In questo nuovo articolo di Franco Gabbani si cambia completamento lo scenario.
Non avvenimenti storico- sociali, nè vicende di personaggi che hanno segnato il loro tempo.Il protagonista è questa volta è il fiume Serchio, l'attore sempre presente nella storia del territorio, con grandi vantaggi e tremendi disastri.
Ma non manca il tocco di Franco nell'andare ad esaminare grandi lotte politiche e piccoli episodi di vita comune legati al compagno di viaggio nella storia del nostro ambiente.
Una chiacchierata col “Maciuccoli”
“Ti conobbi quando ancora ero bambino e fu amore a prima vista.
Ed anche se ti rapisti il mio più caro amico, Lubiano, non ti serbai né odio né rancore. Continuai ad esserti un amico riconoscente per quello che sapevi offrirmi della tua povertà. Una povertà che a me sembrò ricchezza giacché godevo di quel profumo acre che spigionava dalla torba nella nebbia dell’albeggiare.
E godevo anche di quell’incessante gracidio dei ranocchi che ascoltavo o come musica di sottofondo ad altri suoni e rumori notturni del tuo tesoro animale: la lontra, il gatto selvatico, gli uccelli e, talvolta e perché no, anche il richiamo dei cacciatori nella botte.
Arrivato che era il mattino, sembrava spuntare dal nulla la presenza umana: erano Menotti, l’Albino, il Baroni, Otello ed altri, che usciti dalle loro capanne, si apprestavano a riguardare gli arnesi da pesca sotto il volteggiare del falco pescatore. Li vedevo là, distanti uno dall’altro, silenziosi e ritti sul barchino con il remo lungo in mano, ma pronti, dopo aver concluso la pesca e la tesa, ad incrociarsi per scambiarsi un mezzo sigaro e la promessa di bere insieme un buon bicchiere di vino dopo il desinare.
Con Te passai altri momenti brutti come i rastrellamenti tedeschi, le fucilazioni e la deportazione di amici e conoscenti. Eppure ero lì, vicino a Te, che nei tuoi silenzi potevo cercare e ritrovare la pace dell’animo perduta altrove.
E ricordo ancora il piacere nell’ascoltare, dopo una giornata di vento, il dolce fruscio delle onde che sul far della sera, frenate e rese lunghe dal marobbio, andavano ad addormentarsi nelle cannelle galleggianti delle tue ripe. Era musica!
E che forse non ispirò a Puccini il suo Coro muto?
Da buon amico vengo sempre a trovarti. Ma al posto di quella musica ascolto solo i tuoi lamenti.
Sento il tuo lamento quando le onde, libere di rompersi con impeto nelle ripe, creano schiuma come bava alla bocca dell’avvelenato morente. Ti lamenti allorché ti senti abbandonato e tradito da quegli amici fedeli che furono il tuo tesoro: le bestie, gli uccelli ecc.
La solitudine è una brutta cosa, ti capisco, ma anche loro devono pur mangiare! E poi, forse, hanno capito che sei ammalato e non vogliono disturbare più di tanto.
Mi dicono che ti hanno affidato alle cure degli esperti. Speriamo!
Ma intanto continui a lamentarti anche se, per farti felice, ti hanno dato un po’ di lustro. Non ti chiami più “il Maciuccoli”, ora sei il Lago, con la elle maiuscola, di MASSACIUCCOLI e fai parte del Parco naturale. Non ti basta?
Ti lamenti ancora perché ti manca il respiro quando d’estate le tue acque stagnano e imputridiscono nelle buche delle Stecce, dell’Archianni, del Bilogi e via dicendo. E resti purtroppo senza risposta allorché ti domandi: “ma dove sono finite le acque limpide e fresche che scendevano giù dal Fontanaccio?”
Forse però il tuo maggior lamento è per la mancanza di quelle cure amorevoli e dell’amicizia che sapevano darti i Menotti, gli Albino, gli Otello e tanti altri che ora non sono più. Loro sì che sapevano capirti! E pure rispondere ai tuoi bisogni, grati e riconoscenti di ciò che potevi offrire!
Ed io, cosa posso fare per te?”
“Ben poca cosa caro amico! Chi potrebbe fa il sordo e sembra attratto da ben altri interessi.”
“A me non resta che esserti vicino, seduto sulla tua torba, appoggiare la testa sulle ginocchia e piangere con te!
Sta arrivando gente, non facciamoci sentire!"
“Ma forse è qualcuno che soffre come noi.”
Sett. ‘83 (anonimo)
Caro anonimo amico, di commenti e di lamenti ce ne sarebbero innumerevoli da fare e a da dire. A noi non ci resta altro che lottare, sperare e anche soffrire ancora per un altro poco, poi andremo ad "incrociare" Coloro che hanno sì sofferto fame e disagi, ma hanno goduto di quelle cose che Tu hai chiamato "tesori".
Eccoti un veloce passaggio di immagini di un bel po' di decine di anni.
I pensieri non si vedono!
u.m.