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Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative. 

E non c'è da cambiare idea. Dopo aver sostenuto la .....
. . . sul Foglio.
Secondo me hai letto l'intervista .....
L'intervista a Piazza Pulita è di 7 mesi fa, le parole .....
Vedi l'intervista di Matteo Renzi 7 mesi fa da Formigli .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Arabia Saudita
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dalla pagina di Elena Giordano
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storie Vere :Matteo Grimaldi
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Indaco il colore del cielo
non parimenti dipinto
Sparsi qua e là
come ciuffi di velo
strani bioccoli di bambagia
che un delicato pennello
intinto .....
tutta la zona:
piscina ex albergo
tutto in stato di abbandono

zona SAN GIULIANO TERME
vergogna
UNA FERITA ANCORA APERTA
S.Anna di Stazzema

12/8/2013 - 15:17

Nell’agosto del 1944, la ferocia degli occupanti nazifascisti si scatena contro la popolazione di Sant’Anna di Stazzema, nel premeditato e deliberato tentativo di indebolire le formazioni partigiane. Quattro divisioni SS, accompagnate da collaborazionisti italiani, massacrano 560 civili inermi.

La strage di Sant’Anna di Stazzema desta ancora oggi un senso di sgomento e di profonda desolazione civile e morale, per la violenza e la brutalità che l’ha caratterizzata.

APPROFONDIMENTO ( da La storia siamo noi)

A Sant'Anna di Stazzema nell'agosto del '44, quattro divisioni delle SS, con l'aiuto di alcuni italiani, massacrarono 560 civili inermi.

 

12 agosto 1944: la strage nel racconto dei sopravvissuti

12 agosto 1944, l'alba è appena sorta, una compagnia di SS arriva a Sant'Anna di Stazzema, paesino di montagna sulle Alpi Apuane, in Toscana. E' il XVI battaglione delle SS-Freiwilligen-Panzergrenadier-Division "Reichsführer SS", con a capo il maggiore Walter Reder (1915'1991). Tre reparti salgono a Sant'Anna, mentre un quarto chiude ogni via di fuga a valle, sopra il paese di Valdicastello. Alle sette il paese è circondato.

Le SS giungono a Sant'Anna, insieme ad alcuni fascisti collaborazionisti come guide, gli uomini del paese si rifugiano nei boschi per non essere catturati, le donne, i vecchi e bambini, sicuri che nulla sarebbe capitato loro, in quanto civili inermi, restano nelle loro case. Ma si sbagliano.

 

Tre ore dopo, quel paesino non esisterà più. A Sant'Anna donne, vecchi, bambini verranno sterminati in quella che, ancora oggi, è una strage dimenticata. In poco più di tre ore vennero massacrati 560 innocenti. I nazisti li rastrellano, li chiudono nelle stalle, nelle cucine delle case, in chiesa li uccidono con colpi di mitra e bombe a mano. Infine tentano di cancellare tutto con il fuoco.

Dalle 7 alle 10 uccidono 560 la metà donna 130 bambini e adolescenti gli altri erano uomini.

 

Non fu rappresaglia, né vendetta: come emergerà tanti anni dopo dalle indagini della Procura Militare di La Spezia, si trattò di un vero e proprio atto terroristico, di una azione premeditata e curata in ogni minimo dettaglio. L'obiettivo era quello di distruggere il paese e sterminare la popolazione per rompere ogni collegamento fra le popolazioni civili e le formazioni partigiane presenti nella zona.

 

Parlano, raccontano i pochi sopravvissuti di Sant'Anna, perseguitati dai loro ricordi. La vita a Sant'Anna era allegra, era spensierata e c'erano tanti giovani' Abbiamo continuato a giocare sino alla sera prima' è venuto quel 12 agosto a rovinarci... Racconta Enio Mancini, abitante di Sant'Anna: Verso le 6, 6,30 nostri uomini, che erano fuori nella campagna a lavorare, avevano visto qualcosa di anomalo, qualcosa di particolare che avveniva, delle luci, dei razzi che avevano solcato il cielo, razzi rossi. Fu un tam tam, la gente cominciò a correre, andavano da un casolare all'altro e avvisavano gli uomini. Prima delle sette abbiamo iniziato a sentire sparare, queste scariche, queste scariche' e infatti erano arrivati. Erano saliti attraverso quattro percorsi, avevano circondato dai quattro punti cardinali di Sant'Anna e inizia la strage.

