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Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

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. . . mia nonna aveva le ruote era un carretto. La .....
per pubblicare scrivere a spaziodonnarubr@gmail.com
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Mauro Pallini-Scuola Etica Leonardo: la cultura della sostenibilità
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12 13 14 LUGLIO E ANCORA 19,20,21 MUSICA DAL VIVO
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Domenica 7 Luglio mercatino di Antiqua a San Giuliano T
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Ripafratta, 12 luglio
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Bagno degli Americani di Tirrenia
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Molina di Quosa, 8 luglio
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Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
IL PROVERBIO
Ne ammazza più...

23/12/2013 - 10:33



Il proverbio di oggi:

Ne ammazza più la gola
della spada
 
Il modo di dire:
Hai voglia di ‘be ova!
Indicava la difficoltà, se non l’impossibilità, nell’attuazione di un progetto non facile.
Derivata dalla credenza popolare che le  uova avessero un effetto corroborante sulle funzioni amatorie maschili e, per estensione, su ogni tipo di prestazione.
 
Dal libro “Le parole di ieri” di G.Pardini
 
STRACIETTO
Lett: nc.
Con la dieresi sulla i era la deformazione dialettale di strascichetto, una piccola cosa che rimaneva, che si trascinava.
Stracietto era chiamata quella febbricola, o comunque quei minimi sintomi di malattia, che restavano per una guarigione non perfetta, o ancora troppo recente.
 
STROMBOLA
Lett: STROMBOLA. [Arnese per scagliare sassi].
Un “arnese” che di solito era di produzione artigianale anche se ne sono state e ce ne sono di tipo industriale. Una di queste, abbastanza comune, è quella che si una per tirare i baini di sego (bigattini) nell’acqua vicino alla lenza per attirare i pesci. E’ naturalmente di plastica ed è formata da una forcella da cui partono due strisce di gomma che terminano con un contenitore finale, una specie di sacchetto, dove si mettono i bigattini che vengono poi lanciati, naturalmente senza parsimonia, nell’acqua, vicini all’amo.
Si potrebbe trarre spunto da questo fatto anche per fare una riflessione sulle contraddizioni della nostra civiltà consumistica: chili di larve gettate dai pescatori ai grassi pesci dei laghetti, pescati con canne realizzate con fibre spaziali costosissime e attrezzature sbalorditive, ma non è questo né il momento né lo scopo di questa lettura.
Le produzioni industriali di questo attrezzo non hanno mai avuto grande successo.
Chi usava la strombola negli anni andati non spendeva i soldi per acquistare un oggetto concepito da altri, ma aveva la passione, ed anche la competenza, per farsela da solo: cercava un bel rametto a forcella, meglio se di ulivo o di vettaio, di cui poteva decidere la dimensione più adatta al suo pugno, sceglieva la gomma che meglio si adattava alla sua forza (di solito bicicletta, ma anche macchina, camion) poi con uno stoppaccino ricavato da un fascione di bicicletta o dalla tomaia di una scarpa assemblava il tutto e realizzava la “sua” strombola.
Servivano per cacciare, tirando sassi agli uccellini o alle lucertole, ma spesso diventavano armi da combattimento, con la conseguenza di qualche ferita di una certa importanza essendo i sassi   talvolta veri e propri proiettili.
 
STRUGGERE
Lett: STRUGGERE. [Distruggere, consumare, liquefare].
Oltre che con il suo significato letterale struggere veniva usato per indicare quello stato d’animo che può essere definito come consumarsi dal desiderio, desiderare fortemente con impazienza.
Mi sento strugge” : desidero intensamente, fino a sentirmi consumare da questo desiderio.
 
SUGO
Lett: SUGO.
Dal latino sucus, umore, è [il succo che si spreme da carne o da erbe e ne contiene la sostanza].
In dialetto, oltre a questo significato, il sugo era anche il nome dato a quell’ammasso di paglia e sterco di vacca che veniva realizzato accumulando la lettiera delle stalle.
Vicino alle case, talvolta delimitato da un basso muretto di mattoni, la lettiera formava un cumulo basso, squadrato, e col tempo subiva una trasformazione batterica e diventava sugo: un ottimo, se non il migliore, concime naturale.
Nella trasformazione la reazione chimica produceva calore che si manifestava, specie in inverno, con una nuvoletta di vapore che aleggiava sempre sopra la paglia. Salendoci sopra a piedi nudi era soffice e le gambe vi affondavano dando una piacevole sensazione di protezione e di calore. Ricordo però di non aver provato questa gradevole sensazione la volta che, per sfuggire ad una secchiata in piazza della Libertà (c’erano le carrozzine, da sempre occasione di divertimenti sfrenati e non di rado eccessivi!), mi sono ritrovato piantato nel sugo del Franceschi con tanto di scarpe e pantaloni “boni”. Ricordo ancora, di quella notte, lo strano suono di risucchio che facevano le suole delle scarpe quando le ritraevo da quella melma molliccia e la contentezza della mia mamma Cosetta al mio rientro a casa in quelle condizioni.

FOTO. Una festa dell'Unità al Teatro del Popolo di Migliarino

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