) convenuti che l’immaginario disneyano è alla portata anche di questa «Italietta» impenitente e senza ritegno (come se i visitatori di Pisa e della Toscana tutta venissero in Italia in cerca di una maldestra replica di ciò che le loro patrie dispensano quotidianamente!).
Complice una volta l’anno la voglia di «stupire con effetti speciali» l’improvvida commistione fra turisti disorientati, increduli e abbagliati, fra gli immancabili stuoli di famiglie convenuti da ogni parte del contado pisano (e anche lucchese, considerato l’interminabile serpentone di auto diretto nottetempo verso il Foro), fra gli habitué della movida pisana per niente distratta dalla calca infernale di gente, incentivata casomai a dare sfoggio di tutta la sua creatività etilica, e fra le legioni di imberbi studentelli universitari a caccia dell’avventura facile all’ombra di una sbronza.
Il mio viaggio in compagnia di due dei miei tre figli - quelli più grandi poiché il piccolo non ama particolarmente gli spettacoli pirotecnici - e di mia moglie attraverso questa improvvida edizione della Luminaria, la prima dell’era Filippeschi 2.0, inizia dalle «Piagge», la riva destra dell’antico «Guato Longo», per imboccare il Ponte della Vittoria e percorrere i lungarni di «Mezzogiorno» attraverso un Bastione Sangallo agghindato a festa, quasi a volerne neutralizzare l’imperiosa alterigia, emblema stesso del soggiacere della città ai voleri di Firenze medicea: appare chiaro fin dall’intersezione del Ponte della Fortezza con il Lungarno Galilei che Pisa è gremita di gente, benché poco prima della proverbiale ansa ancora un gruppo di bambini si possa permettere di raccogliersi in cerchio per giocare a pallavolo.
I lungarni del quartiere «Kinzica» pullulano di gente avvolta dall’oscurità rotta soltanto e tradizionalmente dai lumini disseminati intorno alle alle aperture dei palazzi e dai lampioni «a mezz’asta» posti sulle spallette; il clima che si respira non si avvicina neanche lontanamente a quello dell’antico «Souk» orientale e tra le pavide ombre dei fondaci marinari anziché aggirarsi affascinanti mercanti saraceni o ebrei sotto i loro turbanti, si alternano ad intervalli regolari di tempo e di spazio venditori di chincaglierie luminose di ogni genere - tutte regolarmente «Made in PRC» - e banchetti di mente e croccanti, le insegne fieramente inneggianti ai dolci della tradizione pistoiese; non uno «speziale», non un rappresentante vivente delle antiche arti e mestieri, se non 3 chioschi post-medievali nel giardino di Palazzo Franchetti e gli ormai immancabili costumi di varie epoche della «Fondazione Cerratelli» a fare sfoggio di sé dalle vetrine illuminate del Palazzo Lanfranchi: per poter «toccare» con mano l’aer della Repubblica Pisana è necessario tradurre verso l’Hérault, verso il Rodano o verso qualche altro importante centro sulle rotte dell’antica marineria nostrale ed immergersi in qualche caratteristico borgo di pescatori, ritrovare i capanni di falasco o vedere la commercializzazione delle spezie eletta ad attività lavorativa.
Lo spettacolo pirotecnico non è ancora iniziato, ma dal Ponte di Mezzo transennato, quasi fortificato e invalicabile - se mai non fossero state sufficienti le centinaia di persone poste staticamente a barriera tra le due parti della città - ed eletto quartier generale degli accoliti nostrali di Carlo Rambaldi, due (o forse più) potenti fasci di luce variamente colorata si muovono da un palazzo all’altro a partire dalla gru sulla quale sono state poste quasi a voler evocare l’inquietante occhio posto sulla sommità della «Torre di Mordor» ne «Il Signore degli Anelli» di J.R.R. Tolkien.
Una breve digressione verso Via San Martino per scoprire le iniziative in corso in Piazza La Pera e, ahimè, la constatazione di come le più interessanti testimonianze storiche, il patrimonio culturale più minuto (o, in definitiva le potenziali attrattive turistiche!) siano condannate a dover narrare episodi del passato che nessuno potrà mai ascoltare: una delle tante «Pietre Acheruntiche» rinvenute a Pisa e nei suoi dintorni, posta al crocevia fra l’antica appendice cittadina della Via Fiorentina ed il budello di Via La Pera dimenticata nel suo angolino e relegata ad essere confusa con una qualunque pietra miliare... poco male: con buona pace del compianto Emilio Tolaini, se i pisani «non sanno cosa farsene» di cotali tesori, un ignaro ed indifferente ambulante della consueta chincaglieria luminescente e di chiara discendenza indo-cinese, ha visto bene di eleggere il massiccio litico isteromorfo suo panchetto personale ed adottarlo come complemento di arredo della propria attività!
Dalle parti della vecchia «Tazza d’Oro», retro-bottega della splendida Piazza Santo Sepolcro, un - evidentemente avvinazzato - gruppo di reduci della trasferta di Latina intona cori anti-labronici, forse nella vana speranza che l’irredento spirito di qualche antico «Console del Mare» si manifesti per dare loro lo sprone e condurli vittoriosamente alla riconquista della suprema dignità perduta, magari in una campagna-lampo per espugnare ancora una volta Palermo e Cagliari, per restituire le Baleari e Costantinopoli alla «Res Publica», per vendicare l’onta subita alla Meloria per mano di Genova e per occupare fulmineamente «Palazzo Vecchio» a Firenze, e farli sedere sugli scranni del «Salone dei Cinquecento», banchettando alla salute di Cosimo I e di Matteo Renzi, non prima però di aver rimosso gli oltraggiosi affreschi del Vasari! E magari anche per salpare alla volta dell’Agro Pontino per impossessarsi di Latina e guadagnarsi di diritto un posto in «Lega Pro»!
