Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Una sessantina di anni fa viveva con la famiglia a Migliarino, verso il mare, un ragazzo particolare. Fabrizio aveva un animo sensibile, restava sveglio per ascoltare i rumori della notte che per lui erano melodie o racconti di fate e guerrieri, la risacca delle onde che il bosco amplificava era pura musica e meodia, i fiori e gli animali non avevano segreti per lui e, cosa più strana per un giovanetto, amava i derelitti e gli sconfitti. Zingari, straccivendoli, diversi, ubriachi, prostitute, tutti gli “ultimi”, tutta la mala gente che la gente bene scacciava, per lui era amicizia o addirittura amore.
Fabrizio dell’Andreini era fatto così, era felice di scrivere storie e poesie di degrado e bellezza, di sofferenza e gioia, di odio e d’amore cercandone l’ispirazione sulla foce del fiume.
Tutte le sere, prima di rientrare in casa, faceva una corsa alla marina dove aspettava che il sole tramontasse e lì sognava.
Il tramonto era per lui il momento magico della giornata, sempre uguale e sempre diverso, un eterno morire e rinascere ed il vortice di sfumature del sole calante ogni sera lo abbagliava e strabiliava.
Non c’era mai un tramonto con lo stesso colore, il blu del mare e del cielo potevano non cambiare di tanto, ma il rosso del sole avrebbe fatto impazzire il più bravo dei pittori con il suo rincorrersi fra arancio e giallo, rosso e viola per finire in rosa.
Dopo qualche anno il padre di Fabrizio si trasferì con la famiglia a Genova dove il ragazzo trovò un mondo completamente diverso, ma se diversi erano i luoghi, le abitudini, addirittura il nome che fu troncato di quel “ini” troppo toscano e campagnolo, lui aveva dentro il suo personale mondo, quello che si era creato là, sul Serchio, e che non avrebbe mai rinnegato.
Nella grande città, con il passare degli anni, Fabrizio divenne famoso e ricercato per i suoi testi e nel 1967 scrisse il più bello di tutti: “Bocca di rosa”.
Quella sua “Bocca di rosa” di Sant’Ilario è ora senz’altro scomparsa come corpo, ma quella nostra di Serchio, quella che portò l'amore nel paese, quella che ha troppi clienti più di un consorzio alimentare, quella è lì a ricordarci senza pretese, senza pretese, la poesia, la bellezza del Creato e di Fabrizio.
Potrebbe essere stato così.