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Il mare
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Un'arte fatta di arrivi di partenze
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Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
SAPERE
La Statua della Libertà

20/8/2013 - 8:30


Liberty enlightening the world”, questo il vero nome della Statua della Libertà, simbolo degli Stati Uniti d’America. Una traduzione, in realtà, della prima vera intitolazione, in lingua francese e partorita dai due ideatori e progettisti del noto monumento: “La liberté éclairant le monde” (ossia: “La libertà illumina il mondo”). Per tutti, ormai da oltre un secolo, è più semplicemente nota come “La Statua della Libertà”. Anche se gli americani non esitano, talvolta, a chiamarla con un simpatico soprannome: Lady Liberty.

E’ il giorno 19 giugno del 1885 quando la signora più famosa del mondo entra per la prima volta nel porto di New York. Per anni, sarà un simbolo di speranza per milioni di migranti che arrivando negli Stati Uniti d’America cercano fortuna; tra questi, com’è noto, nel primo trentennio del Novecento, anche milioni e milioni di italiani (circa una ventina).

Édouard René de Laboulaye e Frédéric Auguste Bartholdi: il primo ideatore, il secondo patriota e scultore francese. A loro si deve la realizzazione del monumento, di fatto immaginato, progettato e costruito tutto in terra francese. Una volta realizzata la Statua della Libertà, questa fu donata agli Stati Uniti in segno di amicizia tra i due popoli, in onore della dichiarazione d’Indipendenza americana di un secolo prima. Naturalmente, il trasporto transatlantico avvenne via mare (venne ripartita in centinaia e centinaia di blocchi) e, a causa della mancanza di fondi utili alla costruzione del basamento, si ricorse ad una sottoscrizione pubblica, grazie ad un’iniziativa editoriale firmata New York Times.

Fu la gente, i newyorchesi anzi, a fare in modo che “Lady Liberty” potesse avere il suo ormai storico piedistallo. In verità, oltre ai due creativi francesi, gran parte del merito va ad un altro genio dell’architettura d’oltralpe: Gustave Eiffel, l’autore della celebre torre parigina che porta il suo stesso nome. In realtà, quest’ultimo si occupò principalmente della struttura reticolare interna di sostegno, cosa non da poco, a ben guardare, soprattutto se si considerano le dimensioni della nota statua. La vecchia Lady infatti, è alta 93 metri, comprendendo anche i 47 del basamento.

È visibile, inoltre, sino ad una distanza di 40 chilometri. La costruzione vera e propria, va precisato, avvenne tra il 1880 e il 1886, mentre tornando alla stessa struttura reticolare interna, va detto che è fatta di acciaio ed è rivestita da 300 fogli di rame sagomati e rivettati insieme. Il basamento inoltre, è granitico e grigio-rosa, di provenienza sarda.

Com’è noto, essa rappresenta la libertà, o meglio la fiaccola della libertà (e in questo, va precisato, non è difficile rintracciare l’eredità illuminista di marca totalmente francese). Nell’altra mano, la donna protagonista della raffigurazione stringe un libro recante la data del «July IV MDCCLXXVI» (4 luglio 1776, giorno dell’Indipendenza americana). Sotto, ai suoi piedi, ci sono delle catene spezzate, atte a simboleggiare la liberazione da qualsiasi forma di tirannia, mentre in testa, le sette punte vogliono portare l’idea di libertà oltre ogni forma di territorialismo, universalizzandola al massimo: che vada, appunto, per i sette mari del mondo.

Da considerare anche un piccolo particolare riguardante la fiaccola che reca in mano la statua: questa, infatti, non è quella originale, in quanto fu sostituita nel 1916 perché danneggiata. Quella originale si può comunque visitare, in quanto a disposizione dei turisti all’interno del museo dedicato proprio alla Statua della Libertà, situato in Liberty Island. Attualmente, infine, un ascensore interno porta all’ultimo piano del basamento e poi a piedi si arriva alla fiaccola dalla quale è possibile ammirare tutta Manhattan.

La statua della Libertà è al centro della famosa baia di Manhattan, all’ingresso del fiume Hudson, sulla rocciosa Liberty Island (un tempo Bedloe’s Island). Anche questo isolotto vide la luce proprio in occasione della sistemazione del monumento, grazie al progetto dell’architetto Daniel McCasde, ideato nel 1885, con il fine proprio di rendere la baia della città più verde e lussureggiante in vista, appunto, dell’imminente arrivo della Statua della Libertà. È curioso che lo stesso isolotto, inoltre, presenti la forma di una stella.

La sua inaugurazione diede il via ad una delle usanze più sentite dalla cultura americana: quella particolare forma di parata con tanto di bandierine che caratterizza tutte le feste nazionali statunitensi. La prima, vera “ticker-tape parade”, questa l’espressione esatta, si formò naturalmente, proprio per accogliere “Lady Liberty” e non è un caso che a New York sia un’usanza più sentita che altrove, negli States. Ad ogni modo, nel 1924 la statua divenne monumento nazionale insieme all’isola sulla quale è posta.