Ma non finisce qui: l’intento iniziale di raggiungere Palazzo Blu - al secolo «Gualandi» - onde contemplare i motivi marinari delle decorazioni luminose facciali, reso - se non propriamente vano - decisamente arduo dalla marea di gente in transito sul Lungarno Galilei, induce me e la pattuglia dei miei familiari a proseguire nella deviazione di percorso: data come nei propositi una fugace occhiata a Piazza La Pera, intravisto il palco con la consolle pronta per il DJ di turno e realizzato che l’offerta culturale da quelle parti non sarebbe stata nient’altro che una delle tante (e peggiori) declinazioni della movida pisana, si riprende la «diritta via» fino alle «Logge di Banchi».
Lo spettacolo è indescrivibile: lungo la «Via San Gilio», oggi nota come Corso Italia, orfana al suo vertice più meridionale dell’omonima porta - abbattuta con l’Unità d’Italia insieme a diverse centinaia di metri delle mura del 1165 per far posto alla «Barriera» (dunque agli odierni Palazzi delle Poste, della Provincia, alla Statua di Vittorio Emanuele) quasi più brutta della piazza che le è stata «riqualificata» intorno con tanto di parcheggio sotterraneo a 18 carati ed alla vecchia Stazione degli Autobus - si sono riversate decine di banchetti con prodotti tipici del «territorio»; bella cosa, se almeno si fosse saputo «di quale territorio»... la cosa migliore è il solito venditore di mente e cicalini dalla Valdinievole, la - paradossalmente - più rassicurante il «porchettaro», dispensatore fast food sì di sa Dio quali amenità agri-zootecniche toscane, ma almeno noto ai più.
Agghiacciante poi è il dispiegamento di personale davanti al Comune di Pisa: hostess di terra poste immediatamente dietro ad una scatola di cartone recante l’indicazione “vota”, ti guardano con un sorriso che nell’oscurità sacrale della «notte delle stelle» consacrata a San Ranieri pare beffardo (o sconsolato) nella speranza che tu... che tu... che tu che cosa?!? Che tu esprima una preferenza per il palazzo più bello della Luminaria!
Una rapida occhiata d’insieme per capire - senza ancora averlo potuto vedere - che il pre-designato vincitore altri non potrà essere se non il Palazzo Blu, che di lì a poco, ressa permettendo, ci accingeremo ad andare a contemplare... ma naturalmente, «ai posteri l’ardua sentenza» su come veramente finirà!
Il Lungarno Gambacorti è pressoché impraticabile passando dal Palazzo del Comune  e, fra le altre cose, mentre ci barcameniamo tra le riserve di lumini lasciate sommariamente sulla pavimentazione dell’atrio comunale, esplodono i primi due o tre «botti» introduttivi, cosicché decidiamo di proseguire su Via Toselli, indi di raggiungere il nuovo polo espositivo-museale passando davanti alla Libreria Blu Book: l’idea si rivela efficace e Palazzo Blu non delude con le sue decorazioni.
Ma intanto la voce dello speaker si leva incomprensibile dalla «Torre di Mordor», raccontando sa Dio quali inenarrabili vicende: la fonica dà l’idea di un sontuoso «matrimonio con i fichi secchi», restituendoci temporaneamente l’idea che le cose siano state progettate in maniera più sobria di quanto si siano effettivamente rivelate; peccato davvero perché la pensata «filippeschiana» non sarebbe stata malaccio: creare movimento e ritmo teatrale alternando e/o sovrapponendo al carosello pirotecnico la narrazione di una storia, unitamente ad una struggente colonna sonora e alle figurazioni rese possibili dacché si sono moltiplicate le piattaforme di lancio sull’Arno, è senz’altro più emozionante di una sfilza ininterrotta di fuochi scagliati ad alta quota nei paraggi degli Arsenali Repubblicani come tradizionalmente avveniva per questa occasione. E, molto probabilmente, meno dispendioso.
Ma affinché ciò potesse avvenire in maniera corretta, anziché piazzare diffusori ad alta potenza in Ponte di Mezzo, sarebbe stato necessario ricorrere ad una filodiffusione più capillare per tutti i Lungarni (qualcosa di simile pressappoco alla fonica utilizzata in occasione del Gioco del Ponte per intendersi, ma con qualche velleità in fatto di qualità del suono in più) poiché le distanze da percorrere per le onde sonore vanno notoriamente ben oltre la loro canonica velocità di 334 m/s nell’area dei Lungarni; le parole dello speaker si confondono e sovrappongono senza permetterne la benché minima comprensione, ma lo spettacolo pirotecnico è magnetico, a tratti - quando in particolare si levano al cielo le note di una versione live corale di «Conquest of Paradise» di Vangelis e qualche frammento della Messa di Requiem Op. K626 di Mozart - quasi ipnotico.
