In questo nuovo articolo di Franco Gabbani si cambia completamento lo scenario.
Non avvenimenti storico- sociali, nè vicende di personaggi che hanno segnato il loro tempo.Il protagonista è questa volta è il fiume Serchio, l'attore sempre presente nella storia del territorio, con grandi vantaggi e tremendi disastri.
Ma non manca il tocco di Franco nell'andare ad esaminare grandi lotte politiche e piccoli episodi di vita comune legati al compagno di viaggio nella storia del nostro ambiente.
In questa sezione cerco di far fede al nome riportando tutto quello che ho e che trovo riguardante il nostro territorio, logicamente più di cose che parlano di Migliarino, ma niente toglie che “copi” da altre fonti ciò che serve riempire “gli spazi”.
Come nell’articolo precedente Migliarino era stata la scusa per parlare del periodo prebellico, essendo il paese solamente la base dei fatti e non l’artefice, anche questa volta fa da sfondo ad una storia raccontata in un libro, “Gioventù scippata, lontani ricordi”, dal torredellaghese Silvio Orlandi e a cura di Fortunato Menichetti, che parla della resistenza in Versilia negli anni ’30-’40.
[…] Dopo alcuni incontri avuti nella palude con una quindicina di ragazzi di 18-20 anni, decidemmo di formare una squadra, (Squadra d’Azione Partigiani Silvio Orlandi –n.d.r), con il compito di aiutare gli alleati a liberare il nostro territorio dai nazisti, ancora presenti nei boschi del Duca Salviati e nella macchia lucchese.
Per non peggiorare la nostra situazione cercavamo di non esporci troppo, e più di una volta evitammo lo scontro a fuoco, nascondendoci nella palude, durante i rastrellamenti, per scongiurare le rappresaglie dei nazifascisti. […]
[…] Uscimmo dai nascondigli nella palude, in fila indiana, e imboccammo il Viale Puccini; il paese era deserto, soltanto qualche persona esultava per la fine della guerra, ma la maggior parte era ancora rintanata nel padule.
Giunti nel centro del paese, sul crocevia, decidemmo di proseguire in direzione di Migliarino Pisano, per incontrarci con gli Alleati, che riuscimmo a raggiungere in giornata, senza incontrare la minima resistenza.
Attraversammo la macchia nei pressi del Viale Francesca, vicino alla villa del Duca Salviati, e lì ci imbattemmo nella prima pattuglia d’Avanguardia Americana, composta da soldati di colore, appartenenti alla divisione "BUFALO”, comandata da un Capitano italo-americano.
Ci fu intimato di fermarci e di alzare le mani, poi l’ufficiale ed un paio di soldati si avvicinarono a noi, che nel frattempo gridavamo a squarciagola di essere Partigiani Italiani. Mi avvicinai timidamente al Comandante Italo-americano, allungando la mano per salutarlo, e subito lui, con mia grande sorpresa, mi venne incontro abbracciandomi.
Ero molto commosso, al punto che stavo dimenticando di consegnargli i preziosi documenti dei quali ero venuto in possesso; superato il momento di smarrimento, estrassi dalle tasche della mia casacca quei fogli così importanti, anche se un po’ stropicciati. Il Capitano li prese dalle mie mani e cominciò ad esaminarli, mentre io cercavo di spiegare che quelle erano, appunto, le mappe delle zone minate tra Torre del Lago e Viareggio. Il nostro “omaggio” fu molto apprezzato, al punto che ognuno di noi fu ricompensato con tanti complimenti, congratulazioni e addirittura abbracci da parte sua e di tutti i soldati americani. Si può dire che quello fu il primo “encomio” sul campo. L’Ufficiale ci chiese di aspettare qualche minuto, perché doveva recarsi alla villa, dai suoi superiori, per informare il Comando del nostro incontro. Il resto della pattuglia rimase con noi e vedendo co me eravamo equipaggiati e di quali armi eravamo dotati, alcuni non potevano trattenere le risate. Nell’attesa cercavamo di scambiare con loro qualche parola.
Io mi arrangiavo con la lingua inglese, ma i miei compagni non comprendevano una parola. Di lì a poco il Capitano ritornò con altri superiori che, dopo averci a loro volta ringraziato per i documenti consegnati, ci chiesero, attraverso l’interprete, dettagli precisi sulla situazione nella quale si trovava il paese di Torre del Lago. Li mettemmo al corrente che il paese, già da alcuni giorni, era stato abbandonato dai Tedeschi, ma che la popolazione era ancora nascosta sulle montagne e nel padule, temendo che potesse esserci ancora qualche pattuglia nella pineta del Duca Salviati o nella macchia di Viareggio. Facemmo presente che, in ogni caso, noi davamo la nostra disponibilità ad accompagnarli nella loro avanzata, il che fu molto apprezzato sia dal Capitano, sia dai suoi superiori, entusiasti per il nostro comportamento. “Bene, siete molto in gamba!”, ci disse l’italo-americano, poi ordinò ai suoi soldati di consegnarci alcune armi da guerra, tra le quali cinque o sei carabine automatiche ed una cassetta di bombe a mano inglesi a ‘pigna’ da distribuire ai miei compagni, oltre a vari generi di conforto, come scatolette di carne, cioccolate e sigarette che, inutile dire, furono molto apprezzate da tutti noi. Poi il Capitano si avvicinò a me, e mi sussurrò “Domani mattina all’alba verrò di persona con una squadra d’Avanguardia ed un carro armato verso il vostro paese; l’appuntamento è nei pressi del Canale della Bufalina sulla via Aurelia. Lì ci attenderete e poi decideremo il da farsi”. […]
Nota: le preziose carte che Silvio Orlandi consegna al capitano americano sono fotocopie ricevute dall’ex fascista Rodolfo Giannerini, che aveva collaborato con l’organizzazione tedesca TOD per la fortificazione della zona, carte che riportavano tutte le parti minate del paese fra l’Aurelia e il mare.
Nella foto: la via Francesca negli anni ’50 e il cippo eretto dagli americani vicino alla Grande Quercia, ora scomparsi entrambi. Nella stele in cemento si legge “dedicated”, sotto era scritto esercito americano, mi sembra U.S Army, e sotto ancora “this day august”, il giorno non lo ricordo, l’anno è sicuramente 1944.