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Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
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Villa Salviati

7/12/2014 - 19:14

Per i pochi che non conoscono la storia di “Miliarino” riassumo la comparsa nel nostro paese della famiglia Salviati, maggior artefice della costituzione della nostra frazione fino alla costruzione della Villa.  
I beni di Migliarino, nei dintorni di Pisa, dal secolo XI appartennero alla famiglia pisana degli Orlandi—Pellari e alla chiesa di S. Niccolò di Migliarino stesso.
La parte degli Orlandi passò, per testamento di Ranieri di Piero Orlandi, nel 1483, a Tinoro di Marco Bellacci.
Dai Bellacci la acquistò nel 1525 (per 1.050 fiorini d’oro) Giovan Battista Serristori, che la lasciò alla figlia Costanza, moglie di Alamanno di Jacopo Salviati che, a sua volta, la trasmise al figlio Jacopo.
L’eredità Serristori, che si aggiungeva ad alcuni acquisti effettuati già dal 1521 da Jacopo di Giovanni Salviati, comprendeva i paschi di Miliarino, terre lavorative con prati ed una torre da identificarsi con la medievale torre a Filicaia.
La proprietà di Migliarino rimase al ramo romano della famiglia Salviati fino alla sua estinzione, incrementata nel tempo da altri acquisti e livelli.
Tra i livelli, particolarmente importante quello ottenuto da Jacopo di Alamanno nel 1578 dalla prioria di S. Niccolò di Migliarino e un altro concesso dal monastero di S. Paolo all’Orto di Pisa nel 1553, con terreni in luogo detto Figuata o Fugata.
 Nella seconda meta del ’700, ormai passati al ramo fiorentino della famiglia, i beni di Migliarino erano composti dalle tenute di Poggio a Padule, delle Romita e Pecoreccia, dal livello di S. Niccolò oltreché dalla tenuta “primogeniale" con il “Casino ad uso di fattoria".
La proprietà di Migliarino fu legata alla Magona, una società, nella quale i Salviati ebbero ampi interessi, che si occupava dell’allevamento del bestiame, della sua commercializzazione e della produzione del cuoio. Altra voce importante nell’economia della tenuta era la produzione di legname proveniente dalla cosiddetta Macchia di Migliarino che occupava un territorio molto esteso stimato nel 1721 in oltre 29.000 staiora, cioè circa 1.500 ha (di cui oltre il 50% derivava dal livello della prioria di S. Niccolò).
Agli inizi del ’700 la proprietà fu misurata e disegnata dall’ingegner Vittorio Anastagi (o Anastasi) che illustrò, oltre ai terreni, gli edifici della tenuta: il “Casino Nuovo ad uso di fattoria e granaio”, la “Torre di Filicaia”, l’“Oratorio con case ad uso di lavoratori".
La seconda meta del ’700 vide una serie di interventi per il miglioramento degli immobili di fattoria come, ad esempio, tra il 1754 e il 1764 l’ampliamento delle strutture alla “Torretta" e di alcune “case da lavoratore".
Dopo la morte del cardinale Gregorio Salviati (1794), in seguito alla transazione fra il principe Camillo Borghese (figlio primogenito di Anna Maria Salviati Borghese) e   conte Carlo Caprara (anch’esso discendente per via materna dai Salviati), avvenuta nel 1798, i beni primogeniali di Migliarino, per un valore di 39.321 scudi fiorentini, furono assegnati a Camillo Borghese, mentre i beni liberi da vincoli furono ereditati da sua madre.
Alla morte di Camillo (1832) l’intera proprietà passò al fratello cadetto Francesco Borghese Aldobrandini. Di essa rimane un’ampia stima redatta nel 1839-40 dal perito Giovanni Guadagni che la descrive e la illustra con numerose piante. Oltre agli edifici componenti la fattoria (casa di fattoria-villa, cantina e tinaia), al “Casino di delizia" presso Marina di Vecchiano, alle zone boschive, ai pascoli e al padule di Malaventre, vi sono censiti i poderi che ne compongono l’insieme in numero di ben 35.