La musica però viene sparata «a tutta gargana» nei diffusori centralizzati che, a mio modesto avviso, si sarebbero prestati più per un concerto di Vasco Rossi che per questa circostanza, cosicché la saturazione fa il suo capolino più volte, complici forse le fonti sonore che non mi sorprenderei pescate per l’occasione tra MP3 di infima qualità; avrei personalmente qualcosa da ridire anche sulla supervisione musicale dell’evento per la scelta forse un po’ sommaria delle tracce, dettata con ogni probabilità dalla sola ricerca spasmodica dell’«epica» che da una sensata capacità di commento sonoro ma, il non aver colto sostanzialmente neanche una parola della narrazione potrebbe indurmi in errore.
Intanto io e la mia famiglia - attraversato pressoché tutto il Lungarno Gambacorti, ci ritroviamo finalmente in prossimità della chiesa di Santa Maria della Spina: come da copione, la vista di questo insulso e maldestro succedaneo dell’originale - visto ahimè soltanto in una delle rare foto in circolazione - mi fa letteralmente saltare i nervi prima, precipitare in uno stato di catarsi onirica dopo, riportandomi alla Pisa di epoca pre-unitaria, il piccolo edificio gotico spostato di qualche metro verso l’Arno più scuro nel suo materiale litico di origine, le affascinanti accidentalità che rendono le sponde del fiume assai più simili a quelle prossime a Ponte Vecchio a Firenze di quanto non ci si possa immaginare.
I miei occhi guardano per l’ennesima volta nella direzione di Via Sant’Antonio in cerca di una traccia della «spina» medievale, l’antica chiusa posta a sbarramento di una delle due «barbacane» scavate nel quartiere di «Kinzica» al fine di impedire i reflussi dell’Arno e sorrido pensando alla diffusa convinzione che - complice l’habitat inspiegabilmente claustrale in cui è stata precipitata Santa Maria della Spina - l’edificio contenga una spina della corona posta sulla testa di Gesù crocifisso e sottratta alla Terra Santa sa Dio da quale campagna militare pisana!
Quando mi ridesto, ci troviamo finalmente al Ponte Solferino e, passando con estrema difficoltà fra una muraglia umana invalicabile, immobile e rapita dallo spettacolo pirotecnico, riusciamo a guadagnarci il quartiere di Ponte a «Tramontana» o - per chi non conosca i rudimenti della storia pisana - «Santa Maria»; facciamo - ahimè - appena in tempo a raggiungere il vertice più orientale di Palazzo Reale che le piattaforme sparano i loro «botti» di chiusura dello spettacolo e cominciano i guai!
Il deflusso verso Piazza Carrara è discretamente ordinato ma sul Lungarno Pacinotti si era assiepata una calca di persone indicibile: mio figlio più grande si improvvisa capo-cordata ingaggiando una gincana spettacolare, mia moglie tiene per mano mia figlia - spaventata e preoccupata - io che invece più volte faccio loro scudo per impedire che siano travolte; si cammina praticamente su un tappeto di bottiglie e lattine di birra che, nei pressi di Palazzo Alliata inizia a farsi sempre più compatto fino a Via della Sapienza, da cui si irradiano le note graffianti di non meno di una chitarra elettrica, un basso ed una batteria in performance in mezzo alla strada fra nugoli di avvinazzati & affini.
La musica non cambia fino a Piazza Garibaldi, dove peggiora in ragione del deflusso e dove mia figlia guadagna anche l’involontaria gomitata al volto di un turista americano; il Lungarno Mediceo non sembra presentarsi meglio, almeno fino alla Piazza della Berlina - ormai consolidato punto di raccolta della movida pisana - dove un altro gruppo rock-blues scaglia i propri anatemi musicali sempre uguali a sé stessi davanti ad una folla scatenata.
Poi d’improvviso la calma: ci possiamo incamminare senza ulteriori peripezie verso l’auto parcheggiata in Via San Michele degli Scalzi nei paraggi del «Lanteri», ancora lontanissima sì, ma non più psicologicamente irraggiungibile.
In definitiva, questa tradizionale kermesse su cui aleggia sempre più - nel bene e nel male - l’ombra del Sindaco Filippeschi mi è parsa nel suo complesso un proverbiale, inopportuno ed in buona parte insensato dispendio di risorse, dato il suo esito non proprio felice; sarà forse che i miei sono occhi «del mestiere» e la mia mania di perfezionismo esagerata, sarà che in definitiva nel corso di tutta la serata non mi è parso di scorgere alcun significativo segno di promozione storico-culturale della città verso l’esterno, di gratitudine ai suoi abitanti e - nel complesso - neanche di consolazione per i suoi tifosi, ma - fatta eccezione per qualche buono spunto - oserei dire che si poteva spendere meno, meglio e centrare qualche obiettivo in più.
La città si sarebbe potuta raccogliere intorno ai suoi tesori e alla sua storia, evitando - almeno per una sera - di incoraggiare la movida, sollecitando iniziative di maggiore spessore culturale, spingendo magari di più sulla rievocazione storica ma, d’altra parte, a Filippeschi l’onore e soprattutto l’onere di amministrare, evidentemente all’insegna dell’«apparenza» più che della sostanza, della voglia di stupire anziché di far riscoprire un territorio.
In definitiva nessuno lo può soffrire a Pisa, men che meno nel suo frammentatissimo schieramento politico, e pur tuttavia i suoi risultati elettorali sono schiaccianti, polemiche sulla reale consistenza del voto a parte dunque...