 

Enrico Pieri : E' passato il macellaio e ha detto dall'altra parte del monte ci sono i tedeschi che stanno arrivando. Mio nonno, mio padre, i miei zii si sono riuniti, tutti conoscevano bene quello che si andava incontro e hanno deciso di rimanere a casa perché sarebbe successo qualcosa di grave.

 

Cesira Pardini: Verso le sei di quella mattina è arrivato mio zio e un altro che abitavano all'Argentiera, loro hanno avvisato anche su nel paese che a Montornado c'erano questi tedeschi che venivano qua.

 

Enrico Pieri : Ci hanno fatto uscire fuori e ci hanno incamminato per venire sulla piazza della Chiesa, poi è venuto un contrordine, ci hanno fatto girare e ci hanno mandato tutti dentro la cucina della famiglia Pierotti. Una delle ragazze, la Grazia delle figlie del Pierotti, la Grazia, si è accorta di quello cui si andava incontro, in fondo alla cucina c'era un piccolo ripostiglio, un sottoscala dove si teneva giusto roba per la cucina e s?è buttata là dentro, le damigiane, i fiaschi e m'ha visto che stavo cercando di trovare un riparo e m'ha detto 'Enrico vieni qua' e io mi sono buttato là; poi, sono entrate 13, 14 persone nella cucina e hanno iniziato a sparare, con le pistole hanno ammazzato 10 persone, è stato 5 minuti nemmeno. E lì ti devo dire che piangevo, mia sorella che gridava, è stato il bersaglio definitivo. Hanno cercato di finire le persone ferite, poi sono andati fuori, hanno preso la paglia che era nell'aia e l'hanno buttata dentro la cucina e hanno iniziato a bruciare la casa. Accanto alla cucina di mia nonna c'era una pianta di fagioli fatti su a capanno, un nascondiglio, l'unico che si è trovato, ci siamo messi lì e lì siamo rimasti più di due ore, due ore e mezza, tutt'intorno si sentiva questo fracasso, le mitragliatrici da tutte le parti. Erano cose che per noi bambini non si era mai sentito un affare così.

 

Enio Mancini: Davanti a noi su un poggio piazzarono una mitragliatrice, la piazzarono, iniziarono a caricarla; all'inizio noi bambini non ci si rendeva conto. Ci fu una donnina, non so per quale motivo l'ha fatto, diceva non spaventate i bambini, non ci uccidono mica, ci fanno la fotografia'? io ricordo la mia mamma, le mamme in qualche modo invocavano, chiedevano perché, ma cosa v'abbiamo fatto, che colpa ne abbiamo della guerra, che colpa ne hanno i bambini, risparmiate almeno i bambini e loro niente, le ricacciavano là, nel mucchio. Ci hanno incolonnato, alcuni di loro si sono messi davanti, noi in fila indiana in questo sentierino nel bosco e gli altri dietro e quelli che erano dietro non è che andassero tanto per il sottile, ci sollecitavano anche con violenza, ma malgrado queste violenze noi non si riusciva materialmente a camminare. Allora se ne sono andati. Hanno lasciato con noi un ragazzo, un giovane soldato, dico ragazzo perché avrà avuto 17, 18 anni, cominciò a parlarci, ci parlava, non si capiva quel che ci diceva però si capivano i gesti che faceva; ci diceva in sostanza di stare zitti e tornare indietro. Noi ci siamo arrampicati per tornare su verso casa e appena abbiamo voltato le spalle a quei soldati abbiamo sentito una raffica' il ragazzo aveva il mitra rivolto verso le fronde dei castani e sparava in alto.

 

Continua Cesara Pardini: E' tutto un fuoco dissi alla mia mamma, brucia tutto, dalla chiesa alla canonica' ci presero e ci misero tutti a questo muro qui' c'era chi piangeva, chi pregava, c'era una donna che aveva il bambino che aveva la leucemia, ora si sa, allora non si sapeva e pregava con le braccia così, abbiate pietà di questa creatura che mi muore da un momento all'altro e questo si leva la rivoltella dal fodero e la punta alla testa alla donna e poi al bimbo. La mia mamma tira un urlo, poi punta la rivoltella contro la testa della mia mamma' Io ci avevo il cervello della mia mamma addosso' Erano tutti morti, gente che boccheggiava, sento un lamento, era la bambina sempre viva, ho preso la bimba con quel cervello della mia mamma tutta ferita, la gonnella tutta strappata, la camicetta' e chiamavo, cercavo aiuto e su un colle lassù era spuntato mio nonno, è venuto giù e gli ho detto 'nonno qui hanno ammazzato tutti' e lui 'mica tutte e due me le hanno ammazzate'

