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Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Ripafratta, 12 luglio
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Bagno degli Americani di Tirrenia
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Molina di Quosa, 8 luglio
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Casciana Terme Lari-Pontedera, 12 luglio-3 agosto
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San Giuliano Terme, 30 giugno
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Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
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G.A.P.
di Trilussa

10/11/2013 - 18:47

Negli anni sessanta mandare un figlio all’università era un grosso impegno per le famiglie normali. La mia faceva fatica ed io per raggranellare qualche soldo per le vacanze estive con qualche amico andavo, la domenica e il giovedì, alle corse in San Rossore.

Non andavo a giocare, soldi non ne avevo, ma a vendere i biglietti per la società Alfea che gestiva l’Ippodromo.

 

Vendevo la duplice, una specie di accoppiata in cui si doveva indovinare due cavalli fra i primi tre, non ricordo con esattezza.

Capitò una volta un signore che non conoscevo accompagnato da un giocatore assiduo e senza alcuna informazione in merito ma fornito di quella fortuna che colpisce spesso i neofiti (forse un influsso paranormale che fa vincere apposta per accalappiare lo sfortunato cliente) prese in pieno la combinazione e vinse ben 30.000 lire.

A quel tempo non una cifra che faceva ricchi ma comunque di grande soddisfazione, circa l’equivalente della paga di un impiegato.

 

Non l’ho più visto alle corse, almeno per il periodo in cui vi lavoravo. L’ho rivisto invece l’anno seguente sul pulman della Lazzi che portava noi studenti da Pisa a Migliarino per poi prendere la via dei paesi limitrofi. Il pulman restava fermo sul piazzale davanti alla stazione (era sulla piazzetta dell’affresco di Haring per capire) fino all’orario della partenza aspettando i ragazzi delle scuole. Lo vidi salire sul pulman ancora fermo a vendere le “mente”.

Le mente erano piccoli dolciumi artigianali fatti di zucchero, una specie di sigaro bianco arrotolato, che venivano trasportati in un semplice sacco di plastica tenuto in braccio aperto e offerti ai clienti. Erano i tempi dove le misure igieniche erano ancora molto carenti comunque il signore si presentava abbastanza bene nella sua dignitosa gabbanella bianca.

 

Costavano mi pare cinque lire mentre i “mentoni” più grossi, una specie di grossa castagna, dieci lire. Mi sorprese molto vederlo in quella veste e mi domandai se quello fosse stato sempre il suo lavoro, anche prima di quella improvvisa ed inattesa fortuna oppure se quella vincita, invece di una piccola gioia di un momento, non avesse in qualche modo innescato un meccanismo sciagurato di passione per il gioco.

Perché la storia raccontata ha una sua morale. Una morale che sta prepotentemente diventando un problema nazionale, quello appunto dei malati di gioco.Il disturbo si chiama GAP (Gioco d’Azzardo Patologico) e colpisce in Italia circa 900.000 persone, il 2% della popolazione adulta ma sicuramente i numeri sono in difetto. E’ una vera e propria dipendenza, come quella da droghe, con cui condivide addirittura i sintomi di astinenza come la sudorazione, la tachicardia, la nausea ed il vomito, il senso di soffocamento, fino a vere e proprie crisi d’ansia patologica in caso di astensione, volontaria o provocata, dal gioco.

Una vera e propria malattia quindi, un disturbo detto “compulsivo” in cui il soggetto non può fare a meno di giocare per non soffrire d’ansia e di tutti i sintomi collegati fino alla depressione con atteggiamenti criminosi e antisociali, prima a carico della famiglia e poi a carico della stessa società.

Società che non aiuta certo a prevenire questa piaga vista la facilità di accesso ai giochi d’azzardo, al mondo delle scommesse più o meno clandestine, all’estrema semplicità di ricorrere a queste pratiche anche fuori dai tavoli verdi. Oggi basta recarsi in un qualsiasi bar o avere un collegamento ad Internet.

Anche la famiglia ha una certa responsabilità di fronte a questi malati perché le statistiche parlano di una maggiore frequenza di malattia in persone che hanno vissuto in famiglie impegnate nel gioco d’azzardo, anche se la spinta maggiore a questi soggetti, e specie in questo periodo, è rappresentata dai problemi economici, personali e familiari, che fanno con facilità cadere nell’illusione di poter essere risolti con una vincita al gioco.