 
...dunque temo proprio che si dovrà aspettare la seconda stagione di Da Vinci’s Demons - e sempre che davvero la trama accordi al prode Leonardo di imbarcarsi su un bastimento mercantile per navigare sull’Arno dalla Firenze di Lorenzo Il Magnifico e del fratello Giuliano De Medici alla volta di una Pisa ormai immemore delle sue gloriose gesta (e muovere poi in cerca del «libro delle Lamine» caro al culto di Mitra) - per capire se Inglesi ed Americani, sotto la guida sapiente del regista David Samuel Goyer, abbiano avuto una percezione della storia della nostra amata città più avveduta, conforme e consapevole di quanto non sia accaduto al povero Filippeschi che, oltre agli impietosi tentativi di darle un improbabile volto metropolitano post-moderno, regno incontrastato di cementi e opere pubbliche futuristiche, appare evidente non avere un’organica cognizione di che cosa sia stata la straordinaria «Colonia Julia Obsequens» che si accinge, ahimè, ad amministrare per altri cinque lunghi ed interminabili anni.

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22/6/2013 - 22:05

AUTORE:
H.Bosch

Ma davvero la luminara può diventare una telenovela infinita ?
Ci sarà sempre a chi non piace e a chi piace..da tempo immemore ( boia che termine )...e tanto ormai è passata e l'anno prossimo la rifanno...speriamo ancora più bella...e chi non gradisce stia a casa....ci sarebbero cose più importanti a cui dedicarsi...buona notte!!!!

22/6/2013 - 14:00

AUTORE:
Alessio Niccolai

Lei Sig. Perplesso ha affermato testualmente: «Questa dichiarazione è quanto mai offensiva e denigratoria [...]» ed il sottoscritto nella sua frettolosa risposta ha confuso il verbo «denigrare» con il verbo «diffamare»; glielo concedo.
Ma non ho esplicitamente mai detto quale sia la «musica che giudico degna», visto che rischierei di brancolare nel campo dell'opinione e del gusto personale: poiché a ciascuno ne è stato fornito di serie uno differente da chiunque altro, sarebbe tremendamente difficile stabilire che (o se) ne esista uno più autorevole e/o credibile di un altro.
Naturalmente ho anch'io le mie preferenze e, a onor del vero, la quasi totalità delle tracce scelte per la Luminaria vi rientrano a pieno titolo: la mia critica - se avesse letto approfonditamente il mio articolo se ne renderebbe conto - riguardava l'opportunità delle scelte nello specifico contesto che, fra l'altro, seppur con un certo malcelato sarcasmo ho manifestato nella forma dubitativa: «[...] il non aver colto sostanzialmente neanche una parola della narrazione potrebbe indurmi in errore».
Quanto alla frase: «uno dei problemi del musicista moderno [...]», temo proprio che ancora non si sia fatto un'idea precisa di cosa intendessi insinuare e, soprattutto, a chi la volessi indirizzare: ricordandole che stiamo scrivendo sul Forum di una testata giornalistica regolarmente registrata presso il Tribunale di Arezzo e non su FB, esistono anche delle regoline da rispettare per non incorrere nella censura.
Ho in questo caso utilizzato una sottile forma di «discorso indiretto libero» - passando da una narrazione indirizzata ad ogni lettore ad una indirizzata direttamente a lei - per provocarla senza rivolgere la mia insinuazione alla sua persona: è chiaro che la frase suona più come una sventagliata di mitra che come un colpo da cecchino, ma me ne posso fare una ragione, visto che la mia polemica non riguarda i gusti musicali (o il genere che ad un musicista piace eseguire o comporre), ma un certo modo di «essere musicista» e di relazionarsi alla musica, dunque alla storia, alla letteratura e alla poetica contro cui ho ingaggiato una battaglia senza quartiere da non meno di vent'anni.
Dalla sua risposta evinco che per lei la musica anziché un'arte riconducibile ad un più vasto contesto di discipline umanistiche, è un mero strumento di entertainment (sempre che a chiare lettere non mi dica: «sono anch'io convinto che la musica debba produrre cultura»).
Quanto ai neologismi, si accettano ed utilizzano se non se ne può fare a meno: considerato il significato etimologico della parola «brano» - di cui troverà senz'altro traccia nell'ottimo Pianigiani - e l'enorme varietà di scelta di parole che hanno lo stesso significato, non vedo per quale motivo utilizzare la più equivoca e di derivazione massimamente eterogenea dal contesto in cui viene applicata.
Casomai è l'ennesimo modo per mascherare l'imperituro dualismo della composizione musicale: quello fra «opera» (fonte di diritto d'autore) che si manifesta solo ed unicamente attraverso la partitura e/o suoi succedanei, ed «interpretazione/registrazione» (molto spesso fonte di diritto fono-videografico).
Provi a ricostruire la storia della parola nell'uso musicale più comune: «brano» è l'abbreviazione di «brano d'opera» che, se riferito al significato di «opera» cui ho alluso sopra può voler dire indifferentemente «interpretazione dell'opera» o «estratto dell'opera», se riferito a quello in uso nel teatro lirico («opera» come «opera lirica» per antonomasia) non può significare altro se non «scelta di una parte dell'opera»).
L'espressione «traccia» è comunque più indicata perché denota una registrazione (quindi la fissazione di un'interpretazione) e non menoma l'«opera» (in tutte le sue accezioni possibili) delle sue restanti parti.
Se poi ha letto attentamente il mio articolo, si sarà reso conto di quante e quali (sempre poche, per la verità) questioni rispetto alla storia di Pisa ho posto, pungolando la sensibilità di chi la conosce e non, perché (e questa è una manifestazione di opinione politica) ritengo che la valorizzazione culturale della città equivalga ad amplificarne l'attrattiva turistica e ad allungarne la permanenza del turista.
Liuti, arpe e flauti - eventualmente - possono essere amplificati ne' più e ne' meno quanto un qualsiasi strumento non acustico, se del caso; le bevande e gli alimenti possono non essere le solite schifezze dall'industria (chimico)-alimentare multinazionale ma qualcosa che ha a che fare con il territorio e qualche velleità culturale in più (ad esempio il vino ippocratico o l'idromele, per citare due bevande alcoliche facilmente ottenibili) e possono essere dispensate tranquillamente nel Mater-Bi anziché nelle lattine o bottiglie. Ed è su questo che mi concentrerei anziché sulle questioni di linguistica musicale!
Per il resto - le assicuro - so leggere bene righe (da Sigmund Freud a Karl Marx, da Terry Brooks a Emilio Tolaini, da Gianburrasca a Il Nome della Rosa) e righi (il setticlavio) e, all'occorrenza, scriverle...

