none_o


Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative. 

E non c'è da cambiare idea. Dopo aver sostenuto la .....
. . . sul Foglio.
Secondo me hai letto l'intervista .....
L'intervista a Piazza Pulita è di 7 mesi fa, le parole .....
Vedi l'intervista di Matteo Renzi 7 mesi fa da Formigli .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
Arabia Saudita
none_a
Incontrati per caso...
di Valdo Mori
none_a
Dalla pagina di Elena Giordano
none_a
storie Vere :Matteo Grimaldi
none_a
Indaco il colore del cielo
non parimenti dipinto
Sparsi qua e là
come ciuffi di velo
strani bioccoli di bambagia
che un delicato pennello
intinto .....
tutta la zona:
piscina ex albergo
tutto in stato di abbandono

zona SAN GIULIANO TERME
vergogna
none_o
Due giorni a Roma e ritorno

7/12/2014 - 11:32

di Ovidio Della Croce

 

ROMA. L’ultima volta che sono andato Roma è stato l’anno scorso in gita scolastica. Ricordo, alla fine della lunga visita ai Musei Vaticani, quando, stremati, entrammo nella Cappella Sistina. Ho ancora nella retina dei miei occhi il Giudizio Universale di Michelangelo. La scorsa settimana ci sono tornato, in auto, sulla Salaria, diretto verso Porta Pia. In questo quartiere centrale le strade portano nomi risorgimentali: Piazza Fiume, via Piave. In casa a Roma. Ci sistemiamo in una vecchia casa piena di libri e di storia dove abita Vera, una partigiana madre di una mia cara amica. Qui siamo come su un altro pianeta se pur vicino alla Stazione Termini, affollata di bancarelle e di diseredati come mai non se ne sono visti specialmente di notte. Siamo sideralmente distanti da Tor Sapienza dove c’è stato il raid contro il centro di accoglienza e dove si è visto l’ex sindaco Alemanno gridare: “Marino dov’è?”. Quarant’anni fa ho fatto il militare a Pietralata ma, stando alle cronache giornalistiche, questo posto è un luccicante quartiere residenziale rispetto al disastrato Tor Sapienza. Un turista come me comunque è attratto dalle bellezze di Roma e dalle mostre che offre in questo periodo: Henri Cartier Bresson all’Ara Pacis, Mario Sironi al Vittoriale, Escher al Chiostro del Bramante. Meritano una visita tutte e tre. 
 
29 novembre
Due giorni in giro per Roma non bastano a conoscerla, ma bastano a vedere che la capitale sta seppellendo la sua bellezza e, se così è per Roma, così sarà per l’Italia intera. Anche un turista distratto, girando per Roma, avverte il degrado della città: i vigili sono scarsi, i trasporti pubblici malmessi, i parcheggi insufficienti e c’è tanta sporcizia per strada. Da militare in libera uscita correvo in Piazza di Spagna, mi sedevo sulle scalinate e guardavo le ragazze che passavano dalla fontana della Barcaccia. Dalla Barcaccia, guardo le scalinate di Trinità dei Monti e la facciata della chiesa coperta da una gigantografia pubblicitaria di una nota marca di scarpe americane. Qualche tempo fa, al posto della pubblicità, stendevano un telo che riproduceva la facciata in restauro. Una pratica elegante e democratica, ma evidentemente in disuso. Passeggiando per i Fori Imperiali si può vedere la Colonna Traiana visualizzata in duecento metri di fotografie, ma attenzione al centurione: aggancia i turisti sprovveduti e, per una foto, si fa sganciare minimo venti euro. Ci si arrampica sull’Esquilino, il più alto dei colli romani, fino alla basilica di Santa Maria Maggiore, quella in cui, recitano le guide, “i diversi stili architettonici si fondono in modo più armonioso” e si vedono sacchetti fuori dai cassonetti, lampioni bruciati e topi che corrono ovunque si trovino resti di cibo, qualcuno si vede sul travertino là dove, qualche ora prima, sostavano i turisti. E cosa dire delle migliaia di appartamenti sfitti costruiti con i soldi pubblici vicino al Consiglio Regionale?
 
