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Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Domenica 7 Luglio mercatino di Antiqua a San Giuliano T
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Ripafratta, 12 luglio
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Bagno degli Americani di Tirrenia
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Molina di Quosa, 8 luglio
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Casciana Terme Lari-Pontedera, 12 luglio-3 agosto
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Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
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Roberto Nannetti: “Mi innamorai di Cuba per una scatola di cioccolatini”

8/2/2015 - 11:40

di Ovidio Della Croce

 

La politica estera non è il mio forte e in genere evito di scriverne, ma l’annuncio della fine dell’embargo Usa contro Cuba, durato 53 anni, è una data storica. Brindisi vecchio stile, “Hasta la Victoria siempe!”. Ho immaginato la festa che doveva esserci a L’Avana, i cubani sono maestri a fare feste, si suona e si balla una gran bella musica. Criticato il criticabile, Cuba ha sempre avuto su di me un fascino irresistibile per il suo socialismo allegro. Non ci sono mai stato, ma Buena vista social club fa parte della colonna sonora della mia vita.
 
Ho chiamato al telefono Roberto Nannetti, da due anni segretario dell’Associazione Italia Cuba per il territorio pisano, per fare una chiacchierata e venerdì 6 febbraio è venuto a casa mia. Qui la giornata era fredda e ventosa. A L’Avana c’erano 23°, cielo nuvoloso e deboli piogge. L’ultima volta che l’avevo incontrato era stato a settembre in occasione di una giornata in ricordo di Enzo Matteoni, che ha cooperato con Cuba.
 
Roberto Nannetti fruga dentro la sua cartella, prende una penna, un quadernone e un bloc notes, mi dice che non usa il computer per scrivere, tira fuori dalla sua borsa Il racconto di Fidel, un libro di Gianni Minà con prefazione di Gabriel Garcia Marquez, e lo posa sul tavolo. Gli dico che a dicembre, poco dopo la dichiarazione di Obama, in un caffè di Torino incontrai proprio Gianni Minà, ha sempre i baffi. Mentre preparo un caffè guardo la bella faccia barbuta e un po’ nostalgica di Roberto. La chiacchierata dura un paio di ore, parla lentamente, ogni tanto si ferma e guarda dalla finestra, poi riprende a parlare. Non lo conoscevo come un gran parlatore, ma ascoltandolo, in quel pomeriggio, ho pensato che potesse battere perfino Fidel Castro. Naturalmente esagero, non è possibile battere Fidel, però le due ore sono passate al volo. Come succede negli incontri amichevoli, non professionali, non ho registrato niente, né ho preso appunti. Alla fine, però, mi sono fatto lasciare un bel po’ di pagine del suo quadernone e tutti i suoi di appunti del bloc notes, che provo a riassumere. E questo mio racconto, oltre a far conoscere alcune riflessioni in merito all’embargo, è destinato soprattutto a quelle persone che sono state a Cuba e hanno voglia di tornarci, e a quelle come me che non ci sono mai andate ma, qualche volta nella vita, è venuta la voglia di andarci.
 
Per incominciare gli ho chiesto di raccontaci di un suo viaggio a Cuba e di entrare in qualche suo ricordo più intimo.
“Il mio incontro con Cuba fu 29 anni fa, grazie all’Associazione Italia Cuba. Ebbi la fortuna di partecipare alla Brigata internazionale di lavoro “José Martì”, fu un’esperienza politica e umana molto intensa. Rimasi sull’isola circa trenta giorni, ma per l’intensità di relazioni e di conoscenza, mi parve che equivalessero a tre anni vissuti qui. Mi innamorai del popolo cubano quando, due anni dopo, feci il secondo viaggio. Nel primo viaggio avevo conosciuto una persona che faceva da interprete durante gli incontri e le conferenze al campo internazionalista di Caimito. Andai a trovarla, avevo portato dall’Italia una scatola con 25 cioccolatini per Edoardo, il nipote di dieci anni. Fui accolto con calore e detti a Edoardo i cioccolatini, che uscì contento per strada. Salutai i suoi familiari e cominciammo a parlare. Dopo due orette Edoardo rientrò. Aveva finito tutti i cioccolatini. Mi preoccupai per lui e in parte mi sentivo in colpa per avergli consegnato direttamente tutta la scatola. Mi alzai e, con tono di rimprovero, gli dissi: ‘Edoardo, cosa hai fatto, hai mangiato tutti i cioccolatini?’. ‘Li ho compartiti’, questa fu la sua risposta. Fu lì, in quel momento che mi sono innamorato di quel popolo che ha poco e insegna ai suoi figli la condivisione e non l’egoismo”.
 
