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Evento davvero memorabile a san Giuliano Terme il 25 luglio a partire dalle ore 18, all'interno del Fuori Festival di Montepisano Art Festival 2024, manifestazione che coinvolge i Comuni del Lungomonte pisano, da Buti a Vecchiano."L'idea è nata a partire dalla pubblicazione da parte di MdS Editore di uno straordinario volume su Puccini - spiega Sandro Petri, presidente dell'Associazione La Voce del Serchio - scritto  da un importante interprete delle sue opere, Delfo Menicucci, tenore famoso in tutto il mondo, studioso di tecnica vocale e tante altre cose. 

Che c'entra l'elenco del telefono che hai fatto, con .....
Le mutande al mondo non le metti ne tu e neppure Di .....
Da due anni a questa parte si legge che Putin, ovvio, .....
È la cultura garantista di questo paese. Basta vedere .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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di Matteo Renzi, senatore e presidente di IV
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Da un'intervista a Maria Elena Boschi
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Di Mario Lavia
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di Roberto Sbragia - Consigliere provinciale di Pisa Forza Italia
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Copmune di Vecchiano - comunicato delle opposizioni
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Mauro Pallini-Scuola Etica Leonardo: la cultura della sostenibilità
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Incontrati per caso
di Valdo Mori
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APOCALISSE NOKIA di Antonio Campo
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Di Fabiano Corsini
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Una "Pastasciutta antifascista"
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Pontasserchio, 18 luglio
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Pisa, 19 luglio
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di Alessio Niccolai-Musicista-compositore, autore
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Il mare
con le sue fluttuazioni e il suo andirivieni
è una parvenza della vita
Un'arte fatta di arrivi di partenze
di ritorni di assenze
di presenze
Uno .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
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di Lucia Annunziata Direttore, L'Huffington Post

Dietro le lacrime di un presidente

28/9/2013 - 8:28


Se il presidente della Repubblica piange, il paese ha certo di che preoccuparsi. Giorgio Napolitano non è riuscito a trattenere le lacrime mentre ricordava l'economista Luigi Spaventa, ma è difficile non vedere in quel pianto anche un efficace, sia pur involontario, commento allo stato della nazione.

Per cosa ha pianto dunque il Presidente? Su un tempo, un luogo e una prassi della vita pubblica che non ci sono più, è la risposta. Napolitano ha puntato il dito sulla instabilità del parlamento: "Luigi Spaventa si impegnò in Parlamento dal 1976 al 1983 due legislature entrambe raccorciate, prassi molto italiana, da scioglimenti precoci delle Camere"; ha richiamato l'imbarbarimento del confronto pubblico: oggi gli scontripolitici, diversamente che in passato, producono, ha detto, "smarrimento di ogni nozione di confronto civile e di ogni costume di rispetto istituzionale e personale". Poi, le lacrime arrivate sulla domanda: "Cosa è rimasto di quel modo di vivere la politica?".

Domanda retorica, ovviamente, che ci introduce direttamente a quella che io credo sarà ricordata come la identità stessa della (doppia) presidenza Napolitano: la convinzione che il presente si muova sull'orlo del caos e che solo una riconnessione con le regole del passato, e la guida di un gruppo di uomini eccelsi (non a caso le lacrime sono state provocate dalla rievocazione di uno indicato come un esempio), possono salvarci da questo caos.

Naturalmente semplifico. Napolitano si muove sicuramente su un terreno più denso del banale sentimento della nostalgia ma la trasfigurazione del passato in un momento emblematico e definitorio, (che è appuntol'essenza della nostalgia) è certamente da tempo il motivo centrale di ogni suo intervento.

In particolare negli ultimi dodici mesi, il presidente ha richiamato su alcuni momenti chiave del nostro paese: le emergenze sociali nel dopoguerra, l'Italia divisa fra comunisti e democristiani, gli anni sessanta degli estremismi e gli anni di mani pulite e delle radicalizzazioni giudiziarie. Quel mondo, sostiene l'inquilino delQuirinale, era lacerato, diviso, traumatizzato, ma dentro di sé ha sempre trovato la forza di superare la tempesta. Grazie a due elementi: l'esistenza di regole comuni rispettate dalla politica, e l'esistenza diun gruppo di leader che queste regole applicavano. Il passato dell'Italia, insomma, visto come in una pagina di Thackeray (al netto dell'ironia dello scrittore), dentro un guerra in cui ci si batte fino all'ultimo sangue ma si suona la tromba sul corpo dell'avversario e le spoglie vengono sempre interrate secondo i costumi locali.