 

Enio Mancini: Questa piazzetta, qui davanti alla chiesa fu l'epicentro della strage di quel giorno. Quella mattina hanno sentito da questa chiesa suonare le campane, sono arrivati qui e sono entrati nella chiesetta e hanno trovato il prete e gente che pregava, poi hanno chiamato il prete e gli hanno detto: 'Ti diamo 15 minuti di tempo a te e alla tua gente, se entro questi 15 minuti non ci indicate dove sono nascosti i banditi', questo prete a raccomandarsi che non c'erano partigiani nella zona. Però i 15 minuti sono scaduti e allora l'ufficiale ha dato l'ordine di uccidere, fino a quel momento la gente si lamentava, piangeva, supplicava, a quel momento quando hanno capito che non c'era niente da fare, un silenzio assoluto. Si sono inginocchiati sul prato della chiesa e l'unica risorsa era raccomandarsi a Dio. Hanno atteso la morte in silenzio, nel silenzio più assoluto. Queste scariche di mitragliatori' poi silenzio. Dalla chiesa prelevarono le panche, quello che era legno, le addossarono sopra i cadaveri che avevano ammazzato li al centro della chiesa, poi col lanciafiamme diedero fuoco, fu un falò, l'odore acre di carne bruciata, di carne arrostita che è la sensazione che mi è rimasta nel tempo' 

 

Nella settimana successiva la XVI divisione delle SS continuerà a portare morte e orrore sugli Appennini, a Vinca, a Marzabotto, a Fivizzano, in tante e tante altre località una scia di sangue che farà migliaia di morti; ma il bilancio esatto di questa tragedia non si saprà mai'

Dei bambini di Sant'Anna rimane, a confortare chi è rimasto, solo una fotografia scattata pochi giorni prima della strage fuori dalla scuola, una fotografia che diventerà un simbolo. Per i sopravvissuti, intanto, stanno per iniziare i mesi più duri: si tratta di continuare a vivere senza i propri cari e sperare che prima o poi venga fatta giustizia. Nessuno può, nell'agosto del '44, immaginare che dovrà trascorrere tanto tempo, un tempo lunghissimo, prima che le indagini portino a risultati tangibili.

 

Ma torniamo a quella data fatidica, il 12 agosto del 1944: l'Ufficio Informazioni della XIV armata tedesca redige il bollettino con l'elenco delle operazioni condotte durante il giorno: 'Nell'azione in corso a Nord di 183/45 il paese 183/30 e quello a un chilometro più a nord ridotti in cenere; sette depositi di munizioni di cui uno nella Chiesa fatti esplodere; 270 banditi eliminati'.

 

Paese a nord di 183/30 in codice Sant'Anna di Stazzema; nella grigia burocrazia di guerra in poche e semplici parole la sintesi di 3 ore di orrore e morte. E' questo il primo e unico documento militare nazista in cui si descrive l'eccidio del 12 agosto 1944. Dovranno trascorrere circa tre settimane e il 3 settembre del 1944 gli Alleati arrivano a Lucca; di lì a due settimane liberano tutta la Versilia e anche la città di Pietrasanta; ma per gli abitanti di Sant'Anna di Stazzema, che dista pochi chilometri, ormai è troppo tardi' Il 28 settembre, quando un gruppo di americani giunge sulla piazza della chiesa nelle case bruciate tutt'intorno vi sono ancora i resti carbonizzati di centinaia di persone.

 

Racconta Pieri: Sono ritornato a Sant'Anna appena sono arrivati gli americani e non mi rendevo conto ancora di quello che era successo, così in poco tempo, bambino, non ti rendi conto che ti è sparita tutta la famiglia.  In quelle settimane una Commissione d'Inchiesta americana inizia a svolgere la prima indagine ufficiale sulla strage. Nell'ottobre del '44 la Commissione redige un rapporto dettagliato che si basa sulle testimonianze di alcuni sopravvissuti italiani e di disertori tedeschi. Il 18 ottobre il Corriere di Firenze pubblica in prima pagina un articolo dal titolo: L'eccidio di Sant'Anna in Lucchesia. All'interno, la descrizione dell'azione compiuta dai soldati SS con i primi raccapriccianti dettagli di quella mattina. A distanza di due mesi dal massacro dunque gli inquirenti americani hanno già raccolto elementi sufficienti per tracciare una prima ricostruzione della dinamica della strage e dei responsabili.