Il piedistallo del monumento reca un bellissimo sonetto intitolato The New Colossus, scritto dalla poetessa statunitense Emma Lazarus. In realtà, più che celebrare l’America, il sonetto trae ispirazione proprio dai sobborghi di New York, frutto di una presa di coscienza ad opera della poetessa che però, così scrivendo, ha centrato ancor più l’obiettivo di rendere omaggio alla statua, in questo caso intesa come vero e proprio simbolo positivo per i migranti. Di seguito, la poesia:
Datemi i vostri stanchi, i vostri poveri, le vostre masse infreddolite desiderose di respirare liberi, i rifiuti miserabili delle vostre spiagge affollate. Mandatemi loro, i senzatetto, gli scossi dalle tempeste a me, e io solleverò la mia fiaccola accanto alla porta dorata.

Il fascino della Statua della Libertà sull’opera di numerosi artisti, soprattutto scrittori, è a dir poco sconfinato. Louis-Ferdinand Celine, tanto per citarne uno dei più importanti, nel suo “Viaggio al termine della notte”, mentre racconta dell’approdo ad Ellis Island – la meta obbligata delle quarantene degli immigrati – ne fa quasi una protagonista del romanzo, posta sullo sfondo della storia da lui narrata.

John Dos Passos, altro scrittore di nazionalità americana ma di chiare origini latine, nel suo “Manhattan transfert” ne parla spesso, ambientando lì alcune “scene” del romanzo. Senza contare poi le divagazioni straordinarie del “secondo tropico” raccontato dallo scrittore americano Henry Miller, nel suo importantissimo “Tropico del Capricorno”, nel quale la vicenda dell’io-narrante si svolge proprio a New York, con frequenti digressioni sul simbolo statunitense per antonomasia.
 
Sono divertenti alcune idee circa l’ispirazione avuta dal suo ideatore Frédéric Auguste Bartholdi, per quanto riguarda le forme generali di “Lady Liberty”. Secondo molti, ad ispirarlo è stata la statua della Libertà della Poesia, presente sul monumento funebre di Giovanni Battista Niccolini nella basilica di Santa Croce a Firenze. L’opera, è figlia del genio dello scultore marmoreo Pio Fedi, in onore appunto del poeta, ed è stata realizzata proprio tra il 1870 e il 1885. Molto probabilmente, va detto, il lavoro, sin dai suoi bozzetti iniziali, fu visto da Viollet Le Duc, architetto e scultore che più volte visitò Firenze in quel periodo e, soprattutto, maestro di Auguste Bartholdi. A dire di quest’ultimo però, nonostante le somiglianze evidenti tra le due sculture, il volto della Statua della Libertà trae spunto unicamente da quello della madre del progettista francese.

Oltre a Firenze, ci sarebbe anche Milano a reclamare la propria eredità artistica. La statua infatti, presenta anche somiglianze con l’opera “La Legge Nuova”, datata 1810 e collocata sulla balconata del Duomo milanese. A realizzarla, in marmo, fu l’artista Camillo Pacetti. Infine, va detto che il primo prototipo della statua fu costruito nel 1870, in scala ridotta ovviamente. E, ad oggi, si trova a Parigi, vicino al ponte Grenelle, sull’Île aux Cygnes, un’isola sulla Senna. Oltre a questo riferimento poi, non vanno dimenticati i vari cloni o tentativi che popolano alcune città del mondo, come quella sita in Las Vegas, proprio negli Stati Uniti, ed il clone presente invece a Tokio, in Giappone.

Curiosità tra le curiosità, c’è anche la rivendicazione di tipo massonica. Stando ad alcune teorie, quello che in tutto il mondo rappresenta la libertà tramite la sua fiaccola simbolica, in realtà è un chiaro riferimento massonico: il più vistoso esistente sulla terra. Quello che è stato “venduto” come un dono ufficiale della Francia all’America, altro non sarebbe, dunque, che un regalo del tutto ufficioso da parte dei massoni francesi ai loro colleghi di stanza oltreoceano. A quanto sembra, va ammesso, lo stesso scultore Bartholdì era un membro della massoneria e la stessa torcia, ovvero la “fiaccola della Luce”, è un chiaro simbolo massonico.

Con questo dono, pertanto, i massoni francesi intesero commemorare non solo i padri fondatori dell’indipendenza americana (molti dei quali massoni), ma anche lo stesso contributo fornito alla causa americana da parte dei “confratelli” francesi. Secondo alcune fonti infatti, Benjamin Franklin, uno dei padri dell’Indipendenza statunitense, soggiornò a lungo in Francia dove ottenne, proprio dalla massoneria francese, cospicui finanziamenti e approvvigionamenti di armi e cibo per l’esercito degli insorti.

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