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Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

. . . uno sul web, ora, che vaneggia che la sua .....
. . . . . . . . . . . a tutto il popolo della "Voce". .....
. . . mia nonna aveva le ruote era un carretto. La .....
. . . la merda dello stallatico più la giri più puzza. .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Domenica 7 Luglio mercatino di Antiqua a San Giuliano T
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Ripafratta, 12 luglio
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Bagno degli Americani di Tirrenia
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Molina di Quosa, 8 luglio
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Casciana Terme Lari-Pontedera, 12 luglio-3 agosto
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Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
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A Gioele, di 1 giorno, Bocca di Serchio di 60 anni fa.

31/12/2013 - 7:22


Voglio chiudere l’anno con gioia, abbandonando le tristi cose che lo hanno caratterizzato, partendo dalla gioia di avere avuto un altro nipote proprio ieri, giorno del compleanno di mio figlio, il padre.
La gioia si è trasposta anche nel nome, Gioele, che sono sicuro sarà un profeta, se non degli uomini, sicuramente della mia famiglia.
La storia di oggi la voglio dedicare a Te, Gioele, come dedicai a tuo padre quella raccolta di storie di pesci, paesi e paesani tanti anni fa, sperando di poterti  “zeppare” in testa e nel cuore l’amore per il “nostro posto” e che tu possa viverlo ancora, se non con me, almeno per me:

da  “Dai ponti al mare” (1991)
 

Le zeppe

 

A Bocca di Serchio si ritrovavano ogni estate le famiglie dei paesani che il fiume incontrava negli ultimi chilometri, tutti su una spiaggia che fermava il corso del Serchio nell'ultima sua curva a destra, in un mescolio di acqua dolce e salata che le maree univano più volte al giorno.
Le nostre mamme, forse prevedendo che sulle future spiagge ci sarebbero state le docce per dissalare la pelle, ad una certa ora della mattinata, poco prima di mangiare, ci chiamavano a gran voce, tutte insieme, perché smettessimo il bagno in mare per andare a sciacquarsi in Serchio.
La lingua di spiaggia dove passavamo le nostre vacanze in capanne fatte di cannella, una per ogni famiglia, era larga una cinquantina di metri, a volte più a volte meno, secondo le mareggiate primaverili che avevano modificato il litorale, e bastava così fare una corsettina per andare dal salato al dolce.
Al chiamare delle mamme (bastava che cominciasse una ed era uno schiocchìo di nomi che anche se non c'era il tuo era lo stesso tanto prima o poi ci sarebbe stato) uno stuolo di bambini si spostava dal mare al Serchio urlando e correndo.
Da quelle cariche e quelle rincorse, un po' perché la sabbia bruciava, un po' per arrivare primi, nacquero i primi tuffi, le "zeppe". La voglia poi di perfezionarli portò alla costruzione degli "zeppaini" e ognuno si improvvisò carpentiere per la costruzione di quelle rampe di lancio.
Esauriti e distrutti i rialzi naturali della riva, per poterci garantire un bello slancio cominciammo a edificare dei poggi artificiali con strati alternati di erbe e cannelle, abbondantissime sulla spiaggia, ricoperti di rena tenuta sempre bagnata e infine vere e proprie armature con paloni e tavoloni che reggevano tutta l'estate anche all'impeto di centinaia di rincorse.
La nostra vita sul mare era regolata da precise leggi, leggi di spiaggia o meglio di Bocca. La mattina si arrivava tutti presto al mare, massimo alle nove, si leggevano i giornalini al fresco delle baracche e si chiacchierava fino alle 10.30, poi mezzora a controllare l'orologio perché alle 11, non un minuto prima, potevamo fare il bagno. Bagno in mare fino alle 11.20, altrettanti minuti in Serchio, asciugatina e patte a chi non voleva uscire e a mezzogiorno tutti a tavola al fresco della baracca.
Che silenzio !
Il battere dell'onda sulla spiaggia era un rumore che faceva parte del silenzio delle ore dedicate al pranzo.
Anche lo sfrigolio delle eliche di canna che i genitori costruivano e mettevano alte sul tetto delle baracche perché il vento pomeridiano le facesse girare, era parte di quella pace irreale.
A volte si sentiva nitido, anche se proveniva da capanne più in là, un urlato materno e preoccupato "Mangia!" rivolto a qualche inappetente bimbo, altre volte un sommesso piagnucolio, ma non si alterava mai quel senso di solitudine e di consapevolezza di trovarsi in un luogo meraviglioso, unico e selvaggio. Dopo mangiato, un breve pisolino, più per i grandi che per i piccoli, poi alcuni giochi da spiaggia ed ancora a rimugolare per il bagno pomeridiano, ma non prima delle quattro. A differenza della mattina ora si poteva fare solo il bagno in Serchio, forse perché il mare si muoveva sempre verso sera e le mamme avevano paura o forse perché c'era il sole negli occhi se si fossero voluti tener sotto controllo i figli in mare, mentre in Serchio la visuale era più chiara con la luce alle spalle.
Bocca di Serchio, come una meravigliosa arena, alle cinque della sera aveva il Suo Spettacolo.
Alle famiglie che avevano mangiato al mare si aggiungevano coloro che sulla spiaggia preferivano, od erano costretti dal lavoro, andarci solo il pomeriggio. Tutti si mettevano in fila sul bordo del Serchio: i vecchi con un ombrello nero che li aveva riparati dal sole cocente quando facevano il bagno di rena, le mamme con i più piccini che non potevano andare in acqua, tenuti fra le gambe divaricate, gli uomini con invidia e rabbia per l'età e l'artrite che li immobilizzava, i babbi con orgoglio e noi che "si andava a cominciare".
C'era chi faceva le zeppe a piè pari, chi a seggiolina, chi con una gamba, chi batteva sonore panciate, chi anche bene ma non faceva ridere e poi, come ad un segnale, tutti uno dietro l'altro a distanza di un metro e sembrava il carosello finale dei fuochi d'artificio quando scoppiano alla fine tutti insieme.
Eravamo in trenta o quaranta ed il primo tuffatore faceva appena in tempo ad uscire, che andava di nuovo in coda a formare un anello di corpi gocciolanti, sempre più in fretta, sempre più vicini, a spingersi, a fare in due abbracciati il tuffo per fare prima, uno sopra l'altro, bevendo boccate d'acqua percossa senza sosta.
Poi ricche merende e un riposo fino alle 6.30, quando i traghettatori del passo di barca chiamavano per traversare tutti alla svelta perché la serata era buona per andare a tendere i tramagli.