22/6/2013 - 10:34

AUTORE:
Perplesso

Se è lei a contraddirsi ogni due paragrafi e poi tenta di metterci pezze non posso farci niente, posso però farglielo notare. Io ho solo commentato due sue affermazioni, se poi queste sono contraddittorie la responsabilità è di chi le scrive, non di chi le commenta.
Preciso che non ho mai sollevato l'accusa di diffamazione per i musicisti moderni, ho solo detto che, dall'alto di non so quale pulpito, denigra chi fa musica diversa da quella che lei giudica degna:
Penso si commenti da solo.
Se ora vuol rigirare la frittata con un QUALCHE che non c'era, la cosa è un po' risibile.
Inoltre, secondo lei,con il sottofondo delle voci di centomila persone presenti a Pisa quella sera, quanto si poteva apprezzare un liuto? Un musicista dovrebbe sapere quale genere di spettacolo può andar bene in una determinata condizione.
Mi pare non abbia capito che parlando di repertorio datato mi riferivo alla sua critica sulla sequenza delle composizioni scelte, non all'età dei brani inseriti e infatti era in risposta alla sua richiesta di ampliare l'orizzonte musicale (cosa su cui ho già commentato)
Per le parole taglienti, visto che è stato lei ad alzare i tonie ad usare turpiloquio (non censurate per favore, non è una scurrilità è solo una parola difficile! :) ), penso che lo siano state molto più le mie.

Lo scrivo ma tanto è come battere testate contro un muro: sulle inesattezze relative a "brano" (parola che mi sogno anche la notte e con cui dovrò, ormai dolorosamente, imparare a convivere, visto che in ambiente musicale è fra le più utilizzate), se mi critica perché non contestualizzo non può tralasciare i neologismi semantici (ecco un'altra contraddizione)
Ad ogni modo, accetto il suo consiglio di lasciar perdere il vocabolario italiano e ne prendo uno etimologico del 1907, così siamo sicuri che almeno è di comprovata validità:

da: Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana di Ottorino Pianigiani
Impiegato per ogni genere di scritto, anche musicale.

22/6/2013 - 0:54

AUTORE:
Alessio Niccolai

Caro Sig. Perplesso, prima mi mette in bocca il fantomatico «repertorio datato» e poi mi accusa di aver diffamato i «musicisti moderni» (categoria di cui mi sento modestamente di appartenere).
Sembra un tantino contraddittorio, non trova? Per l'esatta comprensione di un testo, è necessario «contestualizzare» e, evidentemente, anche questa volta non lo ha fatto.
La frase cui fa riferimento (uno dei problemi del musicista moderno [...]) è volutamente ellittica dell'aggettivo «qualche» per farcire di sarcasmo la sferzata all'indirizzo del potenziale destinatario da «pescare nel mucchio».
Di fronte ad affermazioni come questa si possono avere due reazioni: compiacersi per un motivo o incavolarsi per quello opposto; il suo destinatario è evidentemente il secondo dei due, come lei mi dimostra ampiamente.
Questo per dire che si può essere estremamente taglienti con le parole anche senza scaldarsi troppo.
Rispetto alla parola «brano», continuo a ripeterle: lasci perdere il dizionario della lingua e consulti quello etimologico... se fra vent'anni alla parola «stupido» sarà esteso un significato specialistico e comunque positivo, dubito che accetterà di buon grado di farcisi chiamare. O no?!?

21/6/2013 - 22:45

AUTORE:
Perplesso

Da oggi in poi avrò la nausea ogni volta che sentirò la parola brano (di cui non ha letto il significato dopo il "2. brano (fig.)" presente in ogni vocabolario :))
Ci sono molti musicisti che disprezzando, come lei, la musica moderna e i musicisti di oggi (in riferimento al suo: "uno dei problemi del musicista moderno è proprio quello di essere divenuto un produttore di sollazzo e intrattenimento, anziché un portatore di cultura ed una delle più nobili declinazioni della letteratura ed il risultato è questa straordinaria superficialità")
Questa dichiarazione è quanto mai offensiva e denigratoria, carica di tanta ignoranza (nel senso latino del termine, lo specifico per la redazione che altrimenti mi censura).
Parlare con persone a cui piace sentire e leggere solo se stessi lo trovo poco producente, pertanto mi asterrò dal commentare, e dal leggere, qualsiasi suo futuro contributo a questo giornale.
Cosa assai ardua in effetti vista la sua onnipresenza.