Navona mia, quando mi affaccio alle finestre di Palazzo Braschi ripenso al raccontino di Elsa Morante in omaggio della piazza. Il salone d’onore era affollato, l’applauso finale caldo e affettuoso. Abbiamo appena ascoltato la lettura commovente del libricino di Antonio Tabucchi Gli ultimi tre giorni di Fernando Pessoa fatta da Massimo Popolizio con musica portoghese dal vivo e la voce di Isabella Mangani che canta il fado. Mentre scorrono le immagini di Antonio, con la Zé, ci avviciniamo alle finestre che danno sulla piazza. Navona, “questo nome è una proprietà sua esclusiva e se lo tiene caro” è stranamente poco affollata ed è bello vedere dall’alto “la piazza centrale dell’universo”. Sento il rumore dell’acqua della fontana, vedo i turisti che si fanno i selfie con un bastone allungabile comprato dai numerosi ambulanti filippini e mi torna in mente una frase che la nonna Dionisia diceva a Fernando Pessoa: “Perché la vita è una follia e tu saprai come vivere la follia”. Abbiamo bisogno d’aria, scendiamo le scale del palazzo, usciamo in piazza Navona e ci sediamo su una panchina. “Navona mia; ma sugli altri romani non ci contare. Un milione almeno di romani sarebbero pronti a darti via in cambio di una Seicento, o di un juke-box”, così finisce il madrigale di Elsa Morante. Per fortuna ci sono persone come Elsa a difenderti, penso. Sono esattamente le dieci e quarantacinque di sabato 29 novembre.
 
30 novembre
In tarda mattinata entriamo, senza fare la fila, nel Complesso del Vittoriano. Sono curioso di vedere un quadro di Mario Sironi del 1916 intitolato Il ciclista. Il ciclista qui esposto riprende il tema futurista della velocità, ma Sironi aggiunge la fatica dell’azione e lo sforzo delle gambe e dei muscoli che affrontano la salita, sullo sfondo appare una periferia cittadina. Mi rendo conto che, messa da parte la sua compromissione col fascismo, tutta l’esposizione delle opere di Sironi merita un’attenzione particolare. Sorvolo sulle opere più propagandistiche e mi lascio trasportare nelle periferie sironiane piene di solitudine, mi viene in mente il finale di Mamma Roma e mi immagino storie di disperazione e dolore: “Qua a Tor Sapienza semo ventimila abitanti ar massimo, ma come fai tra rifugiati, sbandati e Rom a mettercene n’antri due o tre mila?”.


Per bilanciare la dose eccessiva di disperazione ci incamminiamo verso Piazza Navona. E una fermata in una trattoria con cucina tipica può aiutare ancora di più. Fa veramente caldo, si sta all’aperto, sul muro qualcuno ha disegnato una svastica. Oggi la specialità sono i carciofi alla romana. “Aaallora”, dice il cameriere. “Carciofi alla romana, grazie”. “Peeerfetto!”, esulta il cameriere.
 
Nell’attesa dei carciofi con la mentuccia leggo una notizia nelle pagine di cronaca romana di Repubblica che riporta un intervento del procuratore Giuseppe Pignatone al teatro Quirino: “La mafia a Roma? Certo che esiste, ma al contrario di altri luoghi, qui alla violenza preferisce usare altri mezzi come la corruzione”. L’intervento si chiude con una frase di Giovanni Falcone; “Sulla scrivania di ogni magistrato dovrebbero essere incise le parole: ‘Possiamo fare sempre qualcosa’. Questa frase potrebbe essere incisa anche sulla scrivania di ogni politico, di ogni amministratore”. Se sul menu avessi visto scritto: letto l’intervento del procuratore Pignatone, oggi i carciofi e altri piatti tipici romani non vengono serviti, l’avrei capito.
 
Da Piazza Navona è facile raggiungere il Chiostro del Bramante per la mostra di Maurits Cornelius Esher, uno degli artisti grafici più famosi del Novecento. Grazie alla prenotazione di Susanna, evitiamo una fila all'incirca di un'oretta. Tra le centocinquanta incisioni e litografie esposte rimango colpito da Cielo e acqua, composta nel 1938, dove Escher, con un gioco di bianco e nero, trasforma dei pesci in acqua in uccelli nel cielo. Schiaccio il pulsante dell’audioguida e le prime parole di spiegazione sono: “I nostri occhi sono abituati a fissare degli oggetti specifici. Quando ciò si verifica, tutto quello che è intorno si riduce a sfondo”.
 
Si è fatto tardi, dobbiamo essere in Trastevere alle nove precise. Alla fermata del bus chiediamo a una signora quando passa il 63. “Qua a Roma nun se sa mai, poi di domenica…”. Aspettiamo una ventina di minuti, finalmente ecco il 63. Nel tragitto c’è un intoppo, il bus non passa da una strada a causa di un’auto parcheggiata male, si perde ancora tempo. Arriviamo al capolinea poco prima delle nove, saltiamo la cena, ma figuratevi se mi perdo “Appuntamento con Tabucchi, sostiene Pereira…” al teatro Belli. La serata inizia ancora con Massimo Popolizio che recita dei brani tratti da Per Isabel. Un mandala. Poi ecco la Compagnia "Diritto & Rovescio" con alcune scene di Sostiene Pereira per la regia di Teresa Pedroni. Uno spettacolo che, a venti anni dall’uscita del romanzo, meriterebbe di essere allestito al teatro Olimpia di Vecchiano.
 
