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Un paese che amo, il paese della mia mamma.Anche ora quando vado a RIPAFRATTA  sono la figlia della "Cocca".

Un paese con una storia importante che conserva vestigia di grande rilievo.

Un paese rimasto inalterato nel tempo, non ci sono insediamenti nuovi, potrebbe essere il set di film d'epoca perché  anche le case, le facciate conservano la patina del tempo.Un paese che è  ancora comunità.  

Ricordate il tubo di refrigerazione della nuova pista .....
. . . come minimo si risponde due volte altrimenti .....
. . . siamo a M@ sterchief. Sono anni che giri/ ate .....
. . . Velardi arriva buon ultimo.
Il primo fu il .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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di Micol Fiammini, Il Foglio, 17 apr. 2025
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per Fiab Pisa
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Cena per la Liberazione 24 aprile
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Assemblea soci Coop.
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Cascina, 27 aprile
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CNA AREA VALDERA
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Qualcuno mi sa dire perche' rincoglionire
viene considerato un inevitabile passaggio
alla fine del faticoso viaggio
vissuto da tutti con coraggio?
Il .....
ad oggi la situazione è peggiorata
ora anche tir, pulman turistici , trattori, camion con cassoni per massi,
etc. . E ad alta velocita,
inquinamento .....
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FILETTOLE: Un popolo e una Pieve

22/11/2014 - 7:43


Don Giorgio Barachini, parroco di Filettole dal 1973 fino alla sua scomparsa nel 1983,  nel 1977 pubblicò, per lo stampatore Mario Martinelli in Lucca, il prezioso libretto “Filettole: un popolo e una pieve”.
…ritornare alle origini di una parrocchia, descrivere le vicende storiche di un popolo, verificare cambiamenti culturali e sociali, è importante per tutti…
Così scriveva l’Arcivescovo Benvenuto Matteucci nella prefazione, parole che anticipano sempre una ricerca e che sono sempre di più vere e calzanti, ovunque  ci sia un lavoro di conoscenza del nostro passato.
Molti sono le sezioni  curiose e/ o storiche come: La Pieve, Filettole, Cose notevoli e Cronaca di ieri da dove proviene il seguente capitoletto su un problema tutto novembrino!


“Le piene del Serchio”
A voler parlare delle piene del Serchio che ricorrenti venivano a devastare le nostre campagne portando la distruzione e la morte, ci vorrebbe più di una pagina perché dovremmo esaminare le cause, descrivere i danni e i rimedi apportati. A noi però interessa la cronaca e in particolare quella di Filettole, ed esaminare da dove venissero tante energie di ripresa in epoche quanto mai lontane dalle nostre dove non uffici, ministeri o organi competenti intervenivano ma solo la volontà tenace degli uomini che difendevano dalla furia degli elementi la sopravvivenza sulla propria terra.
Ecco come descrive Ranieri Sardo nella sua cronaca una alluvione nella nostra zona, stranamente provocata da una piena dell’Arno.


...<< in del 1336 si mosse l’acqua d’Arno a crescer tanto che tutte le botteghe eran  piene d’acqua... E per la Valdiserchio tutti gli uomini si reconno ai poggi e chi montò su per gli albori e chi su per li frutti e molta gente ne morinno chi per l’acqua chi per la fame. E li Scaccieri con una gondola grandissima andavano per la Valdiserchio e ricoveravan gli uomini levandoli su per gli albori e portaronli nei poggi e a chi davan pane e vino >>...


Il mese che faceva tremare i filettolini era novembre, quando le piogge torrenziali all’inizio della stagione invernale gonfiavano rapidamente le acque del fiume che precipitose scendevano a Valle.
Molti scrittori si occuparono del fenomeno, specie nel secolo scorso, ne cito alcuni: Targioni, Repetti, Navasquez.
Al di là della ricerca scientifica che spiega ampiamente il fenomeno, trova le cause, suggerisce gli opportuni rimedi, ci sono lì in Archivio i diari a descrivere le paure, le angosce di chi visse con il popolo quei tristi giorni non con la distaccata visione dello scienziato che guarda il fenomeno per analizzarlo ma di chi ne rimase colpito nella persona e nel popolo che amava.
Cronologicamente si ha memoria delle piene avvenute negli anni 1811, 1812, 1816, 1843 e della fiumara del 1940 che è ancor viva nella mente di tutti.
(Sulla facciata dell’edificio dove ha sede l’ambulatorio medico una targa di marmo indica il livello raggiunto dalle acque; è all’altezza di m. 3,95 dal piano stradale; era il 17 Novembre).
Dove nasceva la caparbia voglia di ricominciare tutto da capo? dove si andava a chiedere riparo e indennizzo? come si trovava la forza di reagire alla disperazione?


.... <>.


<<   la sera dei 18 novembre 1812 l’acqua ha superato qui in Filettole gli argini, anche il borgo dei Giannotti è sotto l’acqua... il pericolo più grosso fu corso in Avane... >>.


<<   24 Novembre 1843... la Compagnia prima di ripigliare i lavori .... si recò a piedi a Pisa per ringraziamento,  eran più di 100 l’incappati e c’erano  anche dimolte donne... Per aiutare i più bisognosi si son raccolti 3 barili d’olio... Sebastiano Del Pellegrino prestò l’asino... >>.


Questi alcuni accenni sulle piene e le alluvioni.
Il diario non assume toni tragici e di protesta. Si viveva la tragedia, che tale era ed è un’alluvione, con sofferta dignità e con la convinzione che la vita doveva incominciare di lì da dove era venuta la morte. Gli uomini al duro lavoro, reclutati dalla guardia del Serchio, scalzi, impantanati fin sopra i ginocchi sulle sponde rovinate del fiume, disperati e apparentemente impotenti; le donne e i bambini in Chiesa e tra le due masse si stabiliva un fluido invisibile di energie e di fiducia che tu puoi chiamare come vuoi, ma che potrebbe anche essere chiamata "fede". Dio non si rendeva presente nel prodigio del miracolo pur invocato, ma prodigiosamente si faceva presente in mezzo al lavoro di un popolo che di questo sembrava essene cosciente.


Viene a proposito il detto di M. L. King:


La paura ha bussato alla porta
la fede ha risposto
e fuori non c’era nessuno.

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