Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Quest’anno l’estate non è arrivata, forse non ce la possiamo permettere, si sa 4 stagioni sono tante, magari ne è stata tagliata intanto una. Ma nonostante che il sole ci abbia fatto tribolare ci sono state regalate un po’ di cose per distrarci, e uso questa parola non a caso. Ci siamo goduti ampi articoli e dissertazioni sul primo topless di una ministra, sul bikini della Ministra Boschi, con relativa foto anche del lato B per la gioia di uomini e donne, che hanno potuto godere rispettivamente o di un bel vedere o di un ridimensionamento di quel vedere, insomma tutto sommato sbirciando per benino si vedono dei difetti e questo ci consola? Ci si è messa pure la Pausini, complice un accappatoio birichino che ha lasciato intravedere che era senza mutande, ma bene ha fatto la cantante a rispondere con ironia che ce l’ha uguale a quella di tutte le altre donne.Ma il culmine della distrazione lo abbiamo avuto con la moda virale della doccia ghiacciata, della secchiata autoinflitta. Si chiama Ice Bucket Challenge che significa letteralmente sfida della doccia ghiacciata, una sfida pro SLA arrivata dritta dritta dall’America in pochi giorni ha scatenato un vero e proprio virus, da Adriano Celentano a Fiorello, per arrivare anche a Matteo Renzi tutti a farsi la secchiata e a farsi filmare e rilanciare il filmato sui social, il tutto farcito da un mare di polemiche, e dal solito schieramento tra favorevoli e contrari.
Leggo che a conti fatti, da fine luglio ad oggi sono stati raccolti dalla sola ALS Association circa 31,5 milioni di dollari, numero che include sia donatori abituali che nuovi benefattori. Il denaro raccolto l'anno scorso dall'associazione arrivava a 1,9 milioni di dollari, ma in Italia i soldi stanno arrivando a rilento e non solo quelli.
In Italia mancano investimenti per la ricerca e stanziamenti per l'assistenza per i malati di SLA, per le loro famiglie, e per tutta la non autosufficienza, negli ultimi anni il fondo della non autosufficienza è stato progressivamente decurtato, quasi azzerato e proprio i malati di SLA e le loro famiglie hanno per settimane fatto un presidio di protesta sotto Palazzo Chigi, per la decisione del governo di ridurre i soldi necessari alla loro assistenza e non importa chi fosse l'inquilino del Palazzo, certe cose sembrano essere trasversali, purtroppo.
Grazie a questo fenomeno del secchio gelato la speranza è che "ci sia più attenzione, che le multinazionali farmaceutiche si decidano ad investire, anziché pensare che non vi sia una cura. Che la politica si svegli", scrive un giornalista, che è già tardi aggiungo io.
Serve che chi può, faccia e scelga. Servono interventi economici e investimenti, servono strutture e programmi, servono misure che stiano aldilà e al di fuori di un giochino che esalta il narcisismo già sfrenato dei nostri tempi.
Perché c’è chi le “docce fredde” se le fa per gioco e chi le docce fredde le subisce e non per gioco.
Questo fenomeno della doccia è una ulteriore dimostrazione che ci domina il mondo dell’apparenza, che c’è un palcoscenico a cielo aperto, o riesci a salire lì sopra o sei trasparente.
Un palcoscenico che travolge qualsiasi cosa, uno spettacolo 24h su 24, mordi e fuggi, perché le notizie, le storie sono un flusso continuo. Bisogna raccontare tutto, indagare qualsiasi aspetto della vita e di quel che accade, è il dovere di cronaca che ci viene imposto senza troppi indugi.
E allora come non ricordare la cronaca di questi giorni, il padre che accoltella la figlia, il microfono e la telecamera che non si staccano neanche un momento dalla faccia della madre dell’assassino, lei racconta, piange e la telecamera lì, non si muove.
La telecamera non si muove dal suo primo piano, il dovere di cronaca impone a tutto il mondo lo spettacolo del dolore, uno spettacolo che però non produce vicinanza, solidarietà, maggiore umanità, al contrario tanta esposizione ci rende piano piano anestetizzati emozionalmente, una sorta di difesa che si attiva, aiutati dal flusso continuo di immagini e messaggi diversi e contrastanti.
Queste settimane sono state dure da mandare giù con i racconti di guerra, siamo stati invasi dalle immagini di guerra, culminate dal video della decapitazione del giornalista americano.
Ci è davvero utile e indispensabile un'informazione così? Io che sono adulta, per alcune notti ho sognato quelle scene...E un bambino? con quali strumenti elabora queste notizie e immagini così forti un bambino o un adolescente. Infatti una mia amica mi racconta la sua preoccupazione di spiegare alla figlia dodicenne, che ha sentito la notizia al Tg, come sia stato possibile che quei padri raccontati come così normali e pacifici, ad un certo punto abbiano potuto trasformarsi in mostri. Chissà come si fa? Speriamo non costruendo false responsabilità e capri espiatori, non ne abbiamo bisogno.
Qual è l’utilità di mostrare le immagini di morte in prime time?
A cosa serve, chiediamoci. Scopo dell’informazione è informare i telespettatori... l’obiettivo di un telegiornale potrebbe essere anche quello di sensibilizzare il pubblico a casa su un’emergenza ................................................................................................................................
Allora mostrare la morte vera, in diretta,non serve ad informare, perché per fornire una buona informazione basterebbe un resoconto dettagliato e immagini adeguate, e non serve nemmeno a sensibilizzare un pubblico che è oramai anestetizzato alla violenza...
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Quelle immagini vengono trasmesse senza ragione, nessuno sarebbe in grado di spiegare le ragioni razionali che hanno condotto a trasmetterle. E’ una cattiva abitudine che è partita anni fa con il bisogno di aumentare l’audience e che ora non si giustifica più considerando che c’è una proposta sempre più violenta da parte di tutte le reti, servizio pubblico compreso.
Non è servito dunque ma un effetto quell’immagine l’ha avuto. Ed è deleterio. In alcuni di noi, in particolar modo nei più giovani, quelle immagini violente che attraggono la nostra attenzione, si fissano poi nella mente e ci vengono riproposte in modo ossessivo durante la notte, il giorno dopo, a distanza di giorni, lasciandoci smarriti, impauriti, spesso senza possibilità di elaborazione e profondamente soli.
La morte sbattuta in video senza filtri o elaborazioni non è motivata da sete di verità ma da un’incapacità conclamata e da parte di chi l’informazione gestisce, di prendersi la responsabilità di decidere, di valutare, in ultima analisi di scegliere responsabilmente.
Tra scegliere e censurare c’è una profonda differenza ed è la capacità di assumersi la responsabilità morale da parte di chi fa informazione.
Chi ci rimette sono i bambini, le bambine, i giovanissimi che, oramai, penso sia evidente a tutti, sono divenuti la pattumiera di una società egoista a tal punto da negare i diritti dei propri figli. Diritti che prevedono di avere il tempo di maturare prima di essere messi al cospetto di qualcosa, la morte appunto, che se da una parte è grandemente rimossa dai discorsi e dalle riflessioni nella vita di tutti i giorni, dall’altra è mostrata dai media sempre e ovunque senza che ai ragazzini sia mai stato dato alcun tipo di strumento di comprensione.
Che restano soli davanti alle immagini televisive di morte e profondamente soli a provare a dare loro un qualche tipo di senso.
( L. Zanardo)
Ecco non so bene come si sia passati dallo spettacolo, allo spettacolo del dolore e poi a quello dell’orrore.
Bastasse spengere la TV.