 Il gioco, specie se con qualche successo iniziale, perde gradualmente il suo scopo iniziale di tentativo di soluzione (semplice e rapido) ad un problema reale (complesso e difficile) per diventare esso stesso l’oggetto del desiderio ed il soggetto gioca a questo punto  per il piacere di giocare, impiegando sempre più tempo, sempre più denaro non riuscendo a staccarsi dalla macchinetta o dal computer. E se lo fa sviluppa ansia, malumore, comportamenti violenti e anche criminosi.Diventa in poco tempo un malato, ma lo diventa spesso dopo aver distrutto, oltre se stesso, la propria famiglia, i propri amici, la sua vita civile.

Sono innumerevoli le testimonianze sulla Rete o in TV riguardo alla diffusione sempre maggiore di questa malattia e alle nefaste conseguenze che può comportare. Molti sono anche i centri stanno nascendo con lo scopo di cure specifiche per questi malati mentre ancore poche le segnalazioni di chi si oppone a questa pratica dilagante.

Antonio e Eugenia non sono giovanissimi e gestiscono da tempo immemorabile il loro bar a Montignoso, piccolo comune in provincia di Massa Carrara. Dopo mesi di telefonate da madri disperate e mogli arrabbiate, con pensionati rovinati e disoccupati alla fame di recente è accaduto un episodio che per Eugenia ha segnato un punto di non ritorno. 

 

È il primo pomeriggio e nella saletta c’è una cliente habitué delle slot: 50 anni, stiratrice a domicilio. «Le suona il cellulare – racconta Eugenia – “Sì mamma, ora arrivo, sto stirando”, risponde. Per tre ore il cellulare le è squillato in continuazione; era sempre la madre: “Ora vengo, ora vengo”. Ad un certo punto la vedo arrivare. Trafelata. Quando ho guardato negli occhi quella donna di 88 anni che cercava disperatamente la figlia nel mio bar, mi sono detta “ora basta”».

 

E così è stato. Hanno tolto la spina ai videopoker e hanno messo al loro posto un bel biliardino lucente, un gioco tanto antico quanto semplice, che costa poco e socializza molto, dove non siamo mai soli.

Ringraziamo Antonio ed Eugenia per la loro scelta, di vita, ma domandiamoci anche se sia corretto e opportuno che nelle nostre Case del Popolo, dove si dovrebbe fare anche un po’ di cultura, i biliardini e i Flipper siano stati completamente sostituiti da questi apparati moderni mangiasoldi. 

 

Penso sarebbe utile una discussione su questo punto da parte dei Consigli di Circolo come anche servirebbe un incentivo pubblico alla loro dismissione dato che rappresentano una fonte di reddito che andrebbe perduta o molto ridimensionata.

Da alcune parti sta già accadendo e sembra la strada giusta per contrastare il fenomeno, oramai una vera e propria piaga sociale.

 
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Minimo 3 - Massimo 50 caratteri
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Minimo 5 - Massimo 10000 caratteri

11/11/2013 - 14:03

AUTORE:
Socio Associazione Ricreativa Culturale Italiana

Per l'intanto mi contenterei che..
AUTORE: Socio ARCI
...alla mia Casa del Popolo di Migliarino si ascoltasse anche la richiesta di qualche socio non giocatore di Slot Machines e cioè: ripristinare la vecchia porticina che divideva la sala grande da quella saletta come è divisa da una porta il bagno dove facciamo i nostri bisogni (di norma si caca indisturbati e non si da disturbo ad altri per decenza).

2°) se proprio si insiste a fare in nostri; non caso "loro" bisogni ludopatici fuori dal vaso ed alla vista/udito di tutti gli altri che sono di altre faccende affaccendati; si metta un asciugamano piegato od una spugnetta sulla lastra d'acciaio li dove cascano ritmicamente i pezzi da un euro di ferro che fracassano le povere teste malate dei giocatori delusi dalla non vincita precedente e con il rimorso di non aver insistito per altri minuti...con questa ultima medicina che sembrerebbe omeopatica, credo ci sarebbero tante guarigioni nel giro di poco tempo, ma questo provvedimento non fatelo fare a chi tutti i giorni viene a prendersi una sportina piena zibilla di soldini per portarli al padrone delle "Maghine", ma che lo metta in opera il Consiglio del Circolo Ricreativo Culturale Italiano (ARCI).