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Un paese che amo, il paese della mia mamma.Anche ora quando vado a RIPAFRATTA  sono la figlia della "Cocca".

Un paese con una storia importante che conserva vestigia di grande rilievo.

Un paese rimasto inalterato nel tempo, non ci sono insediamenti nuovi, potrebbe essere il set di film d'epoca perché  anche le case, le facciate conservano la patina del tempo.Un paese che è  ancora comunità.  

Ricordate il tubo di refrigerazione della nuova pista .....
. . . come minimo si risponde due volte altrimenti .....
. . . siamo a M@ sterchief. Sono anni che giri/ ate .....
. . . Velardi arriva buon ultimo.
Il primo fu il .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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di Micol Fiammini, Il Foglio, 17 apr. 2025
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Che tempo che fa - di Michele Serra
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di Fernando Bezi
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Mazzarri e Boggi (Lista Boggi Sindaco)
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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di Angela Baldoni
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Rosanna Betti
per Fiab Pisa
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Cena per la Liberazione 24 aprile
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Assemblea soci Coop.
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Cascina, 27 aprile
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CNA AREA VALDERA
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Qualcuno mi sa dire perche' rincoglionire
viene considerato un inevitabile passaggio
alla fine del faticoso viaggio
vissuto da tutti con coraggio?
Il .....
ad oggi la situazione è peggiorata
ora anche tir, pulman turistici , trattori, camion con cassoni per massi,
etc. . E ad alta velocita,
inquinamento .....
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La fienagione

22/6/2014 - 21:50





Nonostante il proverbio dica: “giugno, la falce in pugno”, i lavori della fienagione iniziano già verso i primi giorni di maggio quando l'erba è alta.
In tempi lontani, quando il lavoro era tutto manuale, il taglio dei prati non molto distanti dal paese permetteva un trasferimento quotidiano dei contadini dall'abitazione al fondo da tagliare ed il ritorno a casa per il pranzo. Il lavoro iniziava la mattina presto per evitare le ore centrali della giornata. Al taglio dell'erba si dedicavano uomini e donne e, come riferiscono in molti, non c'era una rigorosa divisione dei compiti, anche se l'uso della falce era soprattutto maschile, mentre alle donne toccava soprattutto rastrellare.
Alla mattina, prima di iniziare il lavoro, la lama doveva essere battuta. Battere la falce o la frullana era compito soprattutto maschile. Gli strumenti necessari erano un incudine e un martello. Erano usati due tipi d'incudine: una da fissare nel legno e l'altra detta da terra. La prima, costituita da un ceppo piuttosto corto con testa a spigolo, era usata infissa in un ciocco o nella trave del fienile; la seconda, con ceppo allungato e testa anch’essa a spigolo, era conficcata in terra ed era munita nella parte centrale di due o più bande di ferro, avvolte a spirale, per impedire all'attrezzo di sprofondare nel terreno. In entrambi i tipi, il martello, usato per ribattere la lama, era a manico corto e massello piatto. Al momento di conficcare l'incudine, veniva usato un mazzuolo di legno affinché lo spigolo non si rovinasse.
Il sistema più diffuso per l'affilatura consisteva prima nel separare la lama dal manico della falce per comodità nell’operazione. La lama appoggiata allo spigolo dell'incudine veniva ribattuta leggermente fino ad ottenere la giusta filatura.
Il taglio dell'erba era eseguito con una falce munita di lama arcuata larga a destra e a punta verso sinistra. Solitamente la lama era applicata al manico tramite un codolo, fissato ad esso con una ghiera o un cuneo di legno. Il tipo d'immanicatura presentava due impugnature, una posta verso l'alto e una a metà dell'altezza, inserite direttamente nel manico e piegate verso sinistra.
Al momento di recarsi sul prato e procedere con il taglio, veniva legato alla cintura dei pantaloni il porta cote e la cote.
Un tipo antico di porta cote era in legno munito di gancio; altro tipo assai diffuso era ricavato da un corno di bue. Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale si diffuse un porta cote costituito da un fodero in latta di forma affusolata. Se i primi due tipi venivano fabbricati in loco o direttamente dai contadini, il secondo veniva acquistato ai mercati o da venditori ambulanti.
Per il taglio l'inizio dei lavori era di mattina presto, in modo che l'erba tagliata potesse asciugarsi al sole nelle ore centrali della giornata. L'erba era quindi posta al sole e sparpagliata sul terreno con le mani o più raramente con i rastrelli o le forche. Il rastrello utilizzato era completamente in legno con un lungo manico, a sezione circolare, inserito in un'apertura del regolo, pure questo di legno, denti compresi.
 
Dopo alcune ore l'erba veniva rivoltata e lasciata al sole fino a completa essiccazione. Il metodo migliore per ottenere una buona essiccazione, ed in poco tempo, era di non spargere il fieno subito, ma lasciarlo essiccare per un po' nelle lunghe andane che si formano con il taglio. Non accadeva certo di raro che piovesse e così il fieno bagnato veniva raccolto in più mucchietti e lasciato nei prati durante la notte. Alla mattina veniva nuovamente distribuito sul prato. Dopo aver raccolto la maggior parte del fieno, il prato veniva nuovamente rastrellato perché non andasse perduta la più piccola quantità di foraggio.
I grandi possedimenti di San Rossore venivano dati all’asta a mercanti di fieno che usavano gente del posto per la fienagione.
I segantini arrivavano anche da paesi distanti con la bicicletta e lo sportino e non certo con una grande riserva di acqua per poter dissetarsi nella lunga giornata.
Quello che faceva più paura non erano i chilometri da pedalare e il sole da sopportare, ma patire la grande sete.

 

Folgóre da San Gimignano presenta il mese con il suo "mese":


Di Giugno


Di giugno dovvi una montagnetta
coverta di bellissimi arbuscelli,
con trenta ville e dodici castelli
che sieno intorno ad una cittadetta,
 
ch'abbia nel mezzo una sua fontanetta;
e faccia mille rami e fiumicelli,
ferendo per giardini e praticelli
e rifrescando la minuta erbetta.
 
Aranci e cedri, dattili e lumíe
e tutte l'altre frutte savorose
impergolate sieno per le vie;
 
e le genti vi sien tutte amorose,
e faccianvisi tante cortesie
ch'a tutto 'l mondo sieno grazïose.
 
a cui fa seguito un’altra poesia, scritta dopo 560 anni dall'altra, di una poetessa ora, Emily Dickinson con:


FRAMMENTO 333


L'erba ha poco da fare,
sfera d'umile verde,
per allevare farfalle
e trastullare api.
Muoversi tutto il giorno
a melodie di brezza,
tenere in grembo il sole
ed inchinarsi a tutto.
Infilare rugiada
la notte come perle,
e farsi così bella
da offuscare duchesse.
Quando muore, svanire
in odori divini
come dormienti spezie
e amuleti di pino.
Ed abitando nei granai sovrani
i suoi giorni trascorrere nel sogno.
L'erba ha poco da fare
ed io vorrei esser fieno!

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