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Oggi è deceduto Oliviero Toscani.
Era ricoverato presso l'ospedale di Cecina per l'aggravarsi della sua malattia, l'amiloidosi, malattia rara e incurabile.Rimane la sua opera rivoluzionaria nel mondo della fotografia.
Lo ricordiamo con le parole di Paola Gavia, che ha avuto il privilegio di conoscerlo e di essere fotografata da lui per una campagna mondiale

. . . avevo risposto al tuo " apprezzamento" poi ho .....
da uno che evidentemente si considera un Pico della .....
. . . l'ultima volta che parlai con il renziano Massimo .....
La nuova vita di Luigi Di Maio continua con una conferma .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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di - Maestra Antonella
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Arabia Saudita
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dalla pagina di Elena Giordano
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Il cielo è quasi sempre imbronciato
di pessimo o di cattivo umore
e nel suo tenace perdurare
appiccica addosso il malumore
Grondano i tetti, gli .....
tutta la zona:
piscina ex albergo
tutto in stato di abbandono

zona SAN GIULIANO TERME
vergogna
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Ostrache, Cee e Nicchi

9/11/2014 - 8:54



Fra i prodotti del mare molto ambiti a Viareggio vi erano le cozze, volgarmente chiamate “muscoli”, ma definite nei documenti ufficiali “ostrache”, e le anguille cieche, dette “cee” o “cieoline”. Per entrambi i prodotti c’era il tassativo divieto di pesca e di raccolta, emanato il 23 febbraio 1633 e rinnovato nell’agosto  del 1732.
 Si vietava la raccolta delle ostriche perché staccarle dai moli, voleva dire danneggiare la scogliera (sic). Recitava il bando:


“L’Eccellentissimo Consiglio(...) ha proibito a ciascheduna persona di qualsivoglia stato, grado, sesso, e condizione si sia, il potere smuovere in qualsivoglia modo per pigliare ostrache, né per qualsivoglia altra causa, o sotto qualsivoglia pretesto, o quesito smuovere i sassi tanto da scogliera, quanto i minuti, che sono messi o per l’avvenire si metteranno alli muri, e palizzate della foce di Viareggio (...) sotto pena alli contraffacenti di scudi venticinque per ciascheduno”. (ASL, Maona)


Per le anguille “cee” il divieto aveva origine diversa: la pesca per essere fruttuosa doveva avvenire lungo le sponde della fossa Burlamacca, in prossimità della foce. In questo modo si diminuiva il guadagno del proventuale della pesca, e di riflesso quello dell’Offizio. Il bando dal 6 giugno 1744 viene rinnovato dagli Anziani l’8 febbraio 1748 (l’Offizio è in vacanza):


“Qualsivoglia persona di qualsivoglia sorta o condizione  si sia che  in avvenire  ardisca in  alcun modo pescare, o far pescare nella fossa Burlamacca, cha va in mare, né dal mare di là dal ponte,  né di giorno, né di notte anguille cieche, né di altre pesche, né pescarvi in qualsivoglia  maniera né tirare con archibugio a pesci in detta fossa, e ciò sotto pena  di scudi 3”. (ASL, Maona)


Non sempre però tutto andava per il verso giusto e all’inizio del 1760 (13 gennaio, ASL, Conservatori di Sanità) il Capitano di Viareggio avvertiva gli Anziani, in mancanza dei Conservatori, dei tumulti provocati dai viareggini par protestare contro il divieto. Il bando venne ugualmente rinnovato, ma la pesca  della “cea” aveva carattere troppo popolare, e nessuno, a rischio di gravi penali, intendeva rinunciarvi. Si scelse allora una linea più morbida e l’Offizio, su richiesta dal proventuale, decise il 23 novembre 1765 che fosse lecito a tutti “di poter liberamente pescare nella fossa Burlamacca le anguille dette ciecoline con gli stacci e non altrimenti, con condizione però, che ciascheduna persona, sì uomo, che donna, che pescare vi vorrà, deve avere in stampa la licenza del proventuale della Burlamacca, previo il pagamento per quella di una lira di bolognini dieci allo stesso proventuale”. (ASL, Maona)


Lo staccio citato nel documento non è  altro che un setaccio, cioè un telaio di legno, per lo più tondo, che teneva una strettissima maglia di ferro: con questo strumento si cercava di individuare e raccogliere le anguille che risalivano la fossa verso il lago.
Come avveniva la pesca lo descrive un Anonimo del XVIII secolo:

 

 “Nel mese di novembre principia la pesca delle cieche nella foce di Viareggio, quali sono come piccoli fili, o capelli bianchi colla testa tendente al rossiccio, e queste per la massima parte si smaltiscono in Pisa, i di cui abitanti ne sono molto ghiotti, essendovi un proverbio che accenna le loro quattro più rilevanti passioni, che sono ponte, luminaria, S. Ranieri, e cieche. Detta pesca dura tutto l’inverno, ed anche qualche cosa di più, e in questo tempo la medesima in Arno non si fa, non vedendosene salire per questo fiume se non verso il principio dell’estate; in questa stagione poi suol cessare la pesca delle cieche, a Viareggio, e principiare in Arno verso Pisa, ed anche per qualche tratto più in su e allora si trovano le medesime cieche alquanto più grosse, cioè quanto uno spaghetto, e son chiamate cannaiole, e queste tendono alquanto allo scuro ed hanno l’osso della midolla spinale formato.
In due modi si fa questa pesca, cogli stacci, e colle scope: presenta chiunque verso le sponde uno staccio da farina alla corrente e dalla parte di sotto, cioè dalla parte opposta alla corrente, o sia di verso il mare vengono dal medesimo formate dette cannaiole, quali perciò prendono col ritirare in su detto staccio. Talvolta si trovano i rotoni de’ mulini coperti di questi animaletti, bisogna per altro che l’acqua del fiume sia alquanto torbidiccia per fare questa pesca. Molti mi hanno assicurato di aver gettate alcune di dette cannaiole in pozzi, e averle trovate dopo due, o tre anni diventare anguille grosse”. (ASL, Archivio Arnolfini).


Altro prodotto molto amato erano le arselle, dette “nicchi” nei documenti. Il 23 febbraio 1721 i Conservatori permisero a tali Michele, Silvestro e Giovanni Carli di pescare i nicchi sulla spiaggia, ma solo durante il giorno e nelle zone stabilite dal Capitano Pucci. (ASL, Conservatori di Sanità).
 
 ASL - Archivio di Stato di Lucca
 

Fonte: tratto da "Viareggio, storia di un territorio. Le Marine lucchesi tra il XV e il XIX secolo" di Corrado Benzio, Pacini ed. Pisa 1986
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