Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
BURBERINO
Lett: BURBERINO. [Specie di arganello per stringere e assicurare il carico in carri e barrocci].
Probabilmente proprio da questo attrezzo ha preso origine il termine con cui si indicavano i cilindri su cui si avvolgevano le funi dei retoni quando si tirava la rete fuori dall’acqua. Erano veri e propri argani, due contrapposti, che venivano girati contemporaneamente mediante una manovella per far salire la rete in maniera equilibrata.
Di solito venivano azionati contemporaneamente da due persone per far salire in equilibrio la grande rete ma esisteva anche un sistema meccanico di aggancio per poterli unire e farli girare da un unico operatore, operazione comunque abbastanza faticosa poiché la rete era piuttosto grande e pesante da sollevare.
I retoni erano chiamati così appunto perché erano delle grosse reti da pesca, tese tra le due sponde del Serchio, talvolta quasi da una riva all’altra. Tra quelli più famosi ricordiamo quello di Argante, tuttora in attività (al momento della scrittura del libro-ndr), il retone del Canarini un po’ più avanti oramai ridotto a un rudere e quello enorme di Pattana che si trovava proprio sulla bocca, da tempo scomparso. Quest’ultimo aveva addirittura le paline (i grossi pali con cui si reggeva la grande rete ai quattro lati), al di là del Serchio, sulla spiaggia di Bocca.
Pattana era un personaggio straordinario, di grande simpatia ed umanità, che traghettava con la sua grande barca a remi i bagnanti arrivati fino al Muraglione a piedi o in bicicletta, colmi di sporte, sportine, seggiole e ombrelloni. Il suo era un soprannome e derivava dalla grossa barca che conduceva, storpiatura di “batana” originariamente una [piccola imbarcazione di pescatori a fondo piatto], natante tipico delle coste istriane.
Pochi avevano allora una barca per traversare il Serchio, la maggioranza doveva utilizzare questo servizio di traghetto per recarsi sulla spiaggia di là del fiume. Si pagava un piccolo pedaggio, si saliva a bordo della barca traballante e quando c’erano persone a sufficienza (altrimenti si aspettava un po’ per non fare il tragitto a voto), si iniziava la traversata, lenta e tranquilla, come vanno lente e tranquille le barche a remi. C’era così occasione per parlare, per scherzare, per familiarizzare, per apprezzare la bellezza e la pace del luogo, non disturbati nemmeno dal rumore del motore che non c’era.
Sul fiume transitavano poche altre barche a remi, una lenta processione di bagnanti che si recavano carichi di borse con il pranzo, la merenda e talvolta anche la cena, alle proprie baracche di cannella, costruite sulla spiaggia con il rude falasco tagliato sulla riva del fiume.
Alla sera i bagnanti si ritrovavano nuovamente all’attracco della barca per il ritorno. Quando Pattana vedeva da oltre il fiume che si era formato un gruppetto di persone in attesa riprendeva la grossa barca e tornava alla spiaggia per il nuovo carico. La barca viaggiava sempre con la prua rivolta un po’ verso monte, e a noi ragazzi sembrava che puntasse sempre oltre le persone in attesa sulla spiaggia. Era solo la posizione che Pattana dava al natante per contrastare la corrente del fiume e con nostra grande sorpresa, alla fine, vedevamo il grosso barcone arrivare di traverso ma toccare la sponda sempre nel punto esatto dove noi eravamo ad aspettare.
BURLETTA
Lett: BURLETTA. [Breve farsa, opera buffa, avvenimento ridicolo]. [Diminutivo di Burla]
[Per i Toscani quella rappresentazione teatrale mista di musica e prosa, che i francesi chiamano Vaudeville, e ciò dall’essere tali rappresentazioni sempre composte su un soggetto burlevole]
In dialetto significava appunto scherzo, finta. “Ma fai la burletta?” : ma stai scherzando?
“Egua’, ‘un lo di’ nemmeno per burletta” : non dirlo nemmeno per scherzo.
Egua’ è di difficile traduzione, forse il termine che più si avvicina è “guai”. In questo caso potrebbe assimilarsi a “non sia mai”, “speriamo di no”, “ci mancherebbe altro”, un significato più marcato del semplice “guai”.
Esiste anche un curioso rafforzativo: “Ma fè la burletta per davvero?” che esprime la volontà di un doppio controllo sulle effettive intenzioni dell’altro: ma stai scherzando? Stai scherzando per davvero?
Si esprime in questo modo il massimo dell’incredulità.
BUSCHERIO
Lett: BUSCHERIO. [Chiasso. Frastuono di molte persone].
In dialetto ha perduto il significato di rumore, frastuono mantenendo solo quello di gran quantità.
Si usa non solo per indicare delle persone: un buscherio di gente, ma anche per le cose nel senso di grande quantità e varietà.
BUZZO BONO
Letterale: buzzo buono.
Modo di dire che si può considerare equivalente all’italiano “rimboccarsi le maniche”, il toscano “metter(ci)si di buzzo bono” sembra avere però un maggiore vigore.
Pare un modo per affrontare l’impresa con una maggior forza, una maggiore fisicità rappresentata dal buzzo, che appare più importante delle semplici maniche rimboccate.
Usato anche nelle forme “ma cosa ciài nel buzzo?” : cosa hai in mente?
In ambito labronico “buzzo” ha anche il significato di donna di malaffare.
BUZZONE
Lett: GAMBUSIA (gambusia holbrooki).
Piccolo pesce importato in Europa dall’America durante il periodo fascista come efficace strumento di lotta contro la malaria. Il pesce si nutre infatti proprio delle larve della zanzara ed ha rappresentato un primo esempio, certamente positivo, di lotta biologica e rispetto ambientale.
Erano pesci molto piccoli ma trovando un ambiente favorevole si riprodussero in grande quantità nelle nostre acque, specie nei fossi intorno al lago di Massaciuccoli, ed anche in Serchio.
Erano molto voraci ma talmente minuti che non riuscivano a rimanere attaccati all’amo, divorando comunque l’esca con disappunto dei pescatori.
Il nome di buzzoni derivava dalla grandezza esagerata del loro ventre, specie nelle femmine gravide, che i ragazzi strizzavano fra le dita e, del pesce …..non rimaneva quasi più niente.
FOTO.
Bocca di Serchio 1950 (collezione P.C.)