21/6/2013 - 21:48

AUTORE:
Alessio Niccolai

Mio caro Perplesso - ennesimo trascurabile milite ignoto che dispensa lezioni sommarie senza realmente conoscere gli argomenti di cui va cianciando - dovrebbe sapere che buona parte del «peso» semantico di una parola dipende dalla sua etimologia, cosa che ancora una volta sembra sfuggirle.
«Brano» deriva dall'allocuzione latina «bràndeum», letteralmente «pezzo di stoffa» divenuto per antonomasia «abito lacero», «straccio» o - come appunto avevo sostenuto - «brandello».
L'uso corrente che è stato attribuito a questa parola dapprima in letteratura, dipoi - ahimè in musica - esprime un concetto dispregiativo per l'opera cui si riferisce; l'utilizzo più neutrale che ne è stato fatto è quello di «parte».
Ma come ben saprà in musica la «parte» è per antonomasia lo spartito per singolo strumento estratto da una partitura d'insieme, dunque «brano» in origine identificava una menomazione dell'opera.
Ma uno dei problemi del musicista moderno è proprio quello di essere divenuto un produttore di sollazzo e intrattenimento, anziché un portatore di cultura ed una delle più nobili declinazioni della letteratura ed il risultato è questa straordinaria superficialità.
E l'essere musicista non rende immuni dai problemi che affliggono ogni essere umano, ne dispensa chi tale si professa dall'utilizzo del raziocinio e della riflessione; casomai e in virtù di una sensibilità tendenzialmente più spiccata, proprio al musicista competerebbe un maggior spirito critico, un maggior desiderio di approfondimento.
A proposito: il Gioco del Ponte - evento suggestivo di cui peraltro il mio compianto zio è stato a suo tempo Capitano e mio padre Trombettiere di parte - non ha storicamente niente a che vedere con la gloria repubblicana di Pisa, trattandosi di un trastullo granducale...

21/6/2013 - 21:19

AUTORE:
Perplesso

Mi complimento con la redazione della voce del serchio che ha censurato alcune parole per (non) far apparire il mio commento offensivo e scorretto.
Le parole censurate erano:

T U R P I L O Q U I O (1' censura)
V A N E G G I A N T I (2' censura)
(3' censura) non ricordo il termine esatto, ma era un sinonimo di V A N E G G I A N T E

Perché non avete censurato il "Me ne sbatto..." del Niccolai? Strano.

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@ Oracolo lettore di...di dunniosa vai!

Hai ragione sarebbe meglio che rileggessi i commenti per togliere tutti gli errori di battitura, ma tanto il senso si capisce, l'importante è quello... :)

21/6/2013 - 20:54

AUTORE:
Oracolo lettore di...di dunniosa vai!

Ma, unlo sai che il sig. Alession Niccolaion uni sta sulla seggiolina a scrive 'ome si fa noartri!?
Lui liè bono scrive (anzi dettare) ad un "aggeggino" ner mentre allaccia e pumodori o guida la-tumobile e poi gni da l'invio senza nemmeno leggello (come dovrebbe fà 'rsig. Perpresso) per coregge li sbagli e poi 'nviallo alla VdS.
nb- (seondo me medesimo) anche il sig. Sergio dovrebbe rileggere e coregge e su scritti; perchè la "decurtiana memoria" non esiste (forsi trattasi del Principe Antonio De Decurtis) alias Totò?
bona.

21/6/2013 - 19:33

AUTORE:
carlino

Guà, ci manca un altro fanatico del fare come quello di Monza o giù di lì.
Il Niccolai sarà anche prolisso, ma la sua critica non è distruttiva per nulla.
Eppoi non amministra mica lui Pisa: cosa gli vuoi far fare?

21/6/2013 - 15:03

AUTORE:
Perplesso e fortemente disgustato

Da come sono cambiati i suoi toni e da come è incrementato il suo utilizzo di (.....) non posso che essere soddisfatto per aver avuto la conferma di aver fatto centro in tutte le mie critiche. Quanto dice che se ne "sbatte i coglioni" (complimenti per il lessico forbito Cav. Niccolai) del gergo tecnico le faccio notare che, sbagliando, è stato lei il primo a fare appunti in merito alla parola brano. In più tale termine non è del gergo tecnico, è italiano!!! vada a comprarsi un vocabolario e legga cosa c'è scritto alla parola brano, ne resterà ssopreso ahahha)
Ha criticato senza conoscere, ha fatto lezioni senza averne i mezzi, adesso si sta arrampicando sugli specchi.
Sono sempre più divertito dalla sua supponenza, ma francamente annoiato dal leggere i suoi (....)commenti.
Dei quesiti politici non mi occupo; sono un musicista e come tale mi sono sentito di correggere tutti i suoi (....) e scorrenti appunti dal punto di vista artistico-musicale.

Buon gioco del ponte!!!

p.s. eviterò accuratamente di leggere qualsiasi ulteriore suo punto di vista "illuminato" su un evento pisano visto che riesce a sminuirne il valore e a toglierne tutto il gusto.

Io voglio ancora potermi godere qualcosa senza pensare solo a criticare!

