Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
“Questa strada per cui camminiamo, con questo selciato sconnesso e antico, non è niente, non è quasi niente, è un’umile cosa. Non si può nemmeno confrontare con certe opere d’arte, d’autore, stupende, della tradizione italiana, eppure io penso che questa stradina da niente, così umile, sia da difendere con lo stesso accanimento, con la stessa buona volontà, con lo stesso rigore con cui si difende un’opera d’arte di un grande autore… Ed è questo che non è sentito, perché chiunque, con chiunque tu parli, è immediatamente d’accordo con te nel dover difendere un’opera d’arte d’un autore, un monumento, una chiesa, la facciata di una chiesa, un campanile, un ponte, un rudere il cui valore storico è ormai assodato. Ma nessuno si rende conto che invece quello che va difeso è proprio questo anonimo, questo passato anonimo, questo passato senza nome, questo passato popolare.” P.P.Pasolini.
Ho trovato questo estratto su Fb, lo segnalava il Forum Nazionale Salviamo il Paesaggio. Mi ha colpito, perché è vero, i nostri territori, non sono opere d’arte di un autore, ma sono opere delle nostre arti quotidiane, sono opere che raccontano il nostro vivere, il nostro passato e il nostro presente, vorremmo che fosse anche il futuro dei nostri figli.
E’ sabato. Piove a dirotto, grossissime gocce di acqua…per un’ora, forse di più. Si, ma siccome piove sul bagnato, in poco tempo le strade si allagano, l’acqua sale…troppo spesso si ripete la stessa storia, troppo spesso stiamo col fiato sospeso, troppo spesso …e anche questa volta qualcosa è accaduto.
Filettole, Madonna dell’acqua, Metato…guardando i telegiornali si scopre che a noi tutto sommato c’è andata pure bene, questa volta.
Infatti basta allungare lo sguardo e arrivare fino a Modena per accorgersi che lì è successo un vero disastro.
Guardo le foto e mi accorgo che non sono poi così diverse da quelle che raccontavano la nostra alluvione.
Le guardo con un senso di angoscia, perché riconosco le emozioni in gioco.
E’ di nuovo sabato, è passata una settimana e mi accorgo che nel giro di poco tempo sui giornali è sparito tutto, non è più emergenza da far notizia, almeno fino alla prossima volta.
Ma chi vive quella situazione sa che non sparisce proprio un bel nulla di nulla. Siamo noi che crediamo a questa illusione.
E anche io faccio questo pensiero, perché sto guardando Tg3 Ambiente Italia, si parla delle disgrazie di questo povero paese, e si comincia con le alluvioni. In collegamento Ermete Realacci dice di essere molto imbarazzato perché ci vorrebbe un drastico cambiamento di rotta, che la Commissione Ambiente all’unanimità aveva chiesto che fossero stanziati 500milioni di euro all’anno per il dissesto idrogeologico, nella legge di stabilità per questo anno ci sono 30 milioni. Ma prosegue, Ermete Realacci, non è solo un problema di soldi, che quando ci sono vanno spesi bene, è un problema di politiche, dato che tutta l’Italia, come si è visto in questi ultimi anni, è a rischio.
E ancora, si è costruito troppo e male. In Liguria per esempio il 100% dei comuni è a rischio, eppure in Liguria negli anni 70 venne coniato un termine: rapallizzare, per indicare una cementificazione continua e senza criterio. Bisogna cambiare rotta.
"Quelle che ho visto stamani sono le ennesime ferite inferte al nostro territorio", ha detto l'assessore alla Presidenza, Vittorio Bugli, durante una riunione svoltasi al termine della visita presso il centro di protezione civile di Pian di Mozzano, davanti a sindaci, tecnici, amministratori della Valle del Serchio, a cui hanno partecipato anche il Prefetto di Lucca Cagliostro e il presidente della Provincia Stefano Baccelli. Negli ultimi due anni la Toscana ha fronteggiato almeno sette emergenze di questo tipo. E' evidente la fragilità del nostro territorio e, di fronte a questa, il bisogno di investire su prevenzione e salvaguardia.”
Tutti d’accordo, esperti e politici, bisogna cambiare rotta, bisogna fermare la cementificazione selvaggia dei territori, servono interventi mirati per metterli in sicurezza.
Mi torna in mente “rapallizziamo” l’imperativo degli anni 70, vale a dire costruiamo e cementifichiamo ogni dove.
Siamo cresciuti a cemento e soldi.
Cemento, soldi e potere.
Cemento, soldi, potere e nessuna programmazione, nessuna valutazione.
Cemento, soldi, potere, nessuna programmazione, nessuna valutazione e disastri ambientali che paghiamo salatissimi in termini di vite umane e di danni materiali.
Cosa dobbiamo aspettare? Chi deve decidere cosa e come fare? Quando diventerà una priorità? Quando si prenderanno sul serio i dati che vengono riportati ad ogni disastro e in ogni analisi?
Il clima non sembra essere più amico dell’uomo, il riscaldamento inarrestabile del pianeta ha favorito un’esplosione di fenomeni meteorologici violenti, come nubifragi, alluvioni, tempeste di vento, ondate di caldo. Mi domando come riusciremo ad adattarci? Lo dovremo fare per forza e dovremo attrezzarci al meglio, per non piangere continuamente sul latte versato, o lacrime inutili e false, di coccodrillo appunto.
Intanto direi che si potrebbe partire dall’assumere questi fenomeni non più come eccezionali, perché la loro frequenza diventa sempre più alta e i danni provocati son sempre più gravi.
Possiamo continuare a decretare lo stato di calamità naturale? Quante ne abbiamo di queste ferite aperte?
A Modena si è aggiunta ferita su ferita, dopo il terremoto anche l’alluvione.
Qualcuno dice che se continuiamo così raggiungeremo un punto di non ritorno, non ce la faremo a correggere e riparare i danni. Dobbiamo fermarci davvero e curare le ferite che abbiamo inferto al territorio.
Se le analisi dicono che circa il 70% dei comuni italiani è a rischio idrogeologico, di cui 1700 a rischio frane, 1285 a rischio alluvione, che le aree a rischio elevato e molto elevato di alluvione sono diverse migliaia, quando smetteremo di meravigliarci di fronte ai disastri che ci travolgono?
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