 

Passa un anno e nell'inverno 1945 la magistratura militare americana invia al governo italiano l'incartamento con tutti i dati raccolti; in quegli stessi mesi anche la magistratura italiana va avanti con le indagini raccogliendo le testimonianze dei pochi sopravvissuti. Gli elementi in possesso degli inquirenti a questo punto iniziano a essere consistenti. La procura generale militare decide di aprire due fascicoli con il n. 1976 e 2163 in cui vengono citati con precisione testimoni, responsabili e dettagli della strage. Si fa sempre più vicina l'ipotesi di un processo in tempi rapidi.

Febbraio 1947: presso la Corte Militare Britannica di Venezia si apre il processo contro il feldmaresciallo Kesselring, dal 1943 a capo dell'esercito tedesco in Italia. Kesselring deve rispondere dell'eccidio delle Ardeatine e degli altri massacri di rappresaglia. Ed è proprio qui a distanza di due anni e mezzo dall'eccidio di Sant'Anna che iniziano i primi ostacoli.

 

E' sorprendente, ma durante il processo non viene fatta alcuna menzione della strage del 12 agosto del 1944. La magistratura inglese sostiene di non essere a conoscenza delle indagini svolte dagli americani e rimanda il caso a successivi processi. Kesselring, intanto, viene condannato a morte. Il caso di Sant'Anna rimane così fuori dal processo ma non dalle pagine dei giornali come testimonia l'articolo del Corriere del Popolo pubblicato durante il dibattimento. Un articolo ancora più dettagliato in cui la dinamica dell'azione viene descritta nei minimi particolari e che, tra l'altro fornisce per la prima volta il bilancio complessivo delle vittime civili: 560 morti. Nonostante tutto, il successivo 26 giugno sembra aprirsi uno spiraglio per quanti reclamano giustizia. A Padova infatti i magistrati militari inglesi condannano a morte anche Max Simon, comandante della XVI divisione SS, responsabile di molti massacri di civili lungo gli Appennini. A Marzabotto, a Vinca e, per l'appunto, anche a Sant'Anna di Stazzema.

 

Durante il processo emerge anche il ruolo svolto nelle stragi da un altro ufficiale delle SS, Walter Reder, detto la iena di Marzabotto, condannato nel 1951, ma non per Sant'Anna'La causa' Insufficienza di prove.

 

Gli equilibri del dopoguerra

Nel frattempo però in Italia e nel mondo il vento comincia a cambiare e questi primi processi saranno anche gli ultimi di quegli anni. La condanna degli ex nazisti ora non è più una priorità: adesso sono addirittura le alte gerarchie militari atlantiche a muoversi in difesa di quello stesso nemico che qualche anno prima hanno combattuto in Europa. Un documento, meglio di qualunque altro, spiega questo nuovo corso. Una lettera inviata dal generale Alexander, capo delle Forze Alleate in Italia durante la Liberazione al Primo Ministro inglese Attlee, a distanza di pochi giorni dalla condanna di Kesselring l'otto marzo 1947: 'Sono dispiaciuto della sentenza che condanna a morte Kesselring e spero che verrà commutata. Personalmente, come suo avversario sul fronte di guerra non ho nulla da rimproverargli. Kesselring e i suoi soldati hanno combattuto duramente contro di noi, ma sempre in maniera leale'.

 

Il 23 ottobre 1952 Kesselring viene scarcerato dagli inglesi. Esplodono

le polemiche. Il giorno prima il giornale tedesco 'Frankfurter Rundschau? ha rivelato come l'85% dei funzionari del ministero degli Esteri di Bonn siano nazisti. Tra loro, il capo del personale del ministero e i rappresentanti diplomatici tedeschi in Sudafrica e Al Cairo. Nel 1954 anche Max Simon, l'unico ufficiale condannato a morte per la strage di Sant'Anna di Stazzema viene graziato e liberato dal governo di Londra.

