Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante.
Poema paradisiaco -Epilogo
O Giovinezza, ahi me, la tua corona
su la mia fronte già quasi è sfiorita.
Premere sento il peso della vita,
che fu si lieve, su la fronte prona.
Ma l'anima nel cor si fa più buona,
come il frutto maturo. Umile e ardita,
sa piegarsi e resistere; ferita,
non geme; assai comprende, assai perdona.
Dileguan le tue ultime aurore,
O Giovinezza; tacciono le rive
poi che il torrente vortice dispare.
Odo altro suono, vedo altro bagliore.
Vedo in occhi fraterni ardere vive
lacrime, odo fraterni petti ansare.
Così pensava alla “decadenza “ Gabriele D'Annunzio nel 1893, alla giovane età di 30 anni, e lo faceva in un modo tutto suo particolare, tragico, ampolloso, distorto, ma grande alla pari di tutte le sue opere.
Negli anni in cui il Vate scriveva questi versi nasceva Giuseppe Ungaretti, colui che con il suo “ermetismo” avrebbe stravolto il modo di poetare dell’epoca.
Silenzio stellato
E gli alberi e la notte
Non si muovono più
Se non da nidi.
Noi, ora che siamo esperti di quel concentrato giapponese di poesia, l’haiku, ne riconosciamo una somiglianza incredibile: 7, 5, 5 e andremo avanti con i nostri tentativi felici di avere un capostipite italiano anziché dell’estremo oriente.
Ops, Ungaretti è nato ad Alessandria d’Egitto, ma il fatto che abbia cantato il Serchio lo fa entrare di diritto tra la “gente nostra campagnola”.
Io il peso della vita lo vedo così:
Dolce vecchiaia,
da digerire dura…
come la pizza.