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Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative. 

E non c'è da cambiare idea. Dopo aver sostenuto la .....
. . . sul Foglio.
Secondo me hai letto l'intervista .....
L'intervista a Piazza Pulita è di 7 mesi fa, le parole .....
Vedi l'intervista di Matteo Renzi 7 mesi fa da Formigli .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Arabia Saudita
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dalla pagina di Elena Giordano
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storie Vere :Matteo Grimaldi
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Indaco il colore del cielo
non parimenti dipinto
Sparsi qua e là
come ciuffi di velo
strani bioccoli di bambagia
che un delicato pennello
intinto .....
tutta la zona:
piscina ex albergo
tutto in stato di abbandono

zona SAN GIULIANO TERME
vergogna
Le Parole di Ieri
Bocca di Serchio

2/9/2014 - 19:12


BOCCA DI SERCHIO (la storia)
Bocca di Serchio per i migliarinesi non è un luogo ma è “il luogo”per eccellenza che significa il mare, la gioventù, i desideri, le speranze, le lotte, gli amori, l’impegno, le delusioni.
Tutte queste cose insieme rappresenta questo posto magico per chi ha avuto la fortuna di goderlo nel momento in cui era ancora una zona riservata a pochi appassionati frequentatori, di solito migliarinesi o abitanti in qualche paese vicino, non ancora aperta al grande turismo di massa.
Per andare in Bocca bisognava fermarsi alla Catena, il casottino vicino al Circolo ACLI, e farsi fare un permesso scritto dalle guardie del Salviati dal momento che si transitava su una proprietà privata.

In bicicletta, su strade sterrate attraverso grandi viali alberati o angusti passaggi fra la folta macchia di pini, querce, ontani, si arrivava fino al Muraglione e si traghettava in Bocca con la barca di Pattana.                         
Era ancora il tempo delle baracche: pochi pali piantati nella sabbia e circondati da ciuffi di cannella o falasco che veniva tagliato sulla riva di S. Rossore. Baracche primitive, con un tavolo e qualche panca per sedere e mangiare con un minimo di comodità. E’ ancora in quegli anni il luogo idilliaco descritto da Ambrogi nel suo libro “Le svedesi”, vicenda ambientata proprio a Bocca di Serchio nella calda estate del ’57.


Forse è il suo periodo migliore, la dimensione paesana ne fa un oasi di pace e tranquillità. Anche il Serchio con la sua acqua ancora limpida, dove le mamme invitano i bimbi a sciacquarsi dopo un bagno in mare, contribuisce a rendere questo luogo perfetto.
Sono gli anni dello zeppaino, delle granite di Palazzino che porta fino al mare i pesanti blocchi di ghiaccio da grattare con la macchinetta, del bar del Carbognani, dei retoni sul fiume che si riempiono di pesci, dei tentativi di rovesciamento della barca di Pattana fra risate e spaventi, dei buzzoni, dei crognoli pescati con due o tre ami, della cannella che taglia le dita, delle prime straniere, del Carillon e delle prime auto prese in prestito dai babbi compiacenti con le collette per mettere la benzina, delle avventure di Secondo, del Microbo, degli inizi artistici di Goffredo del Canarini, gli anni del Troncolo e della battaglia, perduta, di farlo rimanere un campo di calcio.


Poi la grande svolta.
L’Amministrazione comunale di Vecchiano concorda con la proprietà Salviati lo scambio dell’uso pubblico della strada che conduce al mare, di loro proprietà , con l’edificabilità della parte estrema della pineta al confine della provincia di Lucca, una striscia di bosco a ridosso di Torre del Lago. Siamo intorno agli anni 60 e l’Amministrazione Comunale (un bicolore PCI-PSI) ritiene che lo sviluppo del territorio debba avvenire in chiave turistico-alberghiera, come stava del resto avvenendo in gran parte del territorio nazionale, e dà il suo assenso a questa grande operazione.
 
Viene firmata così quella che prese il nome di Convenzione Comune-Salviati che prevedeva alcuni grandi insediamenti abitativi (tra cui il più disastroso quello della Bufalina, su un territorio di circa 220 ettari di pineta mediterranea), ma anche in altre zone si prevedevano abitazioni, centri commerciali, attrezzature turistiche ecc.
Si pensi solo che nella zona di Bocca di Serchio era prevista la realizzazione di 1500 vani abitativi!


L’Amministrazione, in cambio dell’uso pubblico della strada per l’accesso al mare, inserisce la Convenzione nel Piano Regolatore Generale. Sono gli anni in cui c’è anche un progressivo e rapido peggioramento della situazione ambientale: le acque del Serchio prima scorrono portando al mare branchi sempre più enormi di pesci morti, poi si scuriscono fino a diventare di color marrone scuro cominciando ad emanare un insopportabile odore putrefattivo.

