Un paese che amo, il paese della mia mamma.Anche ora quando vado a RIPAFRATTA sono la figlia della "Cocca".
Un paese con una storia importante che conserva vestigia di grande rilievo.
Un paese rimasto inalterato nel tempo, non ci sono insediamenti nuovi, potrebbe essere il set di film d'epoca perché anche le case, le facciate conservano la patina del tempo.Un paese che è ancora comunità.
ALEX BIAMONTI SI RACCONTA
Il 16 volte Campione Europeo e 9 volte Campione del Mondo svela I suoi segreti.
Sesto Fiorentino (Firenze) – Nel weekend del 12 e 13 Aprile, due giorni di Karate di livello mondiale presso il palasport di Sesto Fiorentino (Firenze), organizzati dal Maestro Leonardo Marchi dell’Accademia karate Shotokan, in collaborazione con il Comitato Regionale Toscano Settore Karate. Ospite d’eccezione Alexander Biamonti, 16 volte Campione Europeo, 9 volte Campione Mondiale, nonché attuale coach della Nazionale francese giovanile.
Il Kumiteka (esperto nella disciplina del combattimento), ha tenuto due giorni di seminario che hanno coinvolto bambini, agonisti e tecnici, in un clima dove il grande sport ha incontrato i valori delle arti marziali.
Con l’occasione, abbiamo raccolto un’intervista esclusiva che lo faccia conoscere meglio a tutti gli appassionati… anche al difuori del tappeto!
Alex, quando hai iniziato il karate e perché hai scelto proprio questo sport?
Ho iniziato il karate all'età di 4 anni. Ho scelto proprio il karate perché mio padre già lo praticava e come ogni bambino avevo voglia di fare quello che fa il babbo. Inoltre, ero attratto dall’idea che nel karate vi fosse un continuo dualismo tra i due avversari, che vedevo come il buono e il cattivo. Io quando facevo karate mi immaginavo sempre come il buono e combattevo sempre contro il cattivo.
Come hai fatto a vincere così tanti titoli? (6 mondiali e 19 europei ndr)
E' difficile rispondere a questa domanda, ma penso che il più sia stato vincere il primo titolo, quando ho vinto il Campionato d'Europa a Glasgow nel 1991, nella classe cadetti. E' stata poi la voglia di spingere i limiti sempre più in là e la mia passione per le sfide a fare il resto: mi sono chiesto, perché non provare a vincere un secondo titolo di Campione d'Europa? E dopo un terzo...
In effetti, mi è sempre piaciuto arrivare a risultati più alti e ciò che mi piace nello sport è il superamento di sé stessi. Penso che la sfida, il superamento dei propri limiti, sia una delle cose che mi ha attratto di più ed ho cerato sempre di condividere questa mia propensione con tutti i miei compagni di squadra.
Qual’è la differenza tra essere stato un atleta della nazionale francese ed adesso un allenatore?
La differenza è molto molto grande, perché l'atleta non fa che ascoltare e applicare ciò che l'allenatore gli dice di fare, mentre l'allenatore è obbligato a riflettere su come può rendere l'atleta migliore ogni giorno, un lavoro che richiede senza dubbio più profondità di pensiero. Ma d’altra parte è anche necessario che sia l’atleta lavori personalmente per crescere: spesso oggi i giovani preferiscono farsi guidare, mentre è altrettanto importante prendere in mano le proprie redini e rendersi autonomi, per migliorare e conoscersi meglio.
In sostanza l'allenatore deve essere in grado di fornire gli strumenti e le armi che permetteranno di vincere domani.
Quali sono le differenze tra un atleta italiano e francese, e quale ritieni il miglior stile di combattimento?
Devo innanzitutto spiegare le differenze tra lo stile francese e lo stile italiano nell'approccio al karate. Entrambe sono nazioni molto forti, tant’è che agli ultimi Campionato d'Europa la Francia si è dimostrata la nazione migliore e l'Italia la seconda, mentre l'anno precedente l'Italia era la migliore, con la Francia seconda. Cosa vuol dire? Che ci sono delle differenze ma in fondo i risultati sono simili. Lo stile? Preferisco lo stile francese per abitudine, ma perché è anche lo stile per me più congeniale soprattutto per quanto riguarda i movimenti. Gli italiani hanno uno stile più aereo, con più lavoro al viso e con il braccio anteriore. I francesi sono un po' più combattivi, più proiettati verso lo scontro fisico, gli italiani sono molto scaltri, sfruttano gli errori degli avversari. Per noi sono avversari formidabili, dobbiamo fare molta attenzione a questo stile di combattimento. E' lo scontro tra la “forza tranquilla” con un lato malizioso degli italiani contro la determinazione, la foga, dei francesi. Certe volte sono i francesi che vincono, certe volte sono gli italiani.
Ritieni più importante padroneggiare le tecniche di attacco o di difesa?
Direi più attaccare, perché sono di temperamento focoso, ma oggi, con l'evoluzione del karate, non parlerei né d'attacco né di difesa, parlerei soprattutto di opportunismo. L'opportunista è colui che attacca e si difende in rapporto agli errori dell’altro.
Che suggerimento daresti ai giovani di oggi perché possano proseguire la loro carriera a lungo?
Cosa potrei dire? Spesso i giovani non appena arriva la sconfitta abbassano le braccia. Al contrario la sconfitta fa parte della vittoria di domani perché è costruttiva, ci permette di riflettere. Quando si vince non si riflette, si è contenti. Mai abbassare le braccia, perché spesso gli atleti che diventano poi campioni del mondo, non sono gli atleti che erano i migliori quando erano giovani. In rapporto alla perseveranza, c'è una frase di Machiavelli che mi piace particolarmente: “Ciò che fa più della metà del talento è il lavoro”. Si può avere talento ma se non si lavora non si sarà mai campioni del mondo. Al contrario, qualcuno che non è talentuoso ma che lavora molto, un giorno potrebbe essere Campione del Mondo. E' un po' così anche nella vita di tutti i giorni, perché se ogni volta che si è davanti a un fallimento si abbassa le braccia non si farà mai esperienza. C’è un determinato momento in cui si deve imparare a perdere ma soprattutto a dirsi “Voglio continuare, non voglio lasciar perdere! ”.
Preferisci la cucina italiana o francese?
Ci sono francesi qui? Italiana. Anche mia moglie avrebbe potuto confermarlo.
Addetto Stampa CRTKarate