Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Oggi il Pisa riposa. Nell’attesa del durissimo match di Lecce parlo d’altro. Sempre di sport, chiaro. Vorrei infatti rievocare qui alcuni gloriosi momenti di un calcio d’altri tempi, diciamo di quindici anni fa o giù di lì. Era quello il periodo in cui un gruppo di amici (del quale ovviamente facevo parte) si riuniva ogni domenica mattina per giocare a calcio nel campino di via di Gello a Pisa, accanto alla caserma dei parà. La faccenda cominciò per portare figli (c’era infatti anche il mio di figli, che poi divenne un discreto portiere nelle giovanili del Navacchio) e amici dei figli a far due tiri, quindi eravamo mescolati vecchi veri e propri, adulti, giovani e giovanissimi (anche bambini). Pochi fra noi sapevano giocare bene, anzi erano prevalenti coloro che erano proprio negati. Tra quelli forti ricordo l’amico Federico Pierotti, una sorta di esteta dannunziano del pallone, e l’amico Traian, rumeno di Cluj (gran voce da tenore), che poi in effetti si ruppe di giocare con gente scarsa come noi e finì in qualche squadra amatori. Il numero dei giocatori era variabile: nelle giornate di pioggia, durante le quali la zona davanti alle porte diventava un lago impraticabile (oggi le porte non ci sono più), eravamo magari solo 7 o 8, ma si giocava comunque, con le porte improvvisate con borse o scarpe (ne derivavano drammatiche discussioni per decidere se i tiri a una certa altezza erano “dentro” oppure no). In altre occasioni, se veniva tanta gente, ogni squadra era formata persino da 13 o 14 giocatori (era un campetto da 7, più o meno), per cui era difficile capirci qualcosa. Per qualche intervento deciso di un difensore, il pallone finiva a volte nella caserma dei parà e in quei casi veniva formata una delegazione che cortesemente chiedeva la restituzione dell’oggetto. Ancora più complicata era la situazione se la palla veniva scagliata nel giardino che confinava con il lato sud del campo; abitava infatti lì una terribile signora che quando il pallone finiva sui suoi alberi ci mandava pesantemente a quel paese; una volta, essendo il più vecchio del gruppo, fui mandato a parlamentare per riavere la palla, che aveva tra l’altro buttato giù un paio di mele da un albero del giardino. La signora mi restituì effettivamente il pallone, dicendomi però “Ma ‘un si vergogna lei costì, con i capelli bianchi?”. A volte il comune non tagliava l’erba e giocavamo nella savana, per cui la palla si vedeva solo raramente; massimo divertimento era ovviamente giocare sotto l’acqua, sporcarsi (soprattutto i bimbi) e fare ciaf-ciaf con le scarpe. Tra i giocatori, oltre a un sacco di ragazzini, figli, cugini e amici, si distinguevano personaggi di spessore: il maestro Giovanni Del Vecchio, insigne musicista, che però sul campo si faceva notare per le sue pesanti espressioni colorite; il dottor Cella, critico cinematografico e ficcante (diciamo così) esterno sulla fascia, che giocava con una maglietta dell’Inter con la scritta Zamorano; l’amico Fausto Consani, che si distinse per come cominciò a partecipare ai nostri incontri: un giorno passava un tizio in bicicletta e noi eravamo in pochi, per cui gli si chiese: “Senta, vuol giocare con noi?” Lui rispose decisamente di no e proseguì per cinquanta metri, poi si fermò, tornò indietro ed entrò in campo; da allora non è mai mancato, con la sua solita maglia del Milan; poi il professor Cinnella, esimio docente di storia contemporanea e dei paesi slavi, il quale veniva solo per far compagnia al figlio, ma non aveva la minima idea di cosa fosse il calcio: la prima volta che entrò in campo, essendo la palla uscita dal fondo, chiese: “E ora cosa accade?” Alla fine delle partite andavamo spesso a bere qualcosa in un bar davanti a via Filzi: mi ricordo che sull’insegna c’era scritto Snach-Bar (senza la K!). Queste domeniche sono andate avanti diversi anni, poi i vecchi sono invecchiati e gli adulti pure, mentre i ragazzini son cresciuti e giocavano sempre meglio, per cui hanno cominciato a stufarsi di giocare con gli anziani. Però ci siamo divertiti un sacco e se ci ripenso mi viene un bel po’ di nostalgia.