none_o


Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

. . . uno sul web, ora, che vaneggia che la sua .....
. . . . . . . . . . . a tutto il popolo della "Voce". .....
. . . mia nonna aveva le ruote era un carretto. La .....
. . . la merda dello stallatico più la giri più puzza. .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
Ripafratta, 12 luglio
none_a
Bagno degli Americani di Tirrenia
none_a
Molina di Quosa, 8 luglio
none_a
Casciana Terme Lari-Pontedera, 12 luglio-3 agosto
none_a
San Giuliano Terme, 30 giugno
none_a
Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
Memoria e oblio, metafore vive del presente
Un intervento della professoressa Maria Antonella Galanti

27/1/2014 - 16:00


Memoria e oblio, metafore vive del presente

 

Un intervento della professoressa Maria Antonella Galanti, prorettore per i Rapporti con il Territorio dell’Ateneo, per la “Giornata della Memoria”. La prof.ssa Galanti è stata una delle promotrici dell’iniziativa “Figure della Memoria, Momenti della Storia”, a cura dell’Università di Pisa.

Il 27 gennaio 1945 fu il giorno della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz.

Le immagini dei pochi superstiti, dei luoghi e degli strumenti di tortura e di morte hanno fatto il giro del mondo e non ci sarebbe bisogno di celebrare una giornata della memoria per ricordarcele. Sono impresse nella nostra mente, sono parte integrante del nostro immaginario e ci hanno commosso o generato raccapriccio molte volte, nel corso del tempo, indelebili metafore di ogni insensatezza umana. Sono immagini terribili perché testimoniano l’esistenza, negli esseri umani, anche di una tensione a distruggere e a misurare il proprio valore in termini di rapporti di forza e di potere attraverso la sopraffazione ai danni di chi si trovi in condizione di maggiore fragilità sociale o debolezza contrattuale.

Non servirebbe a niente, perciò, questa giornata, se la intendessimo come una sorta di rituale risarcimento morale nei confronti degli ebrei e insieme a loro di tutte quelle comunità o insiemi di persone che sono state oggetto della violenza nazista, fino allo sterminio di massa: i dissidenti politici comunisti, socialisti e social-democratici, le persone omosessuali, i Rom, i malati psichici, i soggetti con disabilità e gli appartenenti, in generale, a religioni diverse da quella cattolica.

Si tratta, invece, di conservare memoria e consapevolezza della storia che coinvolge noi tutti, cioè di ciò che è stato possibile accadesse in Europa, nello spazio nero delle dittature che collega i due profondi abissi delle guerre mondiali.

Memoria e oblio sono due esperienze strettamente intrecciate.

È l’oblio che rende possibile la memoria come strumento vivo e attivo di lettura del presente e di progettualità rispetto al futuro. È l’oblio, cioè, che mettendo in ombra il resto permette di dirigere la luce sulla specifica esperienza che in una determinata circostanza si vuole rendere attuale. Non per farne testimonianza di un passato ibernato nella distanza storica, ma per rendere quel passato metafora viva del presente, capace di lasciare emergere il filo di paura e di speranza progettuale che lega l’ieri all’oggi ed entrambi al futuro.

I campi di concentramento possono apparire, a un primo sguardo, un’esperienza lontana nel tempo, ma altrettanto non si può dire, purtroppo, dell’idea che li sorreggeva e che rappresenta un pericolo sempre attuale.

Un pericolo subdolo, strisciante, spesso invisibile: l’omologazione degli individui gli uni agli altri, l’eliminazione di ogni differenza così da rendere le persone passivo oggetto di controllo e di dominio.

Oggi assistiamo, infatti, all’emergere di nuovi razzismi, non di rado suffragati da riedizioni di semplificanti riduzionismi di tipo biologico, mentre l’enfatizzazione della dimensione tecnica rischia di trasformarla in fine delle nostre scelte anziché in mezzo per migliorare la qualità delle relazioni umane e in generale della nostra vita.

 

Maria Antonella Galanti

+  INSERISCI IL TUO COMMENTO
Nome:

Minimo 3 - Massimo 50 caratteri
EMail:

Minimo 0 - Massimo 50 caratteri
Titolo:

Minimo 3 - Massimo 50 caratteri
Testo:

Minimo 5 - Massimo 10000 caratteri