Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Pur nelle difficoltà attuali delle famiglie italiane i nostri figli vivono in un relativo benessere. Se sacrifici sono necessari l’ultimo che ne subisce gli effetti è proprio il figlio che rappresenta il nostro futuro, che in cuor nostro speriamo diventi quello che magari noi non siamo potuti essere e faccia quella vita felice che a noi non è toccata. Per motivi economici, per indolenza o per sfortuna o solo perché non ne abbiamo avuto l’occasione.
I figli vivono circondati da molte cose, molto spesso inutili, fornite loro per rendergli la vita più felice, per non fargli soffrire le rinunce che hanno dovuto subire i loro genitori e talvolta come una specie di compenso per quelle ore che questi non hanno loro dedicato a causa dei mille problemi legati la lavoro o alle mille incombenze di una vita sempre più veloce e convulsa.
Vivono quindi circondati dalle automobili (sono ormai 32 milioni, pari a due veicoli ogni tre abitanti!), da motorini spesso truccati per andare più veloci, da televisori sempre più grandi e presenti in ogni stanza, computer fissi e portatili, cellulari di ogni tipo e grandezza sempre più sofisticati e costosi forniti ad età in cui i genitori cullavano le bambole o giocavano al Meccano, videogiochi, capi firmati, foto e videocamere ed ogni altro oggetto appena desiderato e subito procurato.
Vivono in famiglia fino all’età adulta, ben nutriti e coccolati, possono studiare fin quando vogliono e anche ritardare l’ingresso nel mondo del lavoro vivendo in famiglia e godono infine di una estrema libertà. Possono viaggiare, fare sport ed anche nei rapporti con l’altro sesso hanno raggiunto una libertà impensabile solo fino a pochi anni o decenni andati.
Sembrano avere tutto per essere felici, per vivere una vita tranquilla e priva di amarezze, di problemi, almeno prima di arrivare a quella età lavorativa in cui invece oggi qualche problema purtroppo esiste. Ora non dico di arrivare al livello dello spot che sostituisce le grandi domande del perché viviamo e del nostro scopo nell’universo con quella molto più banale del perché dover pagare il prelievo del bancomat ma certo che il livello della loro cultura si è molto abbassato.
Leggiamo da un articolo del Prof Piero Vignetti, pediatra romano.
“Viene allora il sospetto che i giovani siano, in realtà, più poveri oggi di allora, poveri di spirito e di sentimenti forti, privi di tradizioni da amare e da rispettare, senza nessun rapporto con il passato (qualcuno ha detto che “chi non ha un passato non ha un futuro”), incapaci di comprendere e di accettare il mondo degli adulti, che appare loro privo di valori morali e capace solo di offrire modelli di consumismo sfrenato. Un mondo in cui all’antico detto “Cogito ergo sum – Io penso quindi esisto” se ne è sostituito un’altro “Io consumo, quindi sono”. Il che, per un giovane che si affaccia alla vita, è veramente un po’ poco! D’altronde, nella maggior parte dei Paesi industrializzati, si è ormai creato un mondo meccanico, pieno di tecnologie sofisticate, ma privo di qualsiasi altro fine che non sia quello di condurre un’esistenza più comoda ed appariscente possibile. Un mondo di personaggi che ha un unico scopo: guadagnare, ad ogni costo, sempre più denaro per poter comprare sempre più oggetti, spesso inutili; un mondo senza più dignità né orgoglio, dove violenza, arroganza e sopraffazione hanno largamente soppiantato le vecchie e nobili virtù “borghesi” della tolleranza, della pazienza, della modestia e dell’onestà. Dove sono finiti i miti che, pur con i loro limiti e talvolta le loro degenerazioni, avevano pur sempre dato un significato alla vita: lo spirito religioso e la fede nell’Aldilà, l’amore per la Patria, l’orgoglio per la propria storia e per l’appartenenza ad una terra come la nostra di antica e nobile civiltà?”
Questo decadimento culturale ed etico dei nostri giovani potrebbe essere solo criticato da un punto di vista culturale se però non comportasse una conseguenza molto grave e cioè una:
-“sofferenza di vivere” che era pressoché sconosciuta agli adolescenti di 30 o 40 anni fa, che non possedevano quasi nulla, vivevano in un ambiente familiare e sociale povero, autoritario e fortemente impositivo e non avevano certo di fronte a loro grandi prospettive di lavoro e di successo. Eppure questi ragazzi erano pieni di entusiasmo e di voglia di vivere-
La conseguenza drammatica di questa situazione è il costante aumento dei suicidi in età inferiore ai 24 anni, le forme depressive prima sconosciute nei giovani che hanno raggiunto la cifra del 10%, il ricorso sempre più frequente all’alcool e alla droga, i disturbi del comportamento alimentare specie nelle ragazze che rifiutano il loro corpo e lo puniscono, condizionate come sono dalle immagini televisive che nell’ultimo ventennio (strano, è proprio la parabola berlusconiana!) hanno completamente alterato la loro scala dei valori mettendo la bellezza e l’apparire in cima a tutto il resto.
Prima della decenza, del decoro, prima dell’orgoglio, dell’apprendimento, della cultura, prima dell’impegno e della iniziativa, ridotta questa alla ricerca del giocatore di calcio o del milionario per dare un senso ed una prospettiva alla loro povera e infelice vita vissuta nella noia e nella ricerca spasmodica del divertimento.
Non tutti i giovani sono così, me rallegro e gioisco quando li vedo numerosi in libreria oppure sfilare nei cortei studenteschi chiedendo cose anche banali tanto da domandarci se ci sia bisogno di manifestare per avere i diritti sanciti dalla nostra Costituzione. Ma purtroppo i numeri e le statistiche sono impietose e molto preoccupanti.
Certo cosa fare non è semplice. Serve un cambiamento, culturale prima di tutto, anche di quello sociale, organizzativo o politico, un cambiamento che parta dalle scuole e dalle famiglie e anche se ci vorrà del tempo e della pazienza bisognerà partire da lì.
Forse questa generazione è ormai perduta, o forse no, ma ogni genitore dovrebbe prendere coscienza del problema ed operare per invertire questa tendenza al lasciar correre, a dare senza merito, al fornire strumenti, cose, prodotti che ottengono lo scopo opposto per cui sono forniti.
Così come ogni insegnante dovrebbe adoperarsi perché i ragazzi riescano a comprendere il giusto valore delle cose, il giusto rapporto fra i diritti e i doveri, anche il piacere dell’attesa e la soddisfazione del merito.
Il mio professore di Filosofia del liceo alla nostra insistente richiesta di prolungare il nostro soggiorno in gita (eravamo sul lago di Garda) rispose con queste esatte parole “Queste cose sono belle… perché finiscono!”.
Con lui siamo molto cresciuti.