21/6/2013 - 13:24

AUTORE:
Alessio Niccolai

A giudicare dalla sua replica, Sig. Perplesso, gli scenari possibili sono due: o ha qualche problema di comprensione della lingua italiana, o distorce deliberatamente e a suo piacimento il senso delle parole.
Non mi ricordo di aver parlato di un «repertorio datato»: quando ad esempio mi sono riferito al suggestivo tema di «1492» di Vangelis (uno dei miei ascolti preferiti), mi è tornata alla mente una splendida lezione del compianto Mº Bernstein di semiotica musicale sul «titolo» di una composizione, unico strumento semantico per collegare un costrutto creativo - così difficilmente governabile da un punto di vista dei significati linguistico-letterari - come quello musicale.
Il soundtrack di Vangelis è notoriamente sincronizzato su una pellicola che pontifica le gesta e la potenza di Genova, motivo primario di tutte le sventure occorse alla Repubblica Pisana... oserei dire: altro che «titolo» a supporto semantico di questa splendida traccia!
Oppure ritiene che la musica non sia un linguaggio ma una disciplina avulsa da ogni contesto e libera dalla responsabilità di produrre significati?
Legga bene poi cosa ho scritto a proposito della fonica: non ho invocato che fossero installati sui lungarni dei diffusori «esoterici» ma qualcosina di leggermente meglio rispetto ai tromboni da Gioco del Ponte seppur della solita classe di potenza, lasciando intendere che al limite quegli stessi dispositivi avrebbero potuto assolvere alle funzioni richieste per la Luminaria se non altro meglio della «Torre di Mordor».
Per quanto riguarda la parola «brano», mi permetta di dirle che me ne sbatto i coglioni del gergo tecnico: come molte volte mi capita di ripetere anche qui sulla VdS, «Stat Rosa Pristina Nomine...», motto caro ai Nominalisti! In italiano «brano» vuol dire «brandello» e non è un caso che lo si sia iniziato ad utilizzare in certuni contesti della musica leggera, manifestando non di meno il chiaro intento di «rompere l'unità musicale», di fare cioè a «brandelli» la forma-sonata in senso più stretto, come per analogia le moderne liriche aritmiche e non rimate rispetto alle odi classiche.
Quanto alle mie composizioni che le sono ignote, direi proprio: «senti chi parla!»... non so manco il suo nome! Magari se si degna di identificarsi potrei anche decidere di farle avere gratuitamente alcune mie tracce... la mia mail è lì a sua disposizione!
Non vorrei però che rivelandosi possa rischiare di dover rispondere a ben altri quesiti rispetto a quelli tecnico-artistici su cui si è concentrato... ne ho posti una moltitudine politici e a quelli non mi sembra sia particolarmente interessato a rispondere!
Non sarà che - in questi giorni in cui una moltitudine di Pisani si sta interrogando sulla reale consistenza economica della Luminaria 2013, anche in CC - il Sig. Perplesso rivelando la propria identità non si riveli eccessivamente coinvolto - se non partecipe - della Giunta Filippeschi (poco incline alla critica!).

21/6/2013 - 9:02

AUTORE:
sergio

eccone un' altro.
Lo sport nazionale il disfattismo la critica qualunquista a qualunque costo.
Ho cercato di leggere il prolisso intervento , ma dopo poche righe preso da una noia mortale , non mi è restato altro che scrivere con gli stessi toni ,commenti negativi sul polpettone di critica che il sig Niccolai ha affidato alla rete.Non se ne può piu'di gente che critica critica, giudica giudica con toni dispregiativi a qualunque costo.
Si rimbocchi le maniche e se ha il coraggio di intraprendere una vita del fare lo faccia invece di stare sulla sua seggiolina da scrivania a criticare qualcuno che incurante di gente come lei se ne frega e fa , organizza e lavora.
Facile la vita in questo modo la sua critica certo non la fa apparire superiore ne giudice o castigatore di costumi . Se ce ne possono essere al mondo, bisogna che abbiano almeno i titoli per poterlo fare senza timore che gli possano rispondere con una pernacchiona di De curtiana memoria ...........Sig professor dottor cavalier grand ufficial Alession Niccolaion........ il resto al vostro buon cuore

20/6/2013 - 22:56

AUTORE:
Perplesso e stupito

Mi fa molto piacere di sapere che è un collega musicista, non ho mai avuto il pacere di sentire una sua composizione, ma visto che la sua cultura non è il tema del contendere non commento.
Mi spiace dover correggere un suo grave errore circa l'utilizzo del termine brano,che è comunemente ed opportunamente impiegato, in senso figurato, per indicare un frammento di scritto o di opera, anche musicale, inserita all'interno di un componimento originale; tale accezione è perfettamente in linea con la prassi del mixaggio musicale (che era proprio quello a cui facevo riferimento).
Una sua obiezione, sempre musicale, è quella di ritenere il repertorio un po' datato, ecco la informo che nella sequenza mixata erano presenti brani (come le ho già spiegato questo termine è corretto) di colonne sonore di film e videogiochi recenti che hanno fatto entusiasmare non poco i più giovani; forse il suo orizzonte musicale non includeva tali composizioni musicali di considerevole notorietà.
Per quanto riguarda l'impianto audio sono sconvolto che un addetto al mestiere sia così disinformato: un impianto di filodiffusione come quello del gioco del ponte è una cosa, altro è invece un sistema audio che permetta di ottenere delle sonorità come quelle richieste da uno spettacolo come quello di S. Ranieri. Non penso che sia questa la sede per entrare nei dettagli, ma visto che è un addetto ai lavori avrà modo di informarsi meglio e documentarsi.
Se vuole posso anche farle presente quali sarebbero i rischi di lasciare un impianto di qualità più elevata sparso per i lungarni per più giorni, penso che, come si dice, ce ne troverebbero due per il gioco del ponte.
In conclusione, Pisa si anima così solo per due giorni l'anno: per la LUMINARA e per il gioco del ponte; se brama tanto di godersi la Pisa Medievale la visiti nella seconda festa, fra sfilate in costumi storici accompagnate da tamburi e chiarine sicuramente troverà pane per i suoi denti.

