Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
BECIO
Lett: LOMBRICO. [Verme di terra, cilindrico, privo di piedi e di occhi].
Vive sotto terra nei luoghi umidi e viene utilizzato per realizzare la mazzacchera (vedi), detta anche imbeciata, sistema usato per la pesca delle anguille.
I vermi vengono infilati tramite uno stecchino (di solito uno stelo di granata di saggina in cui viene praticata una fessura come una cruna), su un filo di refe [filo torto di lino o di canape], molto resistente (filo da imbeciata) e poi raccolti a matassa e calati nell’acqua. L’anguilla morde i vermi e rimane tenacemente attaccata ad essi fino a quando viene estratta dall’acqua e fatta cadere su un recipiente (il fondo della barca o un ombrello aperto e rovesciato, appositamente preparato).
Il periodo migliore di pesca con la mazzacchera è il momento della torba, cioè quando il fiume, dopo le piogge, porta acqua torbida perché mescolata con sabbia e terra.
BELLIO
Lett: OMBELICO.
Anche bellioro, nome dato all’ombelico, cicatrice rotondeggiante posta nel mezzo dell’addome di tutti i mammiferi.
BELLORA
Lett: DONNOLA. [Piccolo mammifero carnivoro, agilissimo con mantello superiormente rossiccio e inferiormente bianco]. [Se pur presente etimologicamente il termine bele col significato di martora, la derivazione non può prescindere da bello che anche in altri popoli è stato utilizzato per indicare la donnola come il danese kjonne (bella) e il bavarese schoenthierlein, (animaletto o cosetta bella)].
E’ presente in tutta Europa e cibandosi, oltre che di topi, di conigli e galline è nemico implacabile di tutti i contadini.
BERBERARE
Lett: VERBERARE. [Percuotere, battere (arcaico)].
Verbo di probabile origine latina con cambiamento della sillaba iniziale.
Il cambio solo di alcune lettere della parola originale è un usanza che si riscontra di frequente in molti dialetti (es. bacio che diventa vaso in napoletano), e serve a rendere la parola più facile da pronunciare, più conforme alla fonetica del luogo.
BERETTA
Lett: BERRETTA o BERETTA. [Copertura del capo, in varie fogge].
In dialetto non era semplicemente il nome di un copricapo.
“Fare la beretta” significava anche, di solito alla fine di una lunga giornata di vendemmia, quando il lavoro era finito ed i giovani avevano voglia di scherzare, mescolare un po’ di mosto con la terra e
con questa mistura imbrattare il capo di qualche malcapitato. Molto spesso erano donne o ragazze ed era un modo per terminare, sorridendo, un’intensa giornata di lavoro.
“Stasera ti tocca la beretta”, “ a chi si fa la beretta stasera?” erano frasi che cominciavano a circolare dalla mattina ed era un modo per rendere meno gravoso il lavoro della giornata.
BER MI’
Lett: [Bel mio].
In italiano si può assimilare a “mio bel” possedendo però un maggior valore espressivo.
Indica fondamentalmente un rimpianto, l’amarezza di una perdita, una speranza non realizzata, un’illusione caduta.
Unita ad un nome proprio: “Ber mi’Otello….” è in grado di esprimere tutto questo senza bisogno di altre aggiunte, magari associandolo ad un piccolo scuotimento della testa, come di diniego.
Più volgare è l’espressione “ber mi brodo” con un significato però meno offensivo di quanto la frase faccia intendere, mantenendo una sorta di comprensione e partecipazione alla vicenda.
BETTIBELLO
Lett: BERTUELLO. BERTOVELLO. BERTABELLO. [Rete da pesca con cerchi concentrici].
I cerchi sono di grandezza decrescente, dal primo, il più grande dove è l’entrata, all’ultimo dove si raccoglie il pesce. Vengono posti lungo la sponda dei corsi d’acqua vicino alla foce, dove l’acqua è salmastra, e fermati con due canne infisse nella melma. Di solito sono utilizzati per la pesca delle anguille che strisciando entrano nella bocca larga del bettibello, scorrono fino in fondo e si raccolgono nell’ultima parte che è conformata in modo da intrappolare il pesce e non farlo più uscire. I pescatori li posano o mettono alla sera e vanno a levarli la mattina molto presto, raccogliendo il pesce nella barca.
Un altro sistema, molto più antico, per la pesca delle anguille, è quello che utilizza le fascine.
Le fascine sono fascetti di legno di piccola taglia, spesso formati dai residui della potatura delle viti, uniti saldamente e gettati nell’acqua legati con un robusto filo di ferro. Le anguille si vanno a nascondere fra questi rametti e vengono tratte lentamente in superficie insieme alla fascina. Questa viene scossa sul fondo della barca e lascia cadere sui paglioli le preziose prede.
Paglioli si chiamano quelle tavole che vengono appoggiate sui matili della barca (i legni portanti della struttura) per renderne piatto il fondo.
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Rino e la Giosi, qualche anno fa.