Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Avevo già pronti altri libri da proporvi, altre idee, riflessioni, quando ho deciso di portarmi al mare, alla mia deliziosa baia del Rogiolo, un vecchio e bellissimo libro recuperato da un antico sogno giovanile, il Book House. Ho il dubbio che molti di voi non conoscano l’autore di questo libro e neanche il libro stesso, se non gli “addetti dei lavori”, come per esempio il Professore Ovidio Della Croce. Comunque si tratta di “Conversazioni in Sicilia” di Elio Vittorini.
E’ stato scritto tra il 36 e 37 in pieno regime fascista, da uno scrittore “impegnato” politicamente e socialmente. Come si direbbe oggi. In realtà Elio Vittorini possedeva ed era posseduto da quel “tormento” interiore, quell’invasamento tolstojano che si chiama giustizia sociale. Tant’è che suo figlio si chiamava Giusto, perché spesso i nomi che diamo ai figli sono evocativi del nostro saper o voler vivere nel mondo. Per intenderci è quel nodo, quella rivolta, disperazione, rabbia che fece dire, da un altro punto di vista al frante di Montalcino “Signore, questa miseria (degli altri) non la posso più sopporta’ ”!
Adesso mi immagino che le “condivisioni” avranno un calo drastico. L’argomento, come d’altronde il libro, non è dei più “piacevoli” da affrontare. Sicuramente, oggi, è il più necessario. La struttura linguistica è abbastanza complicata visto che si tratta di un libro da “interpretare”.
Come ho già detto è stato scritto durante e contro il regime fascista, che “offende” il mondo, e doveva evitare la censura. Noi con il “senno di poi” capiamo benissimo le metafore che vi sono contenute. Il “mondo offeso” è quello che fa il fascismo all’Italia, l’arrotino che invita ad arrotare i coltelli, è la soluzione della rivolta armata come invece l’acqua viva dell’oste è la risposta dell’impegno al risveglio della coscienza civile.
Era ovviamente il “grido” di un oppositore che cerca la sua risposta.
Ma quello che invece mi ha colpito e forte e chiaro e impetuosamente è stata la sua adesione ideale alla miseria umana. L’uomo che ha fame è “più” uomo, il genere umano che soffre è “più” genere umano. Il malato che si trova in una situazione di debolezza, nella necessità di affidarsi diventa il simbolo della “colpa” di coloro che lo ignorano. I suoi occhi non implorano, esigono attenzione. E’ l’impegno simboleggiato dello straccio rosso che i pannieri (venditori siciliani di stoffe) espongono fuori dalle loro porte per indicare ciò che vendono. Che diventa turchino per la censura fascista. Per poco tempo. Per Vittorini c’era ancora, ahimè, la speranza del comunismo. Per molti di noi che lo hanno visto tradito offeso umiliato dalle molte dittature, ne resta però la parte buona. Che va al di là del potere e del senso di onnipotenza umana. Il volgere lo sguardo verso l’uomo che è “più umano”. Perché per noi il suo stato è più elevato del nostro. Urge assoluta attenzione. Come ha fatto Jacona in Presa Diretta di lunedì 2 settembre. L’intervista alla “nobildonna che riceve” (anche il comunista Bertinotti, certo) e che afferma, in sostanza, che il disoccupato che si uccide è “colpevole” perché non ha scelto la “speranza” (quale?) e che gli altri “andassero a lavorare”. Brecht diceva che nella vita bisogna scegliere da che parte della barricata stare. Oggi, di nuovo, è assolutamente necessario farlo. E che la “nobildonna che riceve” si senta quello che è: una merda.