Morto nel 1839 Francesco Borghese Aldobrandini, l’asse patrimoniale toscano passo ai suoi tre figli, Marco Antonio principe Borghese, Camillo Borghese principe Aldobrandini, Scipione duca Salviati. Gran parte di questo patrimonio fu venduto, tra il 1843 e il 1848; del rimanente, con accordo privato tra i fratelli, restò proprietario Scipione cui nel 1850 oltre al Palazzo di Pisa, la tenuta di Vecchiano, alcuni poderi al Puntale (Bagni di S. Giuliano) fu assegnata anche la tenuta di Migliarino. La maggior parte del patrimonio Salviati in Toscana, a partire dalla meta dell’800, rimase quindi concentrata nel territorio pisano.
Scipione Salviati, nato a Parigi nel 1823, educato a Firenze, fu esponente di rilievo del laicato cattolico della seconda meta dell’800. Già nel 1848 aveva del resto partecipato alla difesa di Roma militando nella guardia civica pontificale e rifugiandosi successivamente in Francia durante la Repubblica Romana. Dopo il 1870 fondò la Società Primaria Romana per gli interessi cattolici e si occupò dell’Opera dei Congressi. Morì a Roma il 15 giugno 1892.
Nonostante che la sua vita e la sua attività fossero concentrate nella capitale, egli dedicò molta attenzione anche alla proprietà di Migliarino nella quale impiegò grossi capitali per i miglioramenti agricoli e per gli ampliamenti edilizi. Il nucleo abitativo intorno alla vecchia fattoria venne mutato notevolmente con la costruzione della nuova chiesa e dell’imponente villa padronale. I legami familiari e culturali con la Francia, in particolare con Parigi in cui era nato da madre francese e in cui soggiornò per lunghi periodi,  sposandovisi con Arabelle Fitz ]ames, lo portarono a scegliere un progetto francese per la nuova dimora.
L’architetto  chiamato a tale realizzazione fu Joseph Antoine Froelicher, nato in Svizzera nel 1790, ma naturalizzato francese a partire dal 1809, anno in cui si iscrisse all’Ecole des Beaux Arts.  L’attività professionale del  Froelicher iniziò nel 1812, quando egli partecipò alla costruzione del  tempio della Gloria, meglio conosciuto come chiesa de La Madeleine di Parigi. Una delle sue prime opere importanti fu l’ingrandimento della cappella sotterranea del castello di Roche Guyon. Dal 1820 al 1830 l’architetto lavorò per i duchi di Berry, realizzando, tra l’altro, l’Hospice de Saint Charles a Rosny sur Seine, di tardo gusto neoclassico ispirato a Palladio e Sansovino, ritenuto una delle architetture più omogenee del periodo della Restaurazione  francese.
Parallelamente ai lavori per la famiglia reale egli si impegnò anche nella progettazione di edifici pubblici come il Collegio Latino a Neuchatel  in Svizzera e la Prefettura di Saint Brieuc in Francia. A Parigi fu presente in più cantieri, come quello della chiesa dell’Assunzione e della Galleria del Commercio e dell’Industria, quest’ultima fortemente ispirata al Rinascimento italiano e del cui progetto fu autore insieme con Grisart.
Ma Froelicher fu soprattutto attivo nel campo dell’edilizia privata, in particolare quella di castelli. In una memoria pubblicata alla sua morte (1866) si elencavano ben dodici dimore suburbane, realizzate da lui per l’aristocrazia legittimista. Una delle residenze citate era quella “pour M. Le duc de Salviati". L’esame del materiale d’archivio della famiglia Salviati ha permesso di identificare questa sua opera (di cui la memoria non precisava né il luogo né il periodo di realizzazione) con la villa di Migliarino presso Pisa, costruita tra i1 1858 e i1 1866.
Nei documenti troviamo, infatti, i pagamenti al Froelicher per l’esecuzione della pianta della villa, già nel 1857. I successivi compensi risultano invece intestati al poco noto architetto Felix Langlais, che, probabilmente, ebbe l’incarico di sviluppare l’idea originaria di Froelicher e di rielaborare i relativi disegni. Un’ampia documentazione grafica, rimasta fino ad oggi presso la famiglia, comprende le piante dei singoli piani dell’edificio (firmate dal Langlais a Parigi l’8 gennaio 1858), i prospetti e le sezioni (tutti in data 8 agosto 1858, cioè pochi mesi avanti l’inizio dei lavori).