 

Dal 12 agosto 1944, giorno della strage di Sant'Anna di Stazzema, sono passati 10 anni. Ma la Seconda guerra mondiale sembra davvero lontana. Adesso, sullo scacchiere internazionale c?è una nuova minaccia per gli equilibri mondiali: c?è l'Unione Sovietica e il comunismo, ed è la Guerra Fredda, una guerra che la Nato non può permettersi di perdere e per la quale è indispensabile il sostegno della Germania Ovest e del suo esercito. Ma quel sostegno è un sostegno che ha un prezzo e il prezzo è l'impunità per i criminali nazisti. E' così in tutta Europa e anche in Italia.

E dal 1954 in poi le Procure Militari e i governi italiani sembrano dimenticarsi delle stragi e dei processi.

 

L'armadio della vergogna

E così anche i fascicoli sulla strage di Sant'Anna scompaiono e scompaiono insieme a tutti gli altri, scompaiono nel nulla: è un silenzio che durerà cinquant'anni, fino al 1994. Priebke, ritrovato in Argentina, al giornalista americano Sam Donaldson che gli chiede se fosse nella Gestapo nel 1944, a Roma l'ex militare nazista risponde: 'Sì, a Roma, le Fosse Ardeatine. I comunisti fecero saltare per aria un gruppo dei nostri soldati tedeschi. Per ogni soldato tedesco, 10 italiani dovevano morire (da Mixer, 17 maggio 1994).

 

A Roma il Procuratore militare Antonino Intelisano inizia a occuparsi del caso e a procurare i documenti per l'estradizione di Priebke.

Intelisano: 'Ritenni che fosse opportuno andare ad acquisire delle carte che sapevo esistere. Presso la Procura Generale Militare, a seguito di questa mia richiesta venne fuori tutta la documentazione che era custodita nel cosiddetto armadio della vergogna'.

E' il giugno del 1994: in un locale di Palazzo Cesi a Roma, la sede della Procura Generale Militare viene rinvenuto un armadio contenente centinaia di fascicoli sui crimini nazisti compiuti tra il 1944 e il 1945 in Italia e all'estero. Continua Intelisano: 'Vennero fuori una serie di fascicoli che erano stati provvisoriamente archiviati con una determinazione del 1960 dell'allora Procuratore Militare'. Una mole impressionante di fascicoli giudiziari molti dei quali accompagnati dalla dicitura 'Provvisoria Archiviazione'. In realtà però l'archiviazione provvisoria nel codice militare non esiste' ma questo è solo il primo di tanti misteri. Il rinvenimento dell'armadio nel quale sono stati occultati per 50 anni documenti, prove, testimonianze, verbali, diventa subito un caso nazionale e Franco Giustolisi giornalista del settimanale L'Espresso inizia ad occuparsene.

 

Racconta Franco Giustolisi: 'In quest'armadio che stava nascosto in uno sgabuzzino chiuso da un'inferriata chiusa da un lucchetto, quest'armadio aveva le ante rivolte verso il muro, per questo mi è venuta l'idea di chiamarlo l'armadio della vergogna, si vergognava, in quest'armadio c'erano 695 fascicoli per un totale di voci di crimini, parlo di voci di crimini di 2.274 in 415 dei quali c'era già il nome, cognome, grado e dati degli assassini.

E ai numeri 1976 e 2163 del registro corrispondono proprio i fascicoli giudiziari relativi alla strage di Sant'Anna. Un silenzio che per la strage di Sant'Anna, come per tutte le altre stragi naziste, è durato più di 50 anni. Ma allora perché sono stati nascosti quei documenti, qual è il vero motivo che ha impedito di fare giustizia'

Giustolisi: 'Non si fa giustizia, non si può fare giustizia per il semplice motivo che la Germania, il nemico di un tempo, era diventato alleato e l'amico di un tempo, cioè l'Unione Sovietica, era diventato il nemico'.

 

Riprende Intelisano:'Sembrava inopportuno andare con la memoria a fatti di tale gravità soprattutto in un periodo in cui, nella logica dei blocchi, si stava costituendo la Nato'.

Dall'Archivio Centrale dello Stato emergono oggi diversi documenti che testimoniano della linea politica seguita dai vari governi, una politica del silenzio e della non perseguibilità dei criminali nazisti. Nel 1956, ad esempio, l'allora ministro degli Esteri Gaetano Martino scrive al ministro della Difesa Paolo Emilio Taviani: 'Sono convinto che coloro i quali presero parte a così barbare azioni non meritino personalmente alcuna clemenza. Non posso tuttavia nascondermi, come responsabile della nostra politica estera, la sfavorevole impressione che produrrebbe sull'opinione pubblica tedesca e internazionale una richiesta di estradizione da noi avanzata al governo di Bonn?.

