Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
BIACCO
Lett:BIACCO. [Serpente o biscia, comune, non velenosa, di colore biancastro].
Veniva chiamato biacco ogni tipo di serpente terrestre, qualunque aspetto e dimensione avesse, che non fosse la vipera. Era un modo semplice per indicare la mancata pericolosità del rettile, una netta distinzione dall’unico vero animale pericoloso dei nostri boschi.
La vipera, con le due sue specie aspis e berus vive comunemente sulle colline della Garfagnana, in luoghi sassosi e assolati più adatti alle sue abitudini alimentari e alla sua vita riproduttiva. Capita però che durante le piene del Serchio alcuni esemplari possano rimanere intrappolati nella vegetazione che il fiume trasporta fino al mare, esemplari che possono insediarsi nei nostri boschi e qui sopravvivere e riprodursi, pur non essendo nel loro habitat naturale.
C’era il timore diffuso, specie nelle donne, che il biacco si attorcigliasse intorno alle gambe e frustasse con la coda.
“O se poi c’è un biacco!!” era un modo di dire comune rifiutando di andare in un posto con erba alta, o comunque incolto.
BIANCHINI
Lett: n.c.
Era un eufemismo con cui si voleva indicare il letto, le lenzuola.
Andare dal Bianchini voleva dire andare a letto, nelle bianche lenzuola.
Bianchini (Atos) era anche il cognome del gestore che ha condotto la Casa del Popolo di Migliarino per una decina d’anni, dal ‘67 al ’77 circa, e che si occupava anche della proiezione delle pellicole a rullo per il cinema.
Il cinema ha rappresentato, in quegli anni, il maggior contenitore di informazioni e di cultura per le popolazioni. Molti cittadini, specie se abitanti nelle campagne, erano ancora parzialmente o completamente analfabeti ed i mezzi di informazione non diffusi ancora in maniera capillare. Per questi il cinema, tramite le sue rubriche di informazione che anticipavano la proiezione, come la famosa Settimana Incom o i servizi dell’Istituto Luce, rappresentava ancora la fonte prevalente di notizie su un mondo che spesso terminava alla fine del proprio paese.
L’importanza di questi notiziari era ben nota ai governi nazionali e spesso venivano utilizzati per fare propaganda politica in favore della propria fazione, o di appoggio alle proprie azioni di governo.
Il cinema comunque aveva un grande fascino ed era anche l’unica occasione di svago e di cultura presente nel luogo dove si viveva, a portata di mano, o comunque di bicicletta.
Oltre il Cinema Teatro del Popolo a Migliarino esisteva anche un altro cinema, quello “dal prete” o “dalle suore” sul viale dei Pini. Era gestito dal Bianchi Alvaro e faceva una normale programmazione cinematografica. La sala era più piccola di quella del Teatro ma sufficiente per un pubblico ridotto, costituito quasi esclusivamente da paesani. In quel cinema partecipai alla prima proiezione in paese del film "Per un pugno di dollari", con la regia di uno sconosciuto Bob Robertson, non ancora diventato Sergio Leone, prima che la pellicola diventasse un cult mondiale. Questo perché i registi italiani, pur famosi in tutto il mondo come massimi esponenti del neorealismo, non erano considerati adatti al genere western ed erano costretti ad utilizzare pseudonimi o nomi falsi, pur di avere un po’ di mercato.
Prima della sala, in fondo ad uno stretto corridoio, c’era un piccolo spaccio, una botteguccia dove si vendevano seme, noccioline, rigolizia ed altri dolciumi e che era gestito dalla Riesa, la mamma del Bughigo, Corucci Brunetto, un amico purtroppo scomparso in giovane età. Il fiduciario che si occupava della biglietteria si chiamava Borghi ed era un individuo magro, emaciato, misterioso che vestiva sempre di nero e non parlava mai. Incuteva anche un po’ di timore e qualche volta i ragazzi più grandi lo seguivano quando tornava a casa in bicicletta. Gli andavano dietro a corsa, in completo silenzio, nell’oscurità e lui li scacciava, inutilmente. Talvolta lo seguivano fino alla sua abitazione. Abitava accanto al Magli Lino, vicino alla bottega. Anche la casa era misteriosa, tutta circondata da una fitta siepe che non faceva scorgere niente all’interno.
Paolo del Magli racconta che nel giardino vi erano delle belle piante di melograno che ogni tanto i ragazzi andavano furtivamente a raccogliere, scavalcando la recinzione. Il Borghi pare avesse due figlie: una maggiore divenuta suora ed una minore che i ragazzi avevano scherzosamente soprannominato “la vergine”, forse a causa di una non eccezionale bellezza.
Aneddoto1
Il Bianchini raccontava che subito dopo la guerra molte pellicole arrivavano con dei pezzi mancanti, talvolta proprio nella parte finale. Quando la pellicola era terminata in sala si accendevano tutte le luci ma la gente rimaneva seduta, aspettando pazientemente la ripresa della proiezione.
Atos allora si sporgeva dal buco della cabina e gridava alla platea in attesa: “E’ finita!!”
Aneddoto2
Talvolta Atos veniva sostituito alla macchina da Osasco Canarini.
Alla ennesima rottura della pellicola, fenomeno non infrequente in quegli anni, il Duce (Loris L.) salì su una sedia al centro della sala, alzò le mani e fece segno di fare silenzio:
“Scusateci signori-disse- ma abbiamo un operatore poco pratico!”.
Dalla buca della cabina si levò un grido: “Vienci te, ….o ‘mbecille!”
BIGA
Lett: nc.
Le molte definizioni italiane del termine non coincidono con il significato dialettale di biga : un grosso cumulo di fieno, o di messi di grano legate e pronte per la trebbiatura.
BIGONGIA
Lett: BIGONCIA.
Sostituzione di una consonante, g al posto di c, per indicare il recipiente di legno a doghe, senza coperchio, che viene usato per raccogliere l’uva durante la vendemmia.
FOTO: Bar Cacciatori