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Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Domenica 7 Luglio mercatino di Antiqua a San Giuliano T
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Ripafratta, 12 luglio
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Bagno degli Americani di Tirrenia
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Molina di Quosa, 8 luglio
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Casciana Terme Lari-Pontedera, 12 luglio-3 agosto
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Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
Per Antonio, di Pierantonio Pardi
Quando Tabucchi mi fece una lezione di narratologia

22/9/2014 - 18:32

Ringraziamo Pierantonio Pardi per questo suo pezzo, scritto per La Voce del Serchio, nell'occasione dei settantuno anni dalla nascita di Antonio Tabucchi.

 

La prima volta che incontrai materialmente Antonio Tabucchi fu in un mese (non ricordo quale) del 1983. Come vecchianesi ci conoscevamo “per sentito dire” ed eravamo legati da un fil rouge molto particolare; sua madre “la Riesa” (come veniva chiamata da tutti in paese) era stata la mia ostetrica, insomma quella che mi aveva fatto nascere in un lontano giugno del 1951.
Ma torniamo a quella prima volta. Avevo appena terminato di scrivere il mio primo romanzo “Bailamme” e non vedevo l’ora di farlo leggere ad Antonio per avere un parere da lui e magari una “spintarella” verso qualche Editore, quindi mi feci coraggio e gli telefonai.
Bastarono pochi indizi anagrafici: Sono Pierantonio, nipote della Giorgina, l’amica della tua mamma etc… che lui, riconoscendomi (anche se non ci eravamo mai visti), mi fissò un appuntamento.
 
Tre giorni dopo, con il mio bravo dattiloscritto sotto il braccio, suonai alla porta di casa sua.
Mi aprì quasi subito e mi venne incontro abbracciandomi in modo molto caloroso come fossimo due vecchi amici che si ritrovano dopo molti anni.
Lì per lì rimasi stupito, poi si chiarì l’equivoco. In realtà mi aveva scambiato per Walter Siti, un suo collega dell’Università, docente di Letteratura Italiana con cui avevo in comune un folto paio di baffi.
Insomma… Piccoli equivoci senza importanza.
 
Chiarito il tutto e smaltito l’iniziale imbarazzo, Antonio mi fece accomodare nel salotto di casa proponendomi da bere the o whiskey. Optai per il secondo e lui mi seguì nella scelta. Poi gli esposi i contenuti del romanzo, le suggestioni che me lo avevano ispirato, in particolare quelle del “gruppo 63” e notai che lui mi ascoltava con un divertito scetticismo.
Dopo un po’ mi disse che l’avrebbe letto e mi avrebbe ricontattato.
 
Un mese dopo mi telefonò e fissammo un nuovo appuntamento.
Non dimenticherò mai quello che mi disse in quell’occasione e anzi provo a trascriverlo: “Pierantonio, tu hai una straordinaria abilità linguistica, sei un giocoliere e sai di esserlo, ma somigli a quei calciatori che, dopo infiniti dribling, non passano mai la palla e finiscono per perderla. Nel tuo romanzo manca la sostanza, c’è solo la forma. Devi riscriverlo lavorando di più sui personaggi, descrivendo gli spazi, dilatando i tempi della narrazione….”.
 
In breve, mi elargì una fondamentale lezione di narratologia e mi promise che avrebbe volentieri rivisto il tutto dopo i miei interventi.
Ed io? Io, idiota e narcisista, in preda all’orgasmo ebefrenico di voler pubblicare a tutti i costi e in fretta la mia prima “fatica letteraria” non seguii i suoi consigli e pubblicai il libro con la prefazione di Walter Siti (quasi una sorta di beffarda circolarità).
Ho capito dopo che Antonio aveva ragione, che quel libro, al di là di una ristretta cerchia di lettori, non aveva un futuro ed era destinato come tanti altri libri “sperimentali” che circolavano in quegli anni a cadere nell’oblio.
 
Però ho continuato a scrivere e nel 2005 inviai ad Antonio una copia  del mio romanzo “Graaande… prof.”. Pensavo che non mi avrebbe mai risposto e invece una sera, sul tardi, mi telefonò e mi disse che il romanzo gli era piaciuto e molto; si ricordò di quella volta a Vecchiano e mi disse soltanto se avevo ancora i baffi.
Negli anni, poi, ho avuto modo di vedere Antonio in altre occasioni e di inviargli la tesi di laurea che mia figlia Rebecca ha scritto su Piazza d’Italia e Il piccolo naviglio.
Glielo anticipai a Pisa, quando venne a presentare Il tempo invecchia in fretta alla Feltrinelli e mi rispose che mi avrebbe scritto dopo averla letta… Ma il tempo, purtroppo, è invecchiato troppo in fretta.

 

Pierantonio Pardi

Settembre 2014
 

Fonte: Pierantonio Pardi
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