 

Dieci giorni dopo arriva la risposta del ministro Taviani: 'Concordo pienamente con il ministro Martino'. Un carteggio che non lascia dubbi, gli equilibri politici della nuova Europa non devono essere messi a rischio. Dietro all'occultamento dei fascicoli dell'armadio della vergogna, tuttavia, ci sono anche altre ragioni che chiamano in causa gli stessi italiani che hanno combattuto fuori dei confini nazionali. Italiani, brava gente'

 

Intelisano: 'Italiani brava gente è uno slogan, la guerra è una brutta cosa, la guerra ha coinvolto anche gli italiani brava gente quando si è trattato di vicende nei Balcani, in Grecia'.

Giustolisi: 'I Sobbioli, i Bratti e tanti altri generali in Croazia, Slovenia, Grecia e URSS avevano fatto cose del tipo nazista'.

E Intelisano: 'Potevamo noi chiedere ai tedeschi conto di quello che avevano fatto i loro soldati quando avevamo i nostri scheletri negli armadi'?

Riprende Giustolisi: 'Ecco che fu fatto un pari e patta. Non chiediamo i nazisti e non vi diamo gli italiani che molte nazioni, per un elenco di oltre 800 persone, avevano chiesto'.

 

Sono questi, dunque, i possibili motivi politici che hanno portato a nascondere quei fascicoli nell'armadio della vergogna. Quanto alle responsabilità dei singoli, nessuno pagherà. Tutte le inchieste militari e parlamentari, lo vedremo, non approderanno a nessun risultato.

 

Ma torniamo a Sant'Anna: che fine hanno fatto quei faldoni ritrovati nell'armadio con i nomi dei responsabili del massacro del 12 agosto' Come tutti i faldoni delle altre stragi dimenticate, quelli di Sant'Anna vengono inviati alle varie Procure Militari di competenza ma ancora una volta tutto sembra bloccarsi. La magistratura militare infatti stenta a istruire processi e molte delle indagini vengono archiviate in tutta fretta. Buona parte degli ex nazisti coinvolti, si dice, sono nel frattempo morti o sono irreperibili.

 

La testimonianza

Ma questa volta, il silenzio dura poco. Nel 1999, infatti, la rete tedesca Artè manda in onda un'intervista esclusiva a un ex nazista presente alla strage di Sant'Anna.

L'intervistatrice: 'Nell'estate del 1944 la sua unità era vicina a Pisa e credo abbia combattuto contro gli inglesi. Qual era la situazione' Ha avuto molte perdite' 'Sì? risponde l'ex ufficiale SS Horst Eggert: 'Sì, eravamo a Cecina e perdite, sì molte perdite'? Nel 1944 Eggert è un giovane comandante appartenente alla XVI divisione corazzata Reichsführer, quella responsabile del massacro di Sant'Anna. Una divisione nata nel gennaio del 1944 e arrivata in Italia dall'Ungheria; è costituita per due terzi da giovani sotto i vent'anni ma anche da centinaia di ufficiali e sottoufficiali con una lunga esperienza come personale effettivo nei lager. Una divisione nota per la sua ferocia e che in Italia condurrà una sistematica politica di sterminio, saccheggio e terrore- 'Si ricorda di Sant'Anna'? 'Che significa ricordare' Sì, delle case, una chiesa. Certo non stavo lì per guardare le case. Eravamo andati lì per un'operazione militare, per occupare'. 'E che cosa si diceva, che cosa ci sarebbe stato lassù a Sant'Anna'? 'Partigiani' . 'E poi la mattina, il 12?? 'Abbiamo marciato fino a su'. 'Insomma, per così dire, secondo lei le persone che erano lì erano partigiani'? Beh, erano civili, gente normale, gente lì del Paese. C'erano donne, uomini, bambini ma non è che io mi accorgessi di tutto, cerchi di capirmi bene'. 'Senta, io capisco tutto quello che mi dice però in queste case, in queste case di pietra ci sarà entrato pure lei o no''No, no, io sono stato solo in una casa, era più una stalla, uno di questi casolari di pietra che si trovano in Italia, sui monti e lì c'erano i civili, si erano nascosti lì dentro e lì arrivò un tiratore con una mitragliatrice, aveva la sua mitragliatrice sulle spalle e ha sparato, ha sparato dentro il casolare. E lì sono rimasto molto male, ho pensato questa non è più un'operazione di guerra'. ? E con i bambini come la mettiamo, li ha visti, li ha visti lei i bambini'?'Questo non glielo posso dire, non li ho mica visti uno per uno, sa, stavano al margine del paese e non abbiamo assistito all'operazione, quella era un'operazione di fanteria e noi invece eravamo granatieri, dovevamo restare indietro, grazie a Dio eravamo granatieri'.

