Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
La scuola questa immensa opportunità che ognuno di noi dovrebbe avere per crescere bene, per crescere meglio, per “da grande” saper ascoltare, comprendere, valutare.
La scuola è spesso avvertita dai bambini come un obbligo ed intendo quell’obbligo di staccarsi dalla famiglia; penso al “trauma” vissuto dai bambini che vanno per la prima volta all’asilo nido o alla materna. Si staccano solo per poche ore, che passato il “trauma” iniziale, saranno per loro un vero tesoro di conoscenze, socialità, amicizia.
L’obbligo, quando si è un po’ più grandi, di fare i compiti passando le ore tra un esercizio fatto, o una pagina studiata e gli imprechi contro gli insegnanti, che danno i compiti a casa. Ma crescendo si comprende che quel distacco, quel dovere imposto e quelle figure, gli insegnanti, che pur estranee si impongono nella nostra vita, ci hanno insegnato molte cose. E aggiungo nel bene e nel male, perché anche da parte loro ci sono atteggiamenti che crescendo, riconosceremo come giusti e faremo nostri ed atteggiamenti che valuteremo sbagliati e dai quali prenderemo le distanze. Ed anche qui avremo imparato qualcosa, come essere o come non essere.
Credo che il ruolo dell’insegnante, se fatto con coscienza, non sia semplice anche se è sicuramente un mestiere che nel rapporto umano dà grandi soddisfazioni.
Purtroppo frequentando un po’ più approfonditamente la scuola, ci si rende conto delle condizioni in cui questa versa. E’ una scuola che per volere dello stato, viene abbandonata un po’ a se stessa. I finanziamenti ridotti ai minimi termini e le Leggi da rispettare intessono un labirinto di paletti che impediscono un lavoro sereno. Al di la delle mura di quei fabbricati, c’è un mondo complesso, fatto di tessere e tasselli da intersecare: la gestione dei fondi pubblici, la gestione dei progetti, la questione sicurezza, la gestione delle supplenze e la gestione di centinaia di ragazzi in crescita.
E scavando un po’ più a fondo ti rendi conto che tutto ciò che da fuori appare scontato e facile da farsi, non è così. Là dentro ci sono anche le esigenze di insegnanti e collaboratori che, come tutti noi andando al lavoro, dovrebbero lasciar fuori i loro problemi, ma anche questo non è cosa semplice. Ed in tutto questo bailamme, i nostri figli intraprendono il percorso della crescita morale e culturale, dell’imparare a stare al mondo, perché una parte di mondo la si impara in famiglia e l’altra parte la si impara a scuola.
Qualche giorno fa ho letto sul web, questa frase: “Nessun bambino è perduto se ha un insegnante che crede in lui”. Ed io, con tutti i dubbi, timori, domande e paure che ogni madre ha ad ogni nuova esperienza dei suoi figli, voglio sperare che nonostante tutte le difficoltà, la nostra cara Scuola sappia darci questo: Insegnanti degni del loro ruolo e di essere ricordati.
È tutta la settimana che penso alla parola “conservare” e volevo scrivere di questo. Poi Lara mi anticipa e mi invia questa riflessione sulla scuola, e mi dice: che ne pensi?
Seguo il filo dei suoi pensieri e mi chiedo a cosa serve la scuola oggi e che cosa serve alla scuola oggi.
A cosa serve la scuola? La risposta è immediata e spontanea, per trovare lavoro. Ma la stessa domanda oggi con la crisi del mercato del lavoro che risposta avrà? E come non considerare la continua ricerca di lavoro a basso costo? A cosa serve oggi andare a scuola? Possibile che serva solo a sostenere le famiglie, a tenere occupati i ragazzini?
Mi viene subito in mente don Milani e Loris Malaguzzi, che parlavano più di educazione e formazione della persona e che mettevano la scuola al centro della vita sociale e democratica di un Paese.
Mi viene in mente che la scuola serve prima di tutto per chi crede che la scuola non serve a niente.
Come dice Lara, la scuola è una tappa obbligata per genitori e ragazzi, la scuola oggi più di ieri deve riuscire ad uscire da questa immagine di obbligo e deve puntare ad alimentare il desiderio di conoscere, capire, informarsi, interrogarsi, guardare e ascoltare le voci dei luoghi fisici e mentali, privati e sociali che abitiamo e che costruiamo.
Mi risuona la frase trovata sul web da Lara: nessun bambino è perduto se ha un insegnante che crede in lui. Ecco, la scuola deve recuperare un senso di fiducia nel suo ruolo, a partire dai tanti bambini e ragazzi, che troppo spesso, oggi, vengono catalogati come “perduti”.
Sarebbe un po’ come se un medico decretasse incurabili alcuni pazienti e si dedicasse solo ai casi clinicamente di “facile successo”. Non solo non è eticamente corretto, ma ragionando in modo freddo, neppure le percentuali sostengono tale ragionamento, anzi chiedono prepotentemente un cambio di paradigma.
La scuola dovrebbe servire per imparare a pensare , ragionare, valutare e criticare, soprattutto attraverso lo studio di materie che apparentemente, solo apparentemente non c’entrano nulla, come la filosofia, il latino, la storia e la matematica. Attraverso queste materie si svolgono esercizi per la mente che aiuteranno ad essere cittadini migliori, capaci di giudicare e valutare, distinguere e comprendere i meccanismi e i movimenti delle cose che ci circondano e che ci formano.
La scuola dovrebbe servire a costruire la capacità di dubitare, a sviluppare un senso critico, a mettere sotto critica le fonti delle informazioni, a costruire la capacità di interrogarsi, di fare domande e costruire risposte, che vuol dire saper capire e interpretare e valutare. Che vuol dire costruire una personalità, un pensiero consapevole, una autonomia e libertà di pensiero che riuscirà a sganciarsi dall’omologazione del pensiero unico.
Fino a pochi anni fa l’omologazione che sentivamo di più era quella del vestirsi e del divertimento, oggi il pericolo arriva dal web, con twitter e facebook. Da una parte c’è il meccanismo del rilancio dei vari post, dall’altro il passaggio continuo e massiccio di informazioni che non ci lascia né spazio né tempo di verifica. Questo surplus di informazioni esige una capacità di valutazione, per capire quali scartare e quali sottolineare e rilanciare, quali sono vere e quali false.
La scuola dovrebbe formare le persone ad avere il coraggio di conoscere, di non fidarsi delle idee che altri hanno deciso per noi e trovarne di nostre.
La scuola dovrebbe ridurre le differenze, quelle che scaturiscono dall’accesso alle opportunità. Dovrebbe alzare la percentuale di successo rispetto a quello che si è detto fino ad ora.
La scuola dovrebbe offrirsi come luogo di resistenza e di esistenza civile. Un luogo per tutti e di tutti, un luogo immerso in una società per certi versi impazzita, un luogo che volente o nolente non può sottrarsi al suo compito, quello di formare le persone a prendersi cura di sé e del mondo in cui abitano.
ps. Ho usato il condizionale, perchè ci dovrebbero essere appunto le condizioni umane, professionali, fisiche, politiche e culturali che troppo spesso sono a macchia di leopardo.