 

In quegli anni si raggiunge, in Italia, il culmine in fatto di inquinamento ambientale. Il rapido sviluppo economico del paese nei primi anni ’60 è avvenuto purtroppo senza la contemporanea crescita di un’adeguata consapevolezza sulla necessità del rispetto dell’ambiente, ed anche senza le necessarie disposizioni legislative a tutela.
La prima legge della Repubblica riguardante la tutela dell’ambiente che impone regole severe sullo smaltimento dei rifiuti e considera reato l’inquinamento ambientale è la numero 615, emanata dal governo Moro il 13 luglio del 1966. L’Italia arrivava comunque in ritardo alla consapevolezza istituzionale che il territorio non è solo un bene da sfruttare ma anche da difendere.

Il 1966 è anche l’anno in cui l’Arno colpisce al cuore Firenze spazzando via non solo secoli di storia ma anche i pregiudizi sui “capelloni” che accorsero a migliaia da ogni parte d’Italia e d’Europa per salvare quello che poteva essere salvato, in quel mare di fango che era la città. Grazzini scriverà sul Corriere “D’ora in avanti nessuno si permetta di insultarli. Sono stati gli angeli “gli angeli del fango”. Poche settimane prima a Torino e Trinità dei Monti erano stati arrestati solo perché portavano i capelli lunghi.


In questa Italia così diversa quelli sono gli anni in cui il profitto, il lavoro ed il benessere si legano strettamente, nella mente di  molti, ad un uso puramente fisico del territorio. Il progresso è rappresentato, anche per molti amministratori locali, dalla presenza di alberghi, di abitazioni civili, di locali di ritrovo, di strutture ricreative con il miraggio di quel turismo di massa, ancora agli albori, che avrebbe portato i posti di lavoro, il denaro ed il benessere fino a quel momento mancati.
 
Nel nostro Comune tutto questo poteva avvenire con un semplice baratto: l’utilizzo di un territorio considerato anche un po’ inutile, o per lo meno estraneo al paese essendo una proprietà privata e quindi poco accessibile, senza preoccuparsi del consumo, se non della distruzione, di un ambiente naturale che avrebbe mal sopportato tutto questo senza perdere in parte o del tutto le sue caratteristiche, la sua unicità. Secondo alcuni era un modo per acquisire alla comunità una zona privata, difficilmente accessibile, un espediente per non far finire “il Comune alla Catena”.


Se possiamo capire lo spirito di chi pensava questo non possiamo non valutare, anche se è facile a posteriori, che un passo in questa direzione avrebbe comportato la perdita di un bene enorme, di cui solo adesso possiamo valutare appieno la portata.
Comunque l’operazione ha inizio e molti lotti di terreno vengono venduti.
E’ una zona di grande pregio: in un bosco di pini centenari e ad un passo da una grande spiaggia incontaminata, in un ambiente selvaggio e unico, non è difficile trovare sia compratori privati che grandi gruppi, che percepiscono da subito l’affare. Prendono inizio anche i lavori per l’asfaltatura della strada per il mare che verrà tracciata e realizzata al di fuori della pineta, su antiche strade poderali non asfaltate, volutamente non rispettando il vecchio tragitto che passava invece vicino alla villa padronale e correva in mezzo alla pineta.


A Migliarino, e in tutto il Comune, cominciano però a circolare voci di dissenso.
Molti cittadini cominciano ad avanzare dubbi sulla bontà dell’accordo, contestando questo tipo di sviluppo che considerano basato su un utilizzo del territorio che avrebbe portato benefici solo ai grandi gruppi, ai grandi costruttori, e che avrebbe portato ad una progressiva disgregazione dell’ambiente naturale con scarsi o nulli vantaggi per gli abitanti del paese e del comune.
C’è da dire che non era facile, in quei tempi, capire l’importanza della salvaguardia dell’ambiente ai fini del suo utilizzo futuro in maniera compatibile. Difficile cioè intuire che il profitto poteva derivare solo dalla capacità che si aveva di mantenere l’ambiente nella sua integrità.


Anche a livello politico c’è grande discussione e nello stesso PCI, partito monolitico per eccellenza, nascono accese discussioni sul diverso modo di interpretare il futuro dell’area.
Erano gli anni in cui si sentivano arrivare, anche in un piccolo paese di provincia come il nostro, gli echi delle prime battaglie ecologiste, dei primi movimenti che chiedevano un maggior rispetto della natura, dell’ambiente, delle prime timide leggi antinquinamento votate dal Parlamento.
Su questa crisi interna del partito di maggioranza si andò alle elezioni comunali del ‘64 che vide il successo, anche a Vecchiano, della coalizione governativa : DC-PSI-PRI. La Convenzione fu inserita nel PRG (Piano Regolatore Generale) ed inviata al Ministero dei Lavori Pubblici per l’approvazione. Competente per l’esame e l’approvazione era la VI° Commissione dei Lavori Pubblici presieduta dall’On Martusciello e di cui faceva parte anche l’On. Lagorio e l’On. Cederna (fratello di Camilla).