Piove, non c’è tempo da perdere, torniamo di fretta alla fermata del bus perché a mezzanotte non ne passano più, tutto finito. Ce la facciamo, riecco il 63, chiedo all’autista: “Va verso Termini? Ferma a Piazza Trieste?” Risponde: “In teoria”. A bordo siamo tre o quattro passeggeri. L’attesa si prolunga, dieci minuti, venti. Un signore mi chiede l’ora. “Mezzanotte e un quarto”, rispondo. “Dopo mezzanotte tutto finito, restiamo a piedi”, dice e fa un gesto con le mani. Rispondo: “In teoria sì”. Dopo un po’ arriva un altro bus. “Cortesemente se mi volete seguire”, fa il teorico autista. Ma anche quello ha qualche problema. Gli autisti ora sono due e dopo una decina di minuti in pratica risolvono il guasto. Si parte. Praticamente sembra di essere su un carro militare in corsa, un notturno romano di sballottamenti, vien voglia di gridare: “Ferma il bus, voglio scendere!”. Eccoci in piazza Fiume, a due passi da via Piave. Si avvicina un tizio tutto ubriaco, mi chiede una sigaretta. “Non fumo”, rispondo, e tiro dritto. E lui grida: “Non fuma. Pezzente, pezzo di merda”. Eccoci arrivati, infilo le chiavi nel portone di via Piave, Roma in casa, ma era bella bella davvero in via dei matti numero zero, cantava Sergio Endrigo. Siamo precisamente all’una e un quarto, ci riposiamo qualche ora e si riparte alle sei per tornare a Pisa.
 
1 dicembre, ritorno
Il tg della sera annuncia che Roma è finita nelle mani della “Mafia Capitale”, di matrice nera diventata poi rossobruna. Nei giorni seguenti ho letto i giornali e ho sospirato. Una banda guidata da Massimo Carminati, un neofascista, si infiltra nell’amministrazione locale per lucrare sull’accoglienza dei rifugiati, la gestione dei campi rom, la spazzatura, le case sfitte e i problemi delle desolate periferie. Come tutte le mafie anche questa è trasversale: vecchi camerati indagati come l’ex sindaco Gianni Alemanno, esponenti di destra, di centro e di sinistra. Il braccio destro di Carminati è Salvatore Buzzi della cooperativa “29 giugno” poi diventata un potente consorzio, molto ben ammanicato nel centrosinistra romano, gestiva appalti nelle aziende municipalizzate e del Comune di Roma.


Riordino i fatti: agli inizi di novembre i neofascisti con Alemanno in testa aizzano contro i rifugiati gli abitanti di Tor Sapienza, stufi delle pessime condizioni di vita nel quartiere; qualche giorno dopo cinquecento manifestanti di Casa Pound cercano di impedire ai bambini del vicino campo rom di andare a scuola; e ora si scopre che una cupola mafiosa sganciava tangenti a politici corrotti, pilotava appalti e faceva affari anche sulle emergenze ai disgraziati che rendevano più della droga. Questa è Roma, capitale d’Italia. Avrei voglia di ritirarmi sull’Aventino, c’è un piccolo terrazzo che si affaccia sul Tevere dove si vede il panorama, di qui la Grande Bellezza si mescola con una Grande Tristezza. Ma ora sono ritornato, la salita è dura, i muscoli disallenati, la bicicletta scassata, lo sforzo enorme e non c’è tempo da perdere, sostiene ancora Pereira. Anche se, camminando pensava che, giunto alla fine del capitolo venticinque vent’anni fa, non avrebbe avuto nessuna voglia di entrare oggi in un altro capitolo di un’altra storia.

Fonte: Immagini da L'Espresso, Sironi, Escher, Biani
+  INSERISCI IL TUO COMMENTO
Nome:

Minimo 3 - Massimo 50 caratteri
EMail:

Minimo 0 - Massimo 50 caratteri
Titolo:

Minimo 3 - Massimo 50 caratteri
Testo:

Minimo 5 - Massimo 10000 caratteri

8/12/2014 - 9:49

AUTORE:
Sandro

A parte i complimenti sinceri per il pezzo, la domanda è: il prossimo fine settimana a quale altra manifestazione tabucchiana sarai presente in giro per il mondo?