Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Il ritorno dall’isola non è stato dei più facili, c’era un forte maestrale e la nave ballava. Ma questa volta il mio compagno “viaggiatore” (compagno chi? Direbbe rabbuiandosi) non avrà come al solito i miei mille malumori perché il viaggio mi ha portato “nuove emozioni”. Più di ogni altra volta l’isola ci ha riservato non solo il mare e le spiagge, i profumi e il vento ma soprattutto “la bellezza”. Il senso più profondo dell’appropriarsi con curiosità ed emozione della vita interiore di un “popolo”. L’Oristanese, il Sinis, è ancora un posto a misura d’uomo, il turismo è ecocompatibile con la natura. Mari Ermi è una spiaggia tutelata con il paesaggio retrostante intatto e protetto. Un parco come il nostro. Al ristoro Mare e Sole (con il tetto rigorosamente di falasco) non ci sono luci notturne elettriche e il cielo appare come un ricamo di stelle. Il proprietario è un sardo schivo ed orgoglioso. Insieme al pesce fresco ti serve “cultura”. “Vai al villaggio di San Salvatore dove c’è il pozzo sacro che lei mi ha chiesto di vedere (non magico, mi corregge severo) e molto altro”. E lì, in un posto incantato, pieno di piccole cose, c’è una chiesa paleocristiana che contiene il mio pozzo “sacro”, l’acqua come elemento di vita, di fertilità. Gianni , il custode, ci spiega con fervore che il paese non è un centro di ritorno “alle origini” perse di emigrati, come stupidamente io pensavo. Al contrario è un luogo al centro di una ritualità sacrale, la festa di S. Giovanni. Tutti gli abitanti di Cabras, all’inizio di settembre, partecipano per 9 giorni alla “religiosità” della festa, quelli che le possiedono, tornano a queste domenigliddas (piccole cose). Il culmine è “se curse”. La “corsa degli scalzi”, in cui i partecipanti corrono con l’”abidu bianco” della ritualità per 8 km portando i loro simboli religiosi. E’ una corsa di “comunità”, con i valori di quella comunità. Ha una forza che non è solo religiosa, è ancestrale, con un rimando pagano. Il contatto dei piedi con la Madre Terra, il battito del cuore all’unisono con quello degli altri, rappresenta il culto della vita, il ringraziarla per l’appartenenza che ha dato loro nello “stare assieme”. Ma i libri?
Michela Murgia, cabradese celebre, con “Viaggio in Sardegna” (di Accabadora vi ho già parlato) da cui ho alimentato la mia curiosità ed in seguito una profonda passione per le antiche tradizioni, magiche testimonianze di una cultura “altra”, come quella sarda. (Ecco l’isola!) Soprattutto mi hanno affascinato le figure femminili, misteriose, forti, visionarie. E per l’ultimo e delizioso “L’incontro” piccolo racconto di grande spessore, sulla nostalgia di un passato prossimo, gli anni 80, tempo autobiografico della scrittrice, così come il paese in cui avviene la storia, Cabras.
Il protagonista è Maurizio, che in quegli anni vive la sua formazione affettiva e “comunitaria” in quello che è il “paese”, in cui il “noi” predomina sull’”io” e il “si è giocato insieme” si traduce in un legame importante, che supera persino quello del sangue. Chissà perché mi ricorda un paese che non c’è più, quello della “veglia” la sera fuori dall’uscio di qualcuno, nelle sere estive, del “ci si conosce” (quindi ci si rispetta), della stretta di mano per sancire un accordo. Di (ancora una volta) Migliarino di qua e di là. Come in questo racconto, di due “parrocchie” rivali, in cui in realtà, per noi (sarà un caso questo “noi”?) rappresentava più che altro una “diversità” ideologica. Non ci si mescolava tanto fra ragazzi e qualcuno si trovava in posizione “strana”. “Abitava di là” ma poi era uno di “qua”. Per chi come me ha forte il senso di “parte”, da vera toscana, qualche volta uno spiritello infuocato, assolutamente non corretto, mi fa ancora pensare “Per forza, è di “là”.
Un ringraziamento a Gianni, che con un grande sorriso mi ha detto che la storia che ha narrato Michela Murgia, sua amica, è vera.
Chissà chi era Maurizio……