 

Sindaco di Vecchiano era Gioiello Orsini, che partecipava spesso alle affollate assemblee che si tenevano al Teatro del Popolo di Migliarino sul problema, a quel tempo veramente pressante, della qualità delle acque del Serchio inquinate dal canale Ozzeri proveniente da Lucca e definito “una fogna a cielo aperto” . Queste acque puzzolenti ammorbavano l’aria estiva con odori sgradevoli ed erano imputate anche di portare forme infettive nella popolazione.
Il paese di Migliarino era quello che più acutamente pagava il prezzo del degrado poiché era quello che più era uso utilizzare il fiume per le proprie attività, sia lavorative che ricreative.


La Commissione, una volta insediata, dette inizio all’iter per l’approvazione del PRG e quindi della Convenzione ma ecco che dall’autocritica del PCI, dal vento nuovo dell’ambientalismo che muoveva i primi passi, ed anche dall’intelligenza e lungimiranza di alcuni cittadini, a Migliarino sorse un Comitato con lo scopo di opporsi all’approvazione della Convenzione.


Il Comitato Iniziativa Parco (C.I.P.)  tenne la sua prima riunione, quasi clandestina, in quella casa in golena, davanti alla Chiesa, futura sede del Club Z69 . Al Comitato aderirono uomini di partito e non, alcuni repubblicani di Vecchiano in disaccordo col partito, i primi ambientalisti, molti giovani entusiasti.
Era il 1969, nel 1970 sarebbero nate le Regioni, ma la competenza era ancora del Ministero dei Lavori Pubblici che avrebbe dovuto decidere in merito.
Presidente del C.I.P fu nominato Fausto Guccinelli, ambientalista convinto e persona qualificata per portare avanti le istanze e la strategia del Comitato.

 

La prima forte iniziativa intrapresa fu quella di dare inizio ad una raccolta di firme per chiedere la bocciatura del P.R.G. e quindi dell’accordo siglato, salvando così la pineta dalla lottizzazione. In banchetti improvvisati nel cuore delle città vicine, Pisa, Lucca, Livorno e Viareggio, in mezzo ai passanti, talvolta con condizioni atmosferiche pesanti (Bruno Baglini ricorda ancora, sorridendo ogni volta lo rammento, quella tramontanina che ci fece compagnia per tutta la mattina in via Grande a Livorno), raccogliemmo in brevissimo tempo ben 12.000 firme e una grandissima soddisfazione. Rimanemmo soprattutto colpiti dall’entusiasmo della gente che veniva a firmare, ci ringraziava, ci sollecitava, ci incoraggiava, voleva lasciare denaro, voleva in qualche modo “partecipare”.

 

Pensavamo di portare al pubblico, alla gente, solo un nostro problema locale, una cosa che premeva magari solo a noi di Migliarino, al massimo agli abitanti del Comune, una cosa che dovevamo spiegare, rispondere a domande sul perché della raccolta, della mobilitazione, ed invece la gente …sapeva!  Era informata e sapeva dei progetti sull’area, aveva notizia della Convenzione e consapevolezza di quello che sarebbe successo, dello scempio che sarebbe avvenuto, se questa fosse stata firmata.


Questa consapevolezza fu una sorpresa per tutti noi e ci fece anche capire che la gente, ancora prima di noi che venivamo dalla provincia, aveva compreso l’importanza dell’ambiente e della sua tutela.


La battaglia per la bocciatura della Convenzione e per l’istituzione, nella totalità dell’area interessata, di un Parco Naturale andò avanti fino a tutto il 1970.
Nel 1970 ci furono nuove elezioni a Vecchiano ed il comune si spaccò esattamente nel mezzo: 10 seggi al PCI e 10 seggi all’opposizione. Nell’impossibilità di trovare un accordo fra le parti per la costituzione di una giunta fu nominato un Commissario Prefettizio con il compito di assicurare l’ordinaria amministrazione in attesa di nuove elezioni.
Intanto la VI° Commissione esaminava il Piano Regolatore che conteneva la Convenzione e prima o poi avrebbe dovuto prendere una decisione.


Le firme con la richiesta della Istituzione del Parco furono portate a Roma alla visione della Commissione e nel contempo furono organizzate anche manifestazioni in favore del suo accoglimento. Furono d’aiuto anche alcuni articoli apparsi sulla stampa, quasi tutti contro la lottizzazione e a favore della costituzione di un Parco Naturale, di cui uno piuttosto importante di Spadolini sul Corriere della Sera.
Pur con il Consiglio Comunale sciolto, e quindi privo di qualsiasi potere amministrativo o decisionale, la VI° Commissione chiese di poterne ascoltare l’opinione.
Questo avvenne in Provincia dove i singoli consiglieri, pur privi di un qualunque potere amministrativo, vennero sentiti separatamente come rappresentatati in ogni caso di una comunità, una prova di grande democrazia e di cui le Istituzioni possono andare fiere.