Il presente, al contrario, è avvertito da Giorgio Napolitano come una minaccia. Andando indietro nel tempo possiamo rintracciare il percorso di un suo progressivo pessimismo: prima nella incapacità dei popoli di Europa di riconoscersi nel grande orizzonte comune dell'Ue, poi nella incapacità dei nostri governanti di capire e applicare il bene delle regole economiche comuni, e poi quelle della politica, fino alla quasi apocalittica descrizione del prevalere del populismo, di destra, di sinistra, e di altre latitudini come tsunami finale della civiltà pubblica. Il presente, questo presente, non è, nella descrizione del presidente, solo drammatico, ma distruttivo. Dentro non vi è solo contrapposizione (ché a questa lui è abituato), ma la minaccia finale alla convivenza civile come la conosciamo.

Di qui i passi fatti da Napolitano in questi ultimi due anni - l'insediamento di un governo tecnico in sostituzione del governo Berlusconi, di fatto messo alla porta, per rimettere a posto i conti; l'accettazione della propria rielezione; la messa alla porta della fragile maggioranza del Pd, per insediare un altro fragile governo"quasi" tecnico, quello di Letta, su base di larghe intese. Fino alla battaglia attuale di portare avanti a tutti i costi un governo nel nome, come sempre, della salvezza dell'Italia. Un itinerario segnato da un sempre maggiore attivismo presidenziale, una presidenza avvertita , secondo sue parole pubbliche recenti, come "un compito solitario e autocratico", a mala pena temperato dalla compagnia di un gruppo di uomini eccelsi, amici, viaggiatori di percorsi comuni, innalzati in vari compiti e a vario titolo a co-timonieri di questa barca sul punto di affondare. Del resto, questa idea che sia un piccolo gruppo di "fearless leader" a fare la storia, una concezione elitaria sia pur nel suo migliore senso, è da sempre coltivata da Napolitano. Nei suoi anni del Pci, in quelli dentro le istituzioni, e, oggi, al Quirinale.

Ma il nostro presente è davvero l'anticamera del caos? Porta con sé davvero solo un messaggio di distruzione? Esiste davvero l'antipolitica, o è solo una idea della politica tradizionale per esorcizzare il nuovo? La pacificazione di un paese passa davvero per alchimie parlamentari? La stabilità viene assicurata dai decreti di un riottoso Consiglio dei ministri, o è il frutto sostanziale di un riadeguamento fra produzione erappresentatività sociale? Infine, la maggior domanda di tutte, in epoca di messa in discussione nel mondo intero del ruolo delle elite: a che titolo decide chi decide?

Siamo certi che anche queste domande, come tutte le altre che al Quirinale sono state poste, saranno sdegnosamente respinte come frutto di estremismo dissennato, o di ignoranza istituzionale, o, peggio, di ignoranza pura e semplice. Ma nell'universo da noi abitato, un universo che non vede il caos ma solo la fatica della realtà e qualche bagliore di futuro diverso, continuiamo a domandare. Ribattendo su un solo concetto: che la realtà è quella che è, e la sua esistenza data è la condizione della politica, non viceversa.

Fonte: L'Huffington Post
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2/10/2013 - 9:10

AUTORE:
Alessio Niccolai

Premesso che sono contrario all'istituto dei SAV, mi felicito innanzitutto da musicista che del titolo onorifico sia stato insignito il Mº Abbado, luce della disciplina; per il resto mi limiterei a dire: «Magari fossero di Sinistra quei quattro quando tutt'al più sono del (o vicini al) PD!
Ma del resto il PDL ha poco da lamentarsi: le personalità più illustri che può vantare o hanno comprato la laurea al CEPU, o hanno sculettato sulle reti Mediaset,
Ad un certo punto viene da chiedersi se nel PDL ci siano davvero personalità degne di nota o, comunque, di essere ricordate per qualche attività.

28/9/2013 - 21:12

AUTORE:
Pierino

Mi dispiace per te caro Obbbbiettivo se sei rimasto deluso ma la nomina a senatore a vita è un emerito riconoscimento che viene dato a persone di grande valore culturale e scientifico e non puoi sentirti depauperato visto che gli scienziati lavorano per l'umanità e non per una fazione politica.

28/9/2013 - 14:13

AUTORE:
Obbbbiettivo (con 4 b)

Peccato però che non più tardi di una ventina di giorni fa abbia proceduto a nominare 4 senatori a vita tutti quanti fortemente orientati a sinistra in spregio ad almeno un terzo dell'elettorato italiano.