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Evento davvero memorabile a san Giuliano Terme il 25 luglio a partire dalle ore 18, all'interno del Fuori Festival di Montepisano Art Festival 2024, manifestazione che coinvolge i Comuni del Lungomonte pisano, da Buti a Vecchiano."L'idea è nata a partire dalla pubblicazione da parte di MdS Editore di uno straordinario volume su Puccini - spiega Sandro Petri, presidente dell'Associazione La Voce del Serchio - scritto  da un importante interprete delle sue opere, Delfo Menicucci, tenore famoso in tutto il mondo, studioso di tecnica vocale e tante altre cose. 

Che c'entra l'elenco del telefono che hai fatto, con .....
Le mutande al mondo non le metti ne tu e neppure Di .....
Da due anni a questa parte si legge che Putin, ovvio, .....
È la cultura garantista di questo paese. Basta vedere .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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di Matteo Renzi, senatore e presidente di IV
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Da un'intervista a Maria Elena Boschi
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Di Mario Lavia
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di Roberto Sbragia - Consigliere provinciale di Pisa Forza Italia
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Copmune di Vecchiano - comunicato delle opposizioni
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Mauro Pallini-Scuola Etica Leonardo: la cultura della sostenibilità
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Incontrati per caso
di Valdo Mori
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APOCALISSE NOKIA di Antonio Campo
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Di Fabiano Corsini
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Una "Pastasciutta antifascista"
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Pontasserchio, 18 luglio
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Pisa, 19 luglio
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di Alessio Niccolai-Musicista-compositore, autore
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Il mare
con le sue fluttuazioni e il suo andirivieni
è una parvenza della vita
Un'arte fatta di arrivi di partenze
di ritorni di assenze
di presenze
Uno .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
SEGNI E SOGNI
di Daniela Sandoni
“COME CI SI AVVICINA E COME CI SI ESERCITA NELLA LETTURA DELLE OPERE D’ARTE“

19/12/2013 - 16:41

AVVICINARSI ALL’OPERA
 
Ci sono due modi che l’arte possiede per comunicare:

la comunicazione immediata (quando un’opera è talmente bella che è comprensibile da tutti);

la comunicazione mediata (più complicata, riguarda quelle opere che collezionisti, critici e raffinati conoscitori ritengono fondamentali, mentre nessun altro le considera né belle, né interessanti).

Tutto questo si riferisce soprattutto all’arte contemporanea a iniziare da Van Gogh; da lui in poi il bello universale per tutti lascia spazio ad un brutto ricco di un’intensità e di un carattere così espressivi da insegnarci una nuova percezione della realtà. (V. Sgarbi)


L’approccio all’opera d’arte quindi, contrariamente a quanto si può credere, non è né immediato né facile: si guarda un’immagine dipinta e se ne riceve un’emozione più o meno intensa a seconda della bravura dell’artista e della sensibilità di chi guarda, ma questo è solo il primo stadio.
Si potrebbe dire, che l’opera è continuata da chi la osserva, perché qualsiasi tipo di attenzione le venga rivolta, crea dei continui rimandi, un “andare e tornare” tra colui che guarda e l’oggetto che viene guardato.

 

L’opera evoca immediatamente nel fruitore una serie di sentimenti (i rimandi a cui accennavamo prima), di sintonie (le relazioni profonde), di inclinazioni, di esperienze personali, che egli sente proprie.

L’unione di queste sensazioni provoca quella reazione che in psicoanalisi viene definita “fantasticheria” (il sogno ad occhi aperti, un insieme di immagini e di pensieri staccati dalla realtà), che può acquistare in alcune espressioni artistiche, contenuti ed elaborazioni ricche e significative. Questa messa in moto di “simpatia” (inclinazione istintiva che avvicina la persona all’opera) sarà tanto più forte quanto più l’artista avrà saputo toccare quell’inconscio collettivo, quelle immagini primitive, comuni e latenti in ognuno.


Molti ritengono (personalmente sono d’accordo con loro), che non esistano modi sbagliati di godere di un quadro o di una statua: ad alcuni piacerà soffermarsi su di un paesaggio perché gli ricorda la casa, altri preferiranno un ritratto perché ricorda una persona cara. In queste reazioni non c’è niente di male, perché, guardando un’opera, tutti siamo portati al ricordo che influisce sulle nostre reazioni emotive. Se, poi, queste reminiscenze ci aiutano a provare piacere in ciò che vediamo, non c’è nulla di cui preoccuparsi.
Il rischio si presenta quando un ricordo tende a diventare un pregiudizio (ad esempio quando non essendo amanti del mare, sottovalutiamo istintivamente le bellezze di un quadro che lo rappresenta). In questi casi, la cosa migliore è quella di cercare nella nostra mente la ragione dell’avversione capace di neutralizzare un piacere che altrimenti avremmo potuto provare.

Quindi è naturale il desiderio di vedere nelle opere ciò che amiamo nella realtà, ma questa preferenza per i soggetti a noi graditi che ci invoglia a respingere opere che non risultino immediatamente conformi ai nostri gusti, può limitare le nostre possibilità di comprensione.


La cosa migliore sarebbe provare a guardare un’opera come se si fosse appena arrivati da un' altro pianeta; in una situazione come questa saremmo tranquillamente disposti ad osservare, senza nessun pregiudizio, coloriture e forme più varie e sconcertanti. Questo ci metterebbe in condizione di apprezzare ciò che a volte fanno alcuni artisti, che compiono un viaggio di scoperta alla ricerca di una inedita visione del mondo.

