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Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

. . . uno sul web, ora, che vaneggia che la sua .....
. . . . . . . . . . . a tutto il popolo della "Voce". .....
. . . mia nonna aveva le ruote era un carretto. La .....
. . . la merda dello stallatico più la giri più puzza. .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Domenica 7 Luglio mercatino di Antiqua a San Giuliano T
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Ripafratta, 12 luglio
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Bagno degli Americani di Tirrenia
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Molina di Quosa, 8 luglio
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Casciana Terme Lari-Pontedera, 12 luglio-3 agosto
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Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
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La STALLA

30/3/2015 - 14:12


“Il mondo è pazzo e tu vien ben da lui” dice Dante Alighieri.

Infatti oggi si suole chiamare stalla qualunque negozio che strombazza i suoi prezzi di concorrenza in confronto degli altri. Ma lasciamo stare i guastamestieri e parliamo della vera stalla, quella del contadino con le mucche, la greppia, la ratrigliera, la cascina del fieno, o se vogliamo, quella dove nacque Gesù Bambino.
La stalla fa parte integrante della casa colonica, e poiché in questo libro si parla principalmente del periodo in cui gli animali, addomesticati dall'uomo, lo sostituirono nei più pesanti lavori, è bene ricordarli con profonda riconoscenza. Ormai siamo, si può dire, all’età d'oro degli animali. Tutti i lavori dei campi, come si è già dimostrato, si esercitano con attrezzi trainati da mucche e buoi. Perciò la stalla con le sue bestie è oggetto di grande attenzione e preoccupazione da parte del contadino. Le mucche prestano il loro collo al giogo, ma bisogna nutrirle, curarle, conoscere i loro bisogni e le loro abitudini. Intanto è necessario che una parte del terreno sia coltivata a prato onde ottenere il fieno necessario per alimentarle. Segare il fieno, ora che c'è la falciatrice trainata dalle mucche stesse, è cosa facile, ma a seccarlo è un problema. Rivoltarlo durante le ore calde, ammucchiarlo la sera, ristenderlo al mattino, o se, il tempo minaccia tempesta, correre ad ammucchiarlo anche durante il giorno, lasciando a volte anche il pranzo a metà, sono manovre ossessionanti di giorni e settimane. Dopo seccato, c’è da caricarlo e buttarlo in cascina forcata per forcata, ingoiando polvere e grondando sudore. Difficile immaginare quante volte l'avrà preso sulla forca prima di buttarlo nella rastigliera. Inoltre le bestie vanno custodite a ore e tempo anche nei giorni di festa. Prima di andare alla messa il contadino deve curare la stalla; dopo il vespro deve correre a nutrire le bestie.

Per lui non ci sono ferie nemmeno per un giorno. Si sente male, ha la febbre, ma una forcata di fieno alle bestie gli va data.

Per lui non esiste la mutua. Ogni mattina c’è da cavare la stalla; un carretto con una ruota e due stanghe, carico di pattume da spingere fino alla concimaia fuori dalla corte. C’è da recidere la paglia, i granturcali, i sagginali per fare loro il letto. D'inverno si bolle una caldaia di femme, tritello di fierume, per dare loro nel pastone o beverone; si recidono paglia e fieno misti per la ricisa, poi giù la mano alla striglia per grattarne le cosce e spolverarle con la brusca. Egli conosce la abitudini e anche i segreti delle sue bestie. Quando sono in amore le porta al manzo, a ricoprirle, dicono loro. Vi sono stalle apposite dove allevano manzi per la fecondazione delle bestie stesse. Se una ritarda il suo ciclo, usano stimolarla facendole mangiare nel pastone un panino di lievito come quello che la massaia usa per fare il pane. Se una bestia deve partorire si chiamano in aiuto i vicini, fra i quali c'è sempre un esperto per tali circostanze, detto il balio. Il vitellino appena nato deve asciugarlo la madre leccandolo, e per indurla a fare ciò lo cospargono di crusca. Se nasce un maschio si vende presto, se e una femmina si lega alla greppia per ricavarci una giovenca. Tolto il vitello c’è da mungere la vacca mattina e sera; una faccendaccia da non dirsi. Ci si siede su un panchetto col secchio sui ginocchi, stringendo le mammelle a due mani, mentre la bestia, per pararsi le mosche sferza codate a destra e a sinistra, ma le più vanno a battere nella testa del mungitore, che cerca di scansarle appoggiando la testa alla pancia della bestia.
Il latte si vende a pochi soldi, ma bisogna portarlo al lattaio che passa soltanto dalla via maestra; lui ha quel dato numero di bombole e chi arriva quando le ha tutte piene, deve riportarlo a casa. In tal caso si fa il formaggio per uso familiare. Con l'invenzione degli attrezzi agricoli per lo più si allevano bestie da lavoro. Si addomesticano le giovenche, si commerciano quelle addomesticate che passano da una stalla all'altra a mezzo di compra-vendita. I mercati ne forniscono in abbondanza; i contadini gareggiano tra loro nel mostrarle grasse, lucide e strigliate: i mediatori fanno affari d'oro, hanno un gran da fare a soddisfare tutte le richieste. Il padrone che vende una bestia usa consegnarla col fiocco alla coda: il compratore deve dare alcune palanche al figlio del venditore che l’accompagna. È  la cosidetta benedia, che porta  fortunam e lui deve dire la prescritta frase: Santo Antonio la salvi.