'Torniamo ai bambini' 'Io non ho visto bambini, per favore non tocchi ancora questo argomento, adesso basta per favore, la prego, per me non è stata un'avventura e io non voglio scrivere un libro o cose del genere. Per me sono stati avvenimenti che mi hanno sconvolto. Basta. Chiudiamo ora. Fine'.

 

Questa è quindi la testimonianza, davvero eccezionale di uno degli ufficiali nazisti presenti alla strage. Ma nonostante la eco che questa intervista ha avuto sulla stampa tedesca, in Italia i mezzi di informazione sembrano ancora poco interessati al caso di Sant'Anna di Stazzema e la stessa cosa si può dire della politica.

 

Carlo Azeglio Ciampi a Sant'Anna Almeno fino al 25 aprile del 2000.

Da poco eletto presidente della repubblica, Carlo Azeglio Ciampi decide infatti di trascorrere il suo primo anniversario della Liberazione da presidente proprio a Sant'Anna. Ed è proprio Ciampi ad affermare con forza che 'mantenere la memoria è il maggiore degli insegnamenti che noi dobbiamo dare ai nostri figli e ai nostri nipoti. Questo è fondamentale. Io questo l'ho sentito sempre fortissimo; per quello ho sempre voluto istituire una sorta di filo rosso che parte dal Risorgimento; quegli stessi valori ci portano alla Resistenza, quegli stessi valori sono scritti nella Costituzione'. E nella messa del 25 aprile del 2000 a Sant'Anna di Stazzema: ? E' bello essere qui a Sant'Anna, nella memoria dei nostri morti e alzare tutti insieme la nostra voce per gridare di fronte al tricolore: Viva l'Italia.?

E Ciampi ricorda: 'Fu veramente commovente questa cerimonia all'Ossario, dove sono state sepolte centinaia di persone, di cui oltre cento bambini, uccisi da quelli che lo stesso presidente della repubblica tedesco, quando insieme andammo su un altro luogo di una terribile strage, a Marzabotto, definì le iene, le iene naziste, che a Marzabotto come a Sant'Anna di Stazzema uccisero centinaia e centinaia di innocenti, nella maniera più crudele. Fu una cerimonia quindi molto sentita, in cui ci ritrovammo uniti e fu il modo per me migliore per iniziare le celebrazioni del 25 aprile come presidente della Repubblica'. Ma nonostante la visita di Ciampi ancora una volta la vicenda di Sant'Anna sembra non riuscire a trovare uno sbocco giudiziario. Per protesta, l'allora sindaco della cittadina Giampietro Lorenzoni si dichiara pronto a riconsegnare allo Stato la medaglia d'oro al valore civile che era stata conferita a Sant'Anna di Stazzema.

Il sindaco, a nome della cittadinanza, chiede una Commissione parlamentare di inchiesta per far luce sulle responsabilità che ci sono dietro il cosiddetto armadio della vergogna; la Commissione in effetti ci sarà ma fra spaccature politiche e polemiche feroci non riuscirà ad accertare nessuna responsabilità individuale.

 

Il fronte giudiziario

Sul fronte giudiziario, invece, qualcosa si muove. Dopo anni di attesa e di silenzio la Magistratura Militare ha deciso di occuparsi del caso. Aprile 2002: al Tribunale Militare di La Spezia giunge un giovane magistrato che inizia a occuparsi dei fascicoli riguardanti molte delle stragi commesse dai nazisti nell'estate del '44. Tra queste, anche quella di Sant'Anna di Stazzema. Marco De Paolis, magistrato: 'Il primo impatto è stato un impatto molto forte perché bisognava organizzare una mole di documenti vastissima perché non avevo praticamente quasi collaboratori, non c'era un ufficio investigativo di polizia giudiziaria all'altezza del compito che dovevamo svolgere'.

Dal 2002 al 2004 la Procura di La Spezia svolge un'intensa attività investigativa su migliaia di documenti provenienti dagli archivi tedeschi, inglesi e americani. E vengono rintracciate e interrogate decine di testimoni sopravvissuti ed ex soldati nazisti.