A questo punto Roberto ricorda con ammirazione il fatto che da Cuba, nel 2014, sono partite alla volta dei paesi africani più colpiti dall’ebola centinaia di medici e infermieri, il più vasto contingente di personale sanitario volontario e cita le parole del ministro della sanità Roberto Morales: “Noi non diamo quello che avanza, noi dividiamo quello che abbiamo”.
 
Gli chiedo quanto è costato in termini economici e sociali l’embargo a Cuba.
Roberto qui si dilunga e parte dalla riforma agraria adottata da Cuba il 17 maggio 1959, parla del tentativo di golpe americano con lo Sbarco nella baia dei Porci risolto con un clamoroso fallimento e arriva al 7 febbraio 1962 quando entra ufficialmente in vigore il blocco economico unilaterale contro Cuba. Roberto dice: “I danni economici sono stimati in 116 miliardi di dollari. L'assemblea generale dell'ONU dal 1992 ha condannato, a maggioranza schiacciante, per ventidue volte di seguito questo atto unilaterale statunitense che si pone al di fuori del diritto internazionale, risultando un vecchio residuato della guerra fredda che provoca rilevanti problemi alla vita quotidiana del popolo cubano. Per esempio, il blocco economico-finanziario contro Cuba rende difficile e molto costoso reperire materiale medico per curare i bambini ammalati e il governo cubano spende molti milioni di dollari ogni anno per procurarsi vaccini e medicamenti aggirando l’embargo. Per questo la nostra associazione coopera con Cuba e organizza iniziative per raccogliere fondi che servono per l’acquisto di farmaci antitumorali per l’infanzia”.
 
Mi parla dell’iniziativa che ci fu lo scorso settembre al circolo Arci di Campo.
“Quella fu una splendida risposta solidaristica ad una iniziativa della nostra associazione, organizzata con l’ausilio del Circolo Arci, in ricordo di Enzo Matteoni, un compagno che è stato assessore al comune di San Giuliano, ottimo amico di Cuba, tanto che in quell’occasione intervenne anche Aleida Castellano, rappresentante dell'ambasciata cubana d'Italia, che ricordò l’opera di Enzo. Spiegò il pesante impatto economico e sociale del bloqueo e portò un commosso ringraziamento ai presenti per la solidarietà verso il suo paese. Quel giorno raccogliemmo ben 1800 euro, fondi che destinammo per l’acquisto di farmaci antitumorali per bambini cubani ammalati di cancro, medicinali sottoposti anch’essi a embargo statunitense”.
 
Poi gli domando se, in seno all’associazione, c’è stata discussione e si è fatto festa alla notizia dell’annuncio della fine del bloqueo. Ma qui Roberto tiene a precisare: “Il blocco, purtroppo, non è ancora finito” e dice che lui ha festeggiato soprattutto “per la liberazione degli antiterroristi cubani imprigionati nelle carceri statunitensi. Ci siamo sempre mobilitati sia a livello nazionale che locale sulla ingiusta carcerazione, che è durata quasi quindici anni, dei ‘cinque eroi’, come vengono chiamati a Cuba. Sono stato a L’Avana due anni fa e non c’era un muro che non parlasse di loro e non chiedesse la loro liberazione”.
 