Il valore di una bestia varia secondo la razza, l’età o la vena del latte, la gravidanza o se sia o no addomesticata. L’età di una bestia si giudica dalla bocca, secondo che abbia fatto una mossa, o due oppure tre, oppure se abbia pareggiato. Fare una mossa è come dire nell'uomo mettere i denti del giudizio; aver pareggiato vuol dire ormai avere tutti i denti e quindi in età matura. La quantità di latte che può fare si giudica da una vena sotto la pancia a fior di pelle secondo che è più o meno sporgente. Se la bestia e incinta si vende a corpo pieno. Se poi non riuscisse tale va restituita al venditore. Se la gravidanza è incerta si stabilisce una caparra, la cosiddetta pregnezza. Esistono alcuni difetti di cui si chiede la garanzia, pena la restituzione della bestia. Un difetto curioso  è quello di alzarsi alla cavallina. Cioè i cavalli adagiati si alzano drizzando prima le gambe davanti; le vacche, al contrario, alzano prima quelle di dietro. Quindi se una bestia non segue le norme stabilite dalla natura viene restituita al venditore, a meno che tale difetto non sia stato notificato all'atto del contratto. Un altro difetto è quello di zuccare, o vizio di dare cornate quando gli si avvicina una persona, specialmente se si tratta di donne. Un difetto dal nome strano è l'orologio negli occhi; difetto che nell'uomo equivale allo strabismo. Inoltre il compratore verifica dal modo di mangiare, di digerire. Si sa che l'apparato digerente delle bestie ruminanti funziona a doppio stomaco. Ingeriscono il cibo senza masticare nel primo stomaco, poi, durante il riposo lo rifrangono e passa al secondo stomaco. Quindi se la bestia non rifrange durante il riposo c’è qualcosa che non va. Quindi il compratore ha un dato numero di giorni per verificare l'esistenza o meno di tali difetti, trascorsi i quali non può più reclamare e la bestia e sua. Donde la necessità di osservarla anche di notte per vedere se rifrange, farle avvicinare le donne e studiare tutto il suo comportamento. Tali cose vanno fatte con cognizione di causa.
Il contadino in tale materia non è davvero un ignorante.

Direbbe il Vangelo “Dio ha rivelato le cose agli umili e le ha nascoste ai sapienti”.


Dolci ricordi di una vita passata e che Gino Dell’Aringa aveva scritto verso il 1980 affinché non andasse perduta la memoria della “vita contadina nella tradizione lucchese” e che i suoi amici dell’Associazione culturale “Ponte” di Capannori hanno pubblicato in proprio in un volume “Il mondo in cammino” nel 1983.
Alcune parole sono diverse dal nostro parlar pisano, ma l’impegno del contadino non ha confini, tanto meno se questi sono le nostre colline e quindi: perché i pisani saper di Lucca sì ponno!


La foto d’apertura è della “Stalla della Casa nova”, Tenuta Salviati anni 30, con (riconosciuto dal figlio Mauro) l’addetto Libero Dilda con un amico e nella seconda, all’altro lato della strada, il “Prato del Diaccio” dove le mucche stavano all’addiaccio (non era il – prato del freddo!).
Segue un mercato di mucche lontano da qui e termina con due bollette di pagamento per “attorature” locali.


Un aneddoto ora, negli anni ‘60 del secolo scorso era ancora attiva una monta taurina a Nodica e noi ragazzi andavamo non visti a vedere cose mai viste e sentite, come quella del padrone del toro che urlava al suo garzone a proposito della mancata momentanea “voglia”: “aruffianalo (e un moccolo), ‘nficcacelo, ‘ncanalalo (e un altro moccolo)”.

 

Il toro andava arufiannato e aiutato “a mano”!

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