Racconta De Paolis: 'Forse quello che ricordo maggiormente è stato l'interrogatorio di Eggert a Stoccarda; Eggert era uno degli imputati di questo procedimento che poi non arrivò però alla sentenza perché lui morì nell'ottobre del 2003. E mi impressionò particolarmente l'alternanza nell'interrogatorio fra sprazzi di lucidità in cui sembrava ripiombare nel dramma di quelle ore a invece momenti nei quali sembrava quasi sorridere e affrontare la cosa con un distacco irriverente. Era come se qualche volta spegnesse la sua mente e la riaccendesse poi qualche momento dopo'.

 

I militari coinvolti nella strage sono centinaia ma la scelta del Pubblico Ministero è chiara quanto pragmatica: si processeranno solo gli ufficiali nazisti che hanno rivestito funzioni di comando.

De Paolis: 'Le posizioni degli imputati erano in parte diverse perché fra i 10 imputati ve ne era uno che era reo confesso, Goering; lui ammise di aver sparato su una ventina di donne che erano state catturate con la sua MG e quindi la difesa sostenne che lui aveva eseguito un ordine e che quindi era un ordine a cui non poteva sottrarsi; naturalmente poiché si trattava di un ordine manifestamente criminoso, quest'ordine era illegittimo e come tale non avrebbe dovuto essere eseguito e questo è il motivo per il quale è stato condannato. Le posizioni degli altri imputati invece erano davvero diverse. Sommer era sottotenente e comandante della VII compagnia; Ghior Grank invece era l'aiutante maggiore di battaglione e quindi aveva contribuito alla pianificazione dell'operazione nel suo complesso. Tutti gli altri erano comandanti di squadra e avevano ai loro ordini una quindicina di uomini con i quali separatamente avevano partecipato alle operazioni di massacro.

 

Tribunale militare di La Spezia, 10 novembre del 2004

Per la prima volta da quel 12 agosto 1944 i sopravvissuti possono guardare in faccia quei tedeschi che hanno seminato terrore e morte a Sant'Anna. Ma le indagini e il processo saranno utili per fare chiarezza anche sull'esatta dinamica della strage e sulle polemiche che la strage e le omissioni avevano provocato nel corso degli anni. Un interrogativo ricorre, tra gli altri: alla strage di Sant'Anna hanno partecipato anche degli italiani' E che ruolo hanno avuto i partigiani locali'

Durante il processo, i testimoni raccontano di aver visto il giorno della strage diversi italiani accanto alle truppe naziste. Raccontano che molti di loro avevano il volto coperto ma che la provenienza locale era comunque riconoscibile per via del dialetto.  Ben pochi di loro, tuttavia, verranno identificati. Il processo però si rivela importante per far chiarezza su un altro elemento al centro di molte polemiche nel corso degli anni: il tema della rappresaglia, ovvero l'ipotesi secondo cui il movente della strage sarebbe un attentato compiuto da partigiani locali contro soldati nazisti. Un legame diretto, quindi, fra la strage e le attività della Resistenza. Ma i partigiani affermano di non essere mai stati a Sant'Anna.

Continua De Paolis: 'Avvenne certamente un grande rastrellamento ma il rastrellamento era unito a una pianificata, deliberata e perfettamente organizzata azione di sterminio, cioè di eliminazione fisica di una parte degli abitanti di quel territorio che andavano puniti per l'aiuto che davano alle formazioni partigiane che operavano in quel settore'.

 

Tribunale militare di La Spezia, 22 giugno del 2005

'In nome del popolo italiano il Tribunale Militare di la Spezia dichiara Bruce Werner, Concina Alfred, Goering Ludwig, Gropler Karl, Sommer Gerald colpevoli del reato loro rispettivamente ascritto e ritenute sussistenti per tutte le circostanze aggravanti contestate, li condanna alla pena dell'ergastolo'.

 

Eppure, non è ancora finita. Nel 2007, infatti, alla vigilia della sentenza, la Cassazione sembra intenzionata a prosciogliere i condannati. Ma sarà un falso allarme; la Cassazione confermerà invece tutte le condanne: e sebbene tutti gli imputati, ormai ultraottantenni, non varcheranno mai le porte del carcere, resta il valore simbolico di una sentenza che il piccolo paese di Sant'Anna di Stazzema ha aspettato per troppo tempo.



    

 
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