Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Passati gli scouts, sopite (ma non troppo) le polemiche, rimane la domanda se il raduno AGESCI sia stato giusto, adeguato, conveniente, rischioso, utile, dannoso, apripista, irripetibile, inutilmente polemico.
Difficile rispondere in maniera corretta, specie se il giudizio è dato per partito preso o per posizione condizionata da fattori esterni. Pressioni politiche, soldi, promesse, le solite cose che mandano avanti il mondo e da un bel po’ di tempo anche la politica.
Perchè la politica dovrebbe essere al di sopra di tutto, valutare con obiettività i dati, i pro e i contro, i vantaggi e gli svantaggi di una iniziativa e dare le giuste indicazioni senza nessun condizionamento esterno.
Purtroppo non è così. Non lo dico io, sarebbe un giudizio personale facilmente confutabile, lo si vede nei fatti.
Anche le ristrettezze economiche in cui versano oramai tutte le amministrazioni spesso impediscono quella obiettività che sarebbe indispensabile per valutare e amministrare bene, specie in settori delicati come in questo caso quello dell’Ambiente.
Facciamo comunque un passo indietro e immaginiamoci quando i responsabili dell'Agesci si sono recati dal presidente Rossi per chiedergli di fare il raduno in S.Rossore. Penso che Rossi, che credo persona intelligente e perfettamente a conoscenza del valore dell’area richiesta, abbia fatto loro presente che la zona indicata era troppo delicata dal punto di vista naturalistico per accogliere 35.000 persone in uno spazio così ristretto. Avrà quindi suggerito aree esterne, meno importanti dal punto di vista ambientale ma ugualmente accoglienti e ampiamente sufficienti ad accogliere gli scouts.
Il fatto poi di aver concesso Il viale fra le Cascine sarà sicuramente stato il risultato di una trattativa, di cui però non siamo al corrente e quindi non possiamo dare un giudizio. Ma almeno una domanda ci sia concessa: per tre dromedari e una sistematina alle lame?
Fonti esterne (affidabili) ci fanno fare dei conti.
Gli scouts hanno pagato ciascuno la cifra di 150 euro, moltiplicati per 35.000 fanno 5 milioni e 250 mila. Pare che una sessantina siano stati spesi per lo studio preliminare di fattibilità e limitazione dei danni, 200 sono andati coma cauzione e un’80ina sembrano siano rimasti al Parco (insieme ai tre dromedari presi in custodia dall’amico Stefano Micheletti) per dare una ripulitina alle Lame.
La cosa non mi convince né dal punto di vista qualitativo né quantitativo.
Per il quantitativo se proprio si doveva fare lì, e non c’erano altre soluzioni, almeno un milioncino l’avrei preteso. Con 80 e tre dromedari al massimo avrei concesso Coltano.
Per il qualitativo la cosa è più difficile perché qui siamo in un campo delicato dove la posizione dipende dal concetto personale che ognuno di noi ha su temi come Natura, Ambiente, Bene Comune.
Per quanto riguarda gli ambientalisti mi è apparso abbastanza puerile l’elenco dei danni subiti dal viale e ridicole le foto allegate: un po’ di gramigna pestata, qualche segno del passaggio di mezzi pesanti, qualche tana di qualche insetto o animale distrutta. Non credo che il danno maggiore al Parco sia quello segnalato dagli ambientalisti, almeno quello dimostrato con il sopralluogo dopo il raduno. Casomai non sappiamo l’effettivo impatto sugli equilibri del Parco degli scarichi di un villaggio di 35.000 persone, delle latrine, dei saponi, dell’acqua di lavaggio e degli scarti alimentari. Ma spero che chi ha organizzato abbia previsto e controllato i possibili danni.
L’ insipienza di questa segnalazione ambientalista sembra fare il paio solo con l’ipocrisia del “decalogo” del Direttore del Parco in cui si poteva leggere, mentre si montava il palco per il concerto da megawat, la raccomandazione agli scouts di parlare sottovoce. Ah, quale estrema sensibilità del nostro Direttore in difesa della Natura! Mi raccomando, parlate piano, gli animali non devono essere disturbati dal vostro chiacchiericcio!
Il danno maggiore del raduno poi non ha niente a che fare con gli scouts (chiamati spesso in causa per errore o anche per astuta ipocrisia), o con la loro fede, il loro impegno, la loro organizzazione. Non sono loro l’obbiettivo delle critiche, non sono gli scouts al centro del dibattito.
Al centro del dibattito c’è il Parco.
Se un Parco cioè debba essere considerato, o meno, un Bene Comune. Al pari cioè del Servizio Sanitario Nazionale, della Scuola, della Previdenza, del Diritto al Lavoro.
Ecco che qui le posizioni divergono, il giudizio sul raduno prende direzioni opposte.
Va fatto, sia pure valutando l’impatto che non può essere negato ma minimizzato, perché i soldi ci servono, perché è l’occasione di una vetrina nazionale, perché viene la Presidente, il Primo Ministro, perché siamo in televisione?
Bene, chi ritiene che questo sia un motivo sufficiente (più entusiasta la destra ma con qualche consenso anche a sinistra) pensa di si. Che in un momento di crisi economica ogni aiuto sia benvenuto, anche dovendo pagare un piccolo prezzo. E poi, specie per la destra, sono bravi ragazzi cattolici, non gli si può negare l’evento.
Chi invece considera il Parco un Bene Comune non può accettarlo. Dal punto di vista culturale.
Il Parco è un bene che produce bellezza e salute e può anche avere un costo per la collettività. Meglio se è organizzato bene e produce beni la cui vendita contribuisce al suo mantenimento, ma non necessariamente deve produrre denaro. Non è il suo compito, non è nato per produrre un profitto, non deve essere utilizzato a scopi diversi da quello di essere un luogo di conservazione e rispetto per la natura.
Un luogo di bellezza, di studio, di scoperta, oltre che di conservazione.
Questo è il vero danno che il raduno Agesci ha provocato, non della gramigna calpestata e di qualche animaletto disturbato, ma quello di avere ospitato un evento “culturalmente illecito”.
Per soldi, forse, per propaganda, per compiacimento personale, per il gusto di essere al centro dell’attenzione nazionale, per andare in televisione.
Per qualunque motivo, sia pure giuridicamente lecito, io credo che il suo utilizzo sia stato sbagliato ed anche se non dovesse comportare né danni all’ambiente né nuove future concessioni il solo averlo fatto una volta non può essere che considerato un errore: un fatto, a mio personale giudizio, “culturalmente illecito”.