Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
D’Alema nella sua villa in Umbria si vanta di avere un giuggiolo da 15.000 euro mentre Mauro Moretti si lamenta se si mette in discussione il suo stipendio annuo di 800.000 euro. Sembrano due cose molto diverse fra loro ma a guardare bene mostrano di avere base comune: sembrano appartenere a persone sempre più lontane dalla realtà quotidiana dei cittadini.
E dimostrano anche come il denaro sia in grado di condizionare fortemente la nostra vita, le nostre azioni, il nostro pensiero. Se si spendono 15.000 euro per un giuggiolo (è un albero, fa le giuggiole) vuol dire che di soldi ne abbiamo in abbondanza e, nel caso di D’Alema, vengono dalla politica. Tranne forse qualche introito da libri e incarichi vari. Niente di male ma sembra quasi che non si possa dire, forse perché non è troppo polically corret perché la politica, ci hanno insegnato almeno a noi della sinistra, che non è una professione ma un servizio al Paese. Comunque per la semplice indennità di uscita dal Parlamento di D’Alema si vociferava, al tempo, di una cifra intorno ai 135.000 euri.
Ci si potrebbe, o forse ci si dovrebbe, domandare se questi politici (parlo di D’Alema perché ho letto del giuggiolo, ma si può dire lo stesso per molti altri, forse per la maggior parte dei politici di lungo corso) siano ancora legati alla realtà delle cose. Se quando parlano del disagio degli italiani, delle famiglie, delle piccole imprese, dei lavoratori rimasti senza lavoro od in procinto di perderlo siano veramente consapevoli della situazione reale di cui stanno parlando.
Mentre abbracciano idealmente i lavoratori in difficoltà siamo sicuri che effettivamente siano con loro oppure, una volta fatta l’intervista, i loro interessi siano altri? E non il mutuo, la casa, le bollette da pagare, il lavoro, la spesa quotidiana per mettere a tavola la famiglia ma magari se sia meglio il giuggiolo (un po’ caro, bisogna ammetterlo!) oppure una più economica mimosa, il figlio che studia all’estero e chiede la prebenda mensile, il volo in businnes class da prenotare per al conferenza a Parigi, il figlio dell’amico a cui non si può dire di no da sistemare da qualche parte (è un buono a nulla, ma come si fa?).
E invece di vantarsi della propria azione politica, della partecipazione attiva alla soluzione dei problemi del paese o del partito, ci si può vantare (sempre parlando del nostro amico Massimo, ma è solo un esempio) del giuggiolo da 15.000 euro o dello spumante rosè , di sua recente produzione e già situato nella classifica dei primi 350 spumanti migliori al mondo. Problemi ben diversi che si sommano poi alla preoccupazione per la propria carriera politica, il posto alla Camera o al Senato, il problema della rielezione per non perdere i tanti privilegi che negli anni si sono accumulati con il consenso (nascosto, quasi sempre) da tutti i gruppi parlamentari.
Il grosso rischio di chi fa politica da tanti anni, e di politica vive, infatti è quello di diventare conservatori, corporativisti, di difendere comunque un equilibrio stabilito in anni di irresponsabilità, di grandi abbuffate anche quando le vacche erano magre, di trovarsi a difendere un sistema di potere e privilegi a cui si rinuncia malvolentieri. Al pari dei tassisti, dei notai, degli avvocati , di ogni ordine di categorie che negli anni si sono chiuse nei loro privilegi a cui non vogliono rinunciare. Nel caso della politica è ancora più grave perché il comportamento di chiusura al cambiamento si riflette su tutti i cittadini che sono poi quelli che ne fanno le spese. Qualunque cambiamento rischia di modificare un equilibrio mantenuto costante oramai da decenni, e se qualcuno dal cambiamento ci guadagna ci deve pur essere qualcun altro che ci rimette, che deve cedere qualcosa di quello che in passato ha sempre avuto, in termini di privilegi, di soldi o semplicemente di potere.
Come nei giochi d’azzardo in cui non si vince mai, ma se per caso si dovesse vincere i soldi che si vincono sono quelli di tanti altri disgraziati che li hanno persi.
Moretti da persona intelligente forse non voleva dire che non poteva vivere senza i suoi 800.000 ma si domandava perché solo a lui si dovesse chiedere il sacrificio di una riduzione di stipendio. E in questo ha ragione. Non solo non è il più pagato dei dirigenti delle Aziende di Stato ma nella sua protesta pretendeva almeno che anche tutti gli altri grandi dirigenti pubblici fossero compresi nel paniere. Poi si è scoperto che è possibile operare solo su una piccola parte del detto stipendio ma la sua incauta reazione è avvenuta in un momento veramente poco felice per la gran parte dei cittadini affannati, se non affamati, in altre e più importanti faccende.
Diciamo che scioccamente (ritiro in parte il giudizio sull’intelligenza) non ha capito che non si poteva permettere una tale osservazione nei confronti di coloro che hanno uno stipendio da operaio o da impiegato (quando ce l’hanno).
A me colpisce non poco questa distanza, questo scollamento di alcuni personaggi importanti del nostro Paese dai problemi reali, quotidiani, concreti della gente.
Ecco che allora si può, senza vergogna , vantarsi di avere acquistato un albero da quindicimila euro e protestare perché si osa mettere in dubbio uno stipendio da 800.000 euro.