La villa di Migliarino appare concepita con lo stesso linguaggio architettonico usato da Froelicher nei castelli realizzati in Francia nel periodo della sua piena maturità professionale. In particolare essa si accosta alla dimora di Bonnelles (dipartimento di Yvelines), commissionata dal duca d’Uzés nel 1849 e, ancora in maniera più esplicita, al castello di Forge a Chailand (dipartimento della Mayenne), terminato nel 1857-58, cioè nel periodo che coincide con il progetto di Migliarino.
Per la villa Salviati è evidente sia la ripresa dello schema planimetrico degli edifici sopracitati, che si caratterizza per la presenza di due corpi (in forma ottagonale) sporgenti ai lati del nucleo centrale, nonché l’uso dello stesso linguaggio decorativo nel rivestimento esterno, cioè il connubio delle strisce di pietra e mattone abbinate a creare effetto di estrema vivacità delle facciate.
L’insieme dei prospetti è accompagnato da una ricca decorazione architettonica come cornicioni, incorniciature delle finestre, timpani con stemmi, cantonate accentuate da elementi tagliati in pietra, mensole e balaustre di terrazzi, ecc. La facciata principale è dotata di una scala fastosa le cui rampe si aprono con due ali a ventaglio.
La pianta dell’edificio rispetta tre assi verticali, ai quali corrisponde una divisione in tre corpi (in risalto sulle facciate), e un altro asse longitudinale.
Il perimetro della struttura appare molto articolato, con uso di forme ottagonali che rendono l’insieme mosso, vibrante, vivace, ma nello stesso tempo elegante.
Per gli interni veniva suggerita una ricca decorazione a pittura e stucco particolarmente per le scale, la galleria, la sala da pranzo, la sala grande, quella del biliardo e la biblioteca.
La proposta per la residenza, ispirata all’architettura francese tradizionale e consistente nell’interpretazione di una serie di stili con particolare richiamo al ’600, rivela l’abilita progettuale dell’autore e pone Migliarino tra le opere più interessanti di  Froelicher.
La prima pietra della nuova villa fu posta con cerimonia solenne il 18 ottobre 1858; poco più tardi, l’architetto toscano Agostino Galli e i capimastri Francesco e Pietro Metti, firmarono l’accollo dei lavori murari per i quali si servirono di manodopera locale.  Le strutture murarie della villa non furono terminate prima del 1865; l’anno dopo iniziarono i lavori interni documentati dai pagamenti agli artisti, tra cui i pittori svizzeri Damaso Paroli e Carlo Spigaglia, che eseguirono le parti decorative del piano terreno e del piano nobile (galleria, sala da pranzo, biliardo, sala grande). Gli stucchi, su disegno del pittore fiorentino Ottavio Pucci, furono realizzati da Antonio Quadri “ornatista” cui furono affidati anche elementi di decorazione scultorea interna ed esterna. Per i lavori in marmo venne chiamato Ilario Raffaelli, esecutore, tra l’altro, dei tralci di frutta per gli stemmi delle facciate. A fianco della manodopera toscana appaiono anche committenze ad artigiani francesi per la realizzazione di “modelli di ferro e stucco venuti... da Parigi” e di “lastre di cristalli per le finestre della villa”.
Più tardi Scipione Salviati provvederà a far venire da Parigi anche tessuti da arredamento e mobili. La costruzione fu ultimata nel 1866, come ricorda la data segnata sull’architrave della porta d’ingresso del salone del piano nobile. Alcuni lavori di rifinitura, associati alla sistemazione del giardino e dei terreni annessi, terminarono solo alla fine del decennio.
La villa di Migliarino è ancora oggi proprietà della famiglia Salviati.

Fonte: Tratto da “Archivio Salviati, documenti sui beni immobiliari dei Salviati; palazzi, ville, feudi” Scuola Normale superiore Pisa. edito maggio 1987 da Litomaster di Firenze. Foto e cartoline: collezione privata u.m.
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20/5/2019 - 13:16

AUTORE:
Marianne Winter

The Salviati family are wonderful people, kind, generous, hospitable and deeply humane.