Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Domenica 18 agosto 2013 è morto Aristide Moretti, nella sua casa di San Giuliano, per un infarto o per un ictus. Trascorse il pomeriggio col fratello Francesco al Circolo Arci fin verso le sette di sera. Appena qualche attimo prima di morire, Aristide si alzò dalla sedia per andare in bagno, fece un grosso sospiro, diventò pallido e all’improvviso si accasciò lentamente sul pavimento. Suo fratello cercò inutilmente di soccorrerlo in quei brevi istanti che la morte stava concedendo. I medici e gli infermieri dell’ambulanza furono veloci ad arrivare e cercarono di rianimarlo per una mezz’ora. Ma Aristide era sdraiato sul pavimento e là si era fermato per sempre.
Aveva cinquantasette anni. Fu un giovane ribelle, partecipò ai movimenti di contestazione degli anni Settanta e frequentò la sede di Lotta continua di Vecchiano. A quei tempi risale il suo soprannome Alioscia, forse glielo attribuì qualcuno dei suoi impetuosi compagni di Vecchiano dopo aver letto o visto alla televisione I fratelli Karamazov, sicuramente il "compagno Alioscia" aveva un carattere genuino e schietto. Molti, in tono confidenziale, lo chiamavano Ari e lui sorrideva.
Era diplomato in ragioneria e lavorò come impiegato di segreteria nel personale scolastico, ma poi si dedicò alla psicologia che studiò con passione fino alla laurea e ne ercitò anche la professione. Amava viaggiare ed era molto amato, ma restò paralizzato per un’endocardite contratta nel ’95, che lo bloccò su una sedia a rotelle per diciotto anni. Affrontò le difficoltà della sua condizione con grande dignità.
Fumava il sigaro, portava barba e i capelli lunghi, somigliava al ritratto di Carlo Marx. Gli piaceva il buon vino e il buon cibo, forse con qualche eccesso in occasioni delle mangiate con gli amici. Il suo viso fu sempre illuminato da un sorriso. Non sempre lo stesso, ma un sorriso sempre. Quando era felice e quando era triste, restò sempre sereno. Al suo funerale c’erano tante persone, tanti amici tristi che lo ricorderanno sempre con il sorriso sulle labbra ricordando le tante avventure e bischerate vissute insieme da giovani e le lunghe partite a carte giocate al Circolo. Di tutto questo qualcosa è rimasto, compreso i sorrisi di Ari.
Post scriptum
Nella fotografia di Pietro Stefano Barbuti, da sinistra: Marco Carioni, due ragazze conosciute a Bellaria, Riccardo Sbrana, Roberto Petragli e Aristide Moretti.
Ovidio Della Croce
(Grazie agli amici Stefano Barbuti, Giulio Bandini, Marco Carioni, Enrico Parrini, Leo Ghelarducci, Andrea Vento; al fratello di Aristide Francesco Moretti e al cugino Giorgio Sorvegli senza i quali non avrei potuto scrivere questo ricordo).