Il discorso cade su un articolo di Luciana Castellina sulla fine dell’embargo, pubblicato sul manifesto il 18 dicembre 2014 che cominciava così: “Merito di Francesco? Merito di Obama? Merito di Raul? Certamente anche di Oliver Stone, che ha mostrato col suo film-intervista su Fidel un volto del regime diverso da quello dipinto dall’encomiabile bloguera Yoani Sanchez che diceva di amare il suo paese ma ora è furiosa perché dopo più di mezzo secolo si è liberato della peggiore maledizione che l’ha colpito: l’embargo”. Chiedo a Roberto di commentarlo.
“Non darei merito a nessuno in particolare, ha vinto la resistenza del popolo cubano. Più di cinquant’anni di embargo non hanno messo in ginocchio Cuba neanche dopo il crollo dell’Urss e di tutti i regimi dell’est europeo che gravitavano nell’orbita sovietica. Il periodo estremamente duro vissuto dagli abitanti dell’isola, chiamato periodo especial, è stato superato e ha determinato, da un punto di vista diplomatico, non l’isolamento voluto dall’Amministrazione statunitense, ma un protagonismo nuovo e vincente di Cuba in tutta l’area dell’America latina. In America latina Cuba appare come un paradiso: povertà e dignità sì, miseria e favelas no, ottimo sistema sanitario nazionale e alta scolarizzazione”.
 
Mi ha colpito molto la frase pronunciata da Obama quando ha annunciato la fine dell’embargo: “Somos todos americanos”. Mi incuriosice sapere come la interpreti.
“Obama ha pronunciato questa frase per calcolo elettorale. Negli Stati uniti gli ispanici sono in espansione, ci sono 60 milioni di latini regolari che votano. In America latina la rivoluzione cubana è molto popolare, molti i paesi sono a fianco di Cuba, persino la Colombia che certo socialista non è. Obama, rispetto ai 400 mila esuli cubani, il voto dei quali non avrebbe mai preso perché votano per lo più per i repubblicani, cerca di mettersi nelle grazie 60 milioni di latini, il mondo dei produttori agricoli, degli allevatori, delle industrie di produzione alimentare. Perché comunque il mercato cubano rappresenta 11 milioni di persone. E quindi è la globalizzazione, in ultima analisi, che determina il nuovo corso”.
 
A proposito di globalizzazione gli mostro un trafiletto uscito su Repubblica domenica 31 gennaio 2015 in cui si annuncia che “Coca Cola e McDonald’s, potrebbero sbarcare presto anche a Cuba”. E l’apertura ai due simboli planetari del consumismo americano pare che arrivi da Alex Castro, il figlio di Fidel. Al di là della fondatezza o meno della notizia, gli dico che personalmente temo un’invasione a Cuba del mercato e del consumismo.
Risponde: “Lasciamo che la stampa faccia la sua informacion incorrecta, purtroppo di giornali seri in Italia ce ne sono pochi e una buona informazione si può avere soltanto se abbiamo voglia di cercarla con un lavoro paziente e confrontando le varie fonti giornalistiche che si trovano anche in rete”.
 
Alla fine gli chiedo se ha voglia di rivederla presto Cuba, ora che ancora abbiamo la fortuna di essere non su un’isola caraibica come le altre, ma in uno dei pochi luoghi senza tutte quelle banalità dell’economia di mercato.
“Il mercato non è il male, l’importante è come viene regolato e vissuto. Se va in porto un progetto di cooperazione internazionale, spero di partire la prossima primavera e di lavorare in un centro per anziani a Colòn nella provincia di Matanzas”.

 

Il racconto finisce qui, senza una conclusione. Domenica 8 febbraio guardo il meteo a Matanzas: parzialmente soleggiato, probabile temporale verso sera, temperatura minima 18°, massima 26°. Visto il tempo esterno, rimane di vedere il tempo interno, proviamo con una fotografia. Eccone una tratta dalla mostra di Wim e Donata Wenders Il cielo sopra L’Avana. Una vecchia automobile sul lungomare e gli spruzzi alti di un’onda. È una fotografia immobile e senza tempo, eppure c’è aria e movimento. Ogni riferimento al futuro del popolo cubano è destituito di qualsiasi fondamento.
 



Fonte: In allegato "Giornata storica. Obama annuncia disgelo tra Usa e Cuba", tratto dalla rivista "Internazionale"
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15/2/2015 - 13:44

AUTORE:
Cri

E io che violevo andare in Sicilia...
Quasi quasi faccio un salto a L'Avana!

9/2/2015 - 17:00

AUTORE:
Patrizia

Hasta la victoria siempre

8/2/2015 - 19:21

AUTORE:
giusi

Grazie 1000 caro Ovidio!
Voglio molto bene a Roberto e... un giorno ci andrò!!
Buona domenica