vedi nipotino come "zeppava" tuo nonno?

ora si tuffa sì, ma a tavola e in poltrona!

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1/1/2014 - 17:37

AUTORE:
Piero C.

Auguri Chewbe, ora va aggiunta un'altra stellina sulla stecca del nonno.

1/1/2014 - 12:19

AUTORE:
Ultimo

.......... in questo mondo. Credo che Tu sia stato il più bel regalo che i tuoi nonni abbiano ricevuto nell'anno appena trascorso. .......... Ultimo.

1/1/2014 - 10:09

AUTORE:
Ovidio

L’arrivo di Giole è la prima notizia che ho letto a capodanno. Auguri, auguri, auguri.

31/12/2013 - 17:46

AUTORE:
Mina

Così, a cavallo del nostro secchio...attraverseremo questo nuovo anno... senza sperare di trovarvi nulla di più di quello che saremo capaci di portarvi...Auguri a te che ci porti ogni giorno un sogno nuovo...e a noi di essere capaci di riportarci speranze e serenità
e salute in grande quantità.

31/12/2013 - 16:16

AUTORE:
F.C.

...la pentola della pastasciutta in una buca sulla spiaggia e ricoperta fino all'orlo con sabbia calda, il fiasco di vino anch'esso in una buca ma sulla battigia e il cocomero legato in mare..

31/12/2013 - 14:08

AUTORE:
sonia

Benvenuto piccolo Gioele,
la gioia di nonno Umberto sprizza da tutti i pori ed è molto contagiosa.
Sei il benvenuto sulla Terra e ancora di più su questo territorio che ti ospita con grande piacere.
Ti auguro di crescere libero e felice e di saper apprezzare la bellezza che ti circonda, di cui tuo nonno ne è, giustamente, tanto orgoglioso.