Nel 1971 il Piano Regolatore del Comune di Vecchiano, con la modifica definita Convenzione Comune-Salviati, fu bocciata.


Il Parco poi fu costituito nel 1979 e la strada di accesso alla Marina, dopo un contenzioso col Comune protrattosi per oltre venti anni, fu confermata di proprietà della famiglia Salviati. Al Comune fu concessa la possibilità dell’acquisto, per una cifra di un miliardo e trecento milioni, ben oltre le possibilità delle finanze comunali. La conferma ed il segno dell’appartenenza della strada ai Salviati si può dedurre dalla messa in opera della sbarra all’inizio della strada del Mare. Con l’apertura, comunque, al pubblico della strada asfaltata per Marina di Vecchiano nei primi anni ’60, l’accesso alla Bocca diventa più facile e lentamente la zona si trasforma.


Il Serchio inizia il suo cammino di degrado che proseguirà per tutti gli anni ‘70, Pattana scompare e il traghetto viene abolito poiché le regole per la sicurezza di un trasporto a mezzo barca sono tali e tante da rendere impossibile una sua sostituzione, le baracche divengono sofisticate, la cannella viene sostituita con il canniccio, i pali sono ormai di castagno ben levigato, compaiono frigo (sic!), cucine, porte chiuse a chiave, proprietà private, barche a motore sempre più potenti, persone sempre più estranee e riservate.
Bocca di Serchio perde così la sua natura incantata e negli anni diventa sempre di più semplicemente un posto di mare.
Arriva il suo periodo peggiore: scafi di tutte le dimensioni e potenze scorazzano per il fiume a grande velocità facendo enormi onde ed enorme baccano, le baracche sulla spiaggia diventano così grandi e numerose che si accavallano una sull’altra, persone provenienti da tutta la Toscana ed anche molti abitanti lungo le rive dei paesi a monte prendono l’usanza di venire al mare via fiume con motoscafi potenti e irrispettosi di sponde ed animali, le rive vengono assalite con la costruzione di porti, porticcioli, baracche, recinti che fanno scempio della vegetazione esistente: è un periodo senza regole che mette a repentaglio la possibilità stessa del libero accesso alla Bocca.

 

Finalmente l’Amministrazione del Parco dopo affollate assemblee pubbliche in cui circola anche l’ipotesi (o la minaccia) di un divieto di accesso alla Bocca, riesce ad imporre almeno delle regole di rispetto per la navigazione nel fiume.


Nel frattempo il Serchio vede migliorare ulteriormente le sue acque ed il luogo ritrova un po’ di tranquillità, pur continuando ad avere un semplice valore di porto e di luogo di mare.


Chi va in Bocca la domenica o i giorni di festa, può godere ancora di una bella spiaggia, di un mare sufficientemente pulito, di un contatto con la natura ancora piuttosto intenso ma chi ama veramente quel luogo, per apprezzarne appieno la bellezza deve arrivarci in periodi morti, fuori dalla folla della stagione estiva, quando si incontrano solo rari pescatori sul Muraglione e poche barche sulla spiaggia. Andando lentamente, con una semplice barca a remi, ci si può rendere conto del fascino del luogo, apprezzare il contatto vero con questa natura incontaminata, e congratularsi con se stessi per essere riusciti a conservarla tale respingendo tutti i tentativi di speculazione di un passato non lontano.
Si riesce anche a capire perché noi, abitanti di Migliarino, vi siamo così profondamente legati.
 
Aneddoto1
Si dice che a Bocca di Serchio, negli anni d’oro, ogni giorno Rava costringesse il Becchino (Giannelli Franco) a traversare a nuoto il fiume e ad andare in bicicletta fino a Malaventre a prendergli “du’ fette di pane con la mortadella… per fa’ merenda!
 
Aneddoto 2 (la vera storia di allora foo!)
Una domenica di luglio del ’52. Manca “il permesso” e il gruppo non può entrare. Arriva il Capoguardia Ferrisi che nega l’accesso. Niente da fare. Il gruppo si allontana e si ode la voce del Tolaini: “allora foo!”.
Il modo di dire, di uso comune a quei tempi, voleva comunicare semplicemente il senso di una grande delusione, di un forte dispiacere.
Dopo alcuni giorni il Maresciallo dei Carabinieri convoca in caserma Rava e gli legge il capo di imputazione che recita: “una banda di scalmanati, capitananti dal più scalmanato di tutti Giuliano Baglini, dopo un’aspra discussione si allontanava minacciando incendi!
 

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