Infatti quegli autori che ci riescono, spesso creano opere interessanti che ci insegnano a vedere bellezze nuove che mai ci saremmo immaginati. Se riuscissimo a capire questo loro atteggiamento, potremmo vedere un mondo più fascinoso ed emozionante.


Sarebbe importante, inoltre, considerare l’opera d’arte un oggetto fatto dall’uomo per l’uomo. Infatti, in origine, la maggior parte dei quadri o delle statue che oggi ammiriamo nei musei o nelle gallerie non erano nati per essere esposti in questi luoghi, bensì venivano creati, quasi sempre su richiesta, per circostanze e scopi ben precisi, che l’artista teneva presenti al momento di mettersi all’opera. A lavoro concluso esse venivano toccate, maneggiate, valutate e contrattate dall’acquirente prima di ricompensare l’artista.


Nell’arte non si finisce mai di imparare, le grandi opere sembrano inesauribili e imprevedibili, quasi fossero vive; esse sono un mondo a se stante, emozionante , strano e misterioso, che nessuno conoscerà mai fino in fondo. Di certo non dovremmo seguire l’esempio di quegli individui che, temendo di apparire ignoranti, definiscono opere “interessanti”, anche quelle che in realtà disprezzano. Sarebbe forse meglio, allora, non sapere nulla dell’arte e possedere una mente fervida e pulita, capace di avvertire le allusioni e le magie nascoste.

Con tutta probabilità sarebbe giusto pensare che quando non capiamo un’opera d’arte (specie contemporanea) forse non abbiamo gli strumenti per valutare e dovremmo cercare strumenti che ce ne semplifichino e chiariscano il linguaggio.


Conoscere la storia dell’arte sarebbe forse il modo eccellente per capire le opere e per allenare l’occhio a cogliere le caratteristiche, a scoprire determinati effetti, ad affinare la sensibilità di apprezzare le più sottili sfumature, però anche questo percorso può non essere il migliore se ci fà inquadrare un’opera solo dal punto di vista culturale senza abbandonarsi ad essa, ma preferendo cercare nella mente una collocazione appropriata (sarà certamente capitato di incontrare persone che percorrono le gallerie con il catalogo in mano, alla ricerca del numero di ogni quadro ma che una volta individuato lo guardano appena, così come quel visitatore che, avendo letto che Rembrandt è famoso per il chiaroscuro, davanti ad un suo quadro mormora: ”che meraviglioso chiaroscuro” passando senza indugi all’opera successiva).

Questo desiderio di inquadramento, spesso conseguenza della nostra educazione scolastica molto più letteraria che artistica fa si che ci riesca più facile parlare di letteratura che di arte visiva e ci impedisce di intraprendere un viaggio dal quale nessuno può prevedere con quali meraviglie torneremo a casa.
 
 
COME CI SI ESERCITA NELLA LETTURA DELLE OPERE D’ARTE
 
 
Per quanto mi riguarda, quando vado a visitare un’esposizione d’arte la prima cosa che faccio entrando è lasciarmi invadere dall’atmosfera generale che mi accoglie. Sono consapevole di coinvolgere con questo mio atteggiamento non solo l’autore, ma anche il curatore della mostra. Solo se questi è stato capace di cogliere l’animo dell’artista e la poetica delle sue opere utilizzando in maniera adeguata gli spazi, le luci e la composizione generale, avrà creato la giusta atmosfera per il percorso presentato ai fini di una fruizione la più interessante possibile.


Giunta davanti ad un’immagine o ad una scultura, per prima cosa la considero nel suo insieme e cerco di cogliere le atmosfere che emanano i suoi colori o le sue forme.

Immersa e concentrata su questa creazione, percepisco anche il simbolismo del suo contenuto, cioè tendo ad unire i dati sensoriali a quelli spirituali, il visibile esterno all’invisibile del sogno e dell’interiorità (una creazione è simbolica quando esprime molto più di quanto rappresenta, sta al posto di qualcos’altro, di un certo luogo, di un certo umore e corrisponde ad un determinato paesaggio o personaggio dell’anima nella misura in cui suscita immagini anche nella nostra psiche). Infine mi lascio coinvolgere dalle sensazioni che sprigiona l’opera.
In ogni caso penso che non sia facile dire cosa ci tocca in un quadro o in una statua, perché l’arte vera non è mai semplicemente un resoconto di qualcosa di conosciuto, neppure nel caso di quelle opere che ritraggono il mondo esterno, bensì è sempre una creazione totalmente nuova.

Penso che, per commuovere davvero, un lavoro artistico debba essere misterioso, debba nascondere un segreto da scoprire per la cui comprensione occorra la chiave giusta.
Certo ognuno adopererà la propria sensibilità ed avrà accesso ad una soluzione di carattere personale, ma vale la pena di abbandonarsi a queste sensazioni, perché sono le vie di avvicinamento migliori alla comprensione delle opere e degli artisti creatori; potremmo in questo modo condividere anche quel privilegio degli artisti di avere del tempo e dello spazio in più rispetto alle altre persone perché quando creano si astraggono dalle realtà quotidiane, sono in un altrove, spesso in una realtà più felice.

 
 

 

 
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