19/6/2013 - 21:11

AUTORE:
Alessio Niccolai

La mia cultura musicale non è il tema del contendere: sono un musicista-compositore e la mia specialità è il commento sonoro teatrale (orhestra sinfonica e coro polifonico), cine-tv e pubblicitario, dunque e necessariamente anche ciò che in gergo si chiama "Music Supervision".
Intanto non usi l'espressione «brano» perché il suo significato letterale è «brandello» e non mi sembra un attributo felice per nessuna composizione musicale.
Non ho detto poi di non aver riconosciuto altre tracce: ho affermato che lo spettacolo si è fatto quasi ipnotico in concomitanza del passaggio di Mozart e Vangelis, cosa ben diversa... ma, in ogni caso, anche che nella maggioranza dei punti possibili di osservazione (ed ascolto), la musica e a maggior ragione la voce del Buscemi non si sentiva degnamente al punto che della narrazione una moltitudine di persone non ha compreso una sola parola.
Quanto alla mia possibile contraddizione a proposito dell'invocazione tanto di una buona acustica quanto di maggior sobrietà, faccia bene attenzione perché sta parlando appunto con uno del mestiere che sa esattamente cosa sta affermando, anziché con l'abulico dirigente pubblico di turno cui chiunque può vendere merda come oro colato: non è forse vero che tra qualche giorno una certa fonica (più o meno quella a cui ho alluso nel mio articolo) sarà piazzata una seconda volta su tutti i Lungarni in occasione del Gioco del Ponte?
Lei ritiene che montare due volte un impianto di diffusione di così vasta portata - seppur con caratteristiche così diverse - costi meno che farlo una sola volta? O davvero crede che i diffusori escano dai magazzini dei service audio e si piazzino da sole?!?
E pensa inoltre che piazzare un certo numero di «piccoli diffusori» di qualità sonora migliore rispetto alle trombe da Festa de l'Unità che campeggiano ogni anno sui lampioni dei Lungarni in occasione del Gioco incida in maniera così drammatica sulla spesa generale?
Ho affermato inoltre un'altra cosa che dovrebbe aver compreso esattamente, ma che invece mi sembra le sia sfuggita: ho detto sostanzialmente che la trovata tecnico-artistica (la scoperta dell'acqua calda!) di abbinare musica e narrazione allo spettacolo pirotecnico ingenerano ritmo teatrale e maggior movimento, cosicché si possono ottenere risultati più struggenti con minor utilizzo di fuochi d'artificio (o, quantomeno, con utilizzo di "ordigni" a gittata minore).
Non sono un esperto di pirotecnica per poter giudicare l'esatta portata economica delle soluzioni che negli anni si sono succedute in occasione della Luminaria, tuttavia una cosa è certa: molte postazioni costano assai di più di una sola, dunque l'unico risparmio possibile può essere ottenuto soltanto sul numero di ordigni lanciati e sulla loro minore potenza di fuoco.
La licenza SIAE per un evento del genere è sicuramente - per quanto impegnativa - alla portata di un Comune come Pisa ma, quella fonografica (se correttamente assolta) per le tracce riprodotte potrebbe far risultare più conveniente (e, aggiungo, opportuno) una performance live, con l'intento di valorizzare magari un coro cittadino o un ensemble di musicisti locali.
Anche la scelta delle tracce è stata poi oggetto di critica: adoro Vangelis, ma sarebbe anche ora di cambiare scaletta e allargare l'orizzonte degli ascolti; l'80% dell'ambientazione storica è ricostruito attraverso il commento sonoro e avere davanti agli occhi le immagini della partenza delle tre Caravelle dal Porto di Genova nel 1492 in una città che poco più di 200 anni prima è capitolata alla Meloria per mano della Repubblica della Lanterna, non è proprio il massimo dell'«orgoglio pisano»!
Mi concentrerei invece di più, caro Sig. Perplesso, sulle critiche all'accessibilità cittadina dell'evento: sono un cittadino libero - fino a prova contraria - e vorrei poter assistere ad un evento come la Luminaria un po' dove mi pare, senza dovermi rassegnare all'idea che non sia roba per anziani o bambini.
La movida poi non muore se per una sera si mette in scena una Pisa duecentesca con arpe, liuti e flauti in luogo del blues-rock: potrebbe essere un regalo a tantissimi devoti e disciplinati musicisti che in città, anziché starnazzare 4 accordi a tutta distorsione davanti ad una folla di briài, trascorre anno dopo anno il proprio tempo a sperare in tempi migliori per la cultura!

19/6/2013 - 19:04

AUTORE:
Perplesso

Per il prossimo anno consiglio che lei e la sua famiglia il 15 di giugno prendiate una direzione diversa; voi potrete passare una bella serata a voi gradita e noi non ci troveremo un articolo così illeggibile e pesante.
Non commento tutte le inesattezze da lei citate perché non mi interessa, ma sottolineo la sua incoerenza citando solo la richiesta di meno spese a fianco al consiglio di potenziare l'impianto acustico per tutta la città (forse lei non ha proprio idea di quello che sta dicendo...)
In ogni caso lo spettacolo è stato bello, la musica scelta azzeccata (riconoscendo solo un brano immagino che la sua cultura musicale debba essere approfondita), la luminara è stata magica, non sono stato aggredito da una folla di ubriachi rissosi e mi son goduto la mia città.

Complice forse il , dico:
Buona LUMINARA a tutti!
(in Pisano si dice così!)

19/6/2013 - 17:53

AUTORE:
Robert Langdon

... e speriamo non lo legga Dan Brown altrimenti mi va in depressione e non scrive più nulla

19/6/2013 - 15:14

AUTORE:
Cazz...

Possiamo concordare o dissentire...comunque sia l'esagerazione del tuo intervento è innegabile!

19/6/2013 - 11:58

AUTORE:
Azz

Boia! Anche meno, però... anche meno... :-)