Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante.
C’è un luogo speciale: Quattro venti.
Chiunque percorrendo la via Panoramica che da Molina di Quosa si addentra nel monte pisano, passando in silenzio per i luoghi dell’eccidio della Romagna, si accorge già dai primi chilometri che sta andando incontro ad un posto non comune.
E lassù in cima, dalla metà dell’Ottocento, il ristoro “dal Guidotti”, con la pergola e il mondo che pare essersi fermato.
Lì sono sempre andato. Con mio padre a fare scampagnate quando ancora non c’era la strada per le auto; con gli amori giovanili o con i compagni di scuola del tempo. Lì ho fatto il pranzo del matrimonio.
Ci ho portato amici venuti da lontano e stato mille e mille volte con quelli del cuore.
Ci sono andato e ci vado “quando devo parlare con me stesso o quando dovevo prendere decisioni importanti”.
Ogni tanto, arrivo lassù, passeggio un po’ e torno giù.
Bellissimo è il momento, alla fine dell’autunno, quando il colore delle selve di castagni è struggente e l’aria comincia a pungere, annunciando l’inverno.
Voglio bene ai Quattro venti e mi piaceva parlare un tempo con Francone, il capoccia del ristorante, che da un po’ ci ha lasciato.
Lui raccontava storie di Resistenza e di fascisti impauriti.
E di studenti dell’università di Pisa che, mandati lassù a rifocillarsi prima della battaglia di Curtatone e Montanara, battezzarono quel luogo, crocevia fra Pisa e Lucca, Quattro Venti.
E poi di clienti illustri, oggi importanti e un tempo giovani studenti della Normale a Pisa.
Quattro venti è “un luogo dell’anima”. Come il cuore, in alto a sinistra. Come la libertà. Batte il tempo sereno e rassicura.