In questo nuovo articolo di Franco Gabbani si cambia completamento lo scenario.
Non avvenimenti storico- sociali, nè vicende di personaggi che hanno segnato il loro tempo.Il protagonista è questa volta è il fiume Serchio, l'attore sempre presente nella storia del territorio, con grandi vantaggi e tremendi disastri.
Ma non manca il tocco di Franco nell'andare ad esaminare grandi lotte politiche e piccoli episodi di vita comune legati al compagno di viaggio nella storia del nostro ambiente.
Successe oggi cinque anni fa!
Arriva l’esercito delle tinche
Il Consorzio di Bonifica Versilia Massaciuccoli ha ripopolato alcuni canali nei comuni di Massarosa e di Montignoso con una nuova immissione di 10.000 piccoli di tinca.
L’operazione ha un costo di 2.400 euro ed è stata finanziata al 50% dai comuni di Massarosa e Montignoso. Si inserisce in un più ampio progetto di salvaguardia della biodiversità portato avanti dal Consorzio negli ultimi anni. Dopo aver ottenuto le autorizzazioni da parte dell’Ufficio Caccia e Pesca delle Province di Lucca e di Massa Carrara, i pesci sono stati ordinati dall’azienda di piscicoltura Menotti di Verona.
Dopo un controllo da parte dei veterinari della ASL Versilia, i piccoli di taglia 4-7 cm troveranno casa nei canali di Massarosa e Montignoso dove è stata riscontrata una buona qualità delle acque, ma la mappa non viene diffusa proprio per preservarle il più possibile dai predatori “umani”.
Gli esemplari di piccola taglia si adattano meglio al nuovo ambiente e hanno anche il vantaggio di essere ghiotti di larve , infatti dove ci sono questi pesci, da precedenti controlli è risultata assente la zanzara.
“La tinca è un pesce tipico delle nostre zone – spiega il biologo Paolo Ercolini – presente in grande quantità fino agli anni ’50 e ’60, poi ridotta anche a causa del dominio di altre specie esotiche che hanno preso il sopravvento, come la Gambusia , il persico trota e il persico sole”
Consorzio Bonifica Versilia Massaciuccoli - Ufficio Comunicazione
Tanto tempo fa, a' tempi delle tinche!
Il piatto re del padule è un primo: il risotto con la tinca, no!, meglio, ”sulla tinca”!
La tinca è uno dei più bei pesci del lago. Il colorito è brunoverdastro o bruno-olivastro, la pancia dorato-giallastra a volte con riflessi rossicci e l’iride rosso vivo. Come tutti i pesci dalle minute e minutissime scaglie, (vedi per tutti l’anguilla) la sua è una carne prelibata, tenera e grassa. La pesca è simile a quella della carpa, anche se con la canna è meglio usare come esca vermi di terra o una particolare polenta che i pescatori si preparavano gelosamente segreta.
Questa è la preparazione del pescato.
“Prima di tutto andrebbe trovata una tinca femmina pregna perché le uova sono decisive per la riuscita del piatto. Il pesce va pulito al solito modo e lasciato intero. Si fa un battuto fine di tutti gli odori in piccola parte: l’odore delle erbe aromatiche non deve superare quello del pesce!
Si usa l’immancabile prezzemolo, l’aglio, la cipolla, il sedano, la prezia e il pepolino. Si fanno soffriggere e rosolare pochissimo in olio di oliva, si mettono pomodori freschi spellati, sale pepe e peperoncino e si fa cuocere a fuoco basso. Non si gira mai la tinca, eventualmente si scuote la padella, e si cuoce per un’ora, sempre a fuoco basso.
Fin qui la preparazione è simile a quella che si fa, sempre con la tinca, in un altro tipico e delizioso piatto: tinca con i piselli.
A noi interessa il risotto quindi andiamo avanti con la parte più difficile: la spolpatura. Il pesce cotto deve essere tolto intero dal tegame e spolpato a mano e alla svelta perché non deve freddare. Si levano religiosamente le uova, se presenti, mentre la testa, le grosse lische, le pinne e la coda si mettono di nuovo al fuoco in un pentolino d’acqua. Bisogna fare attenzione alle piccole lische biforcute che farebbero decadere il risultato finale se trovate in bocca e si rimette tutto al fuoco, polpa e uova, per altri quindici minuti. Aggiunto poi il riso necessario, si cuoce aggiungendo l’acqua colata del brodetto degli avanzi e ci viene in mente un detto di padule:
Disse la tinca al luccio: vale più la mi’ testa der tu’ buzzo!.
Un motivo ci deve essere!
Mi raccomando: l’acqua va aggiunta poca alla volta perché venga assorbita piano piano e non arrivare alla fine che, per eliminarla, il riso stracuocia”.
Questa e altre ricette mi furono date, ai tempi d’oro del padule, dal caro e rimpianto amico Giuliano, figlio di Menotti, colui che diede il nome all’altrettanto rimpianto ristorante in quel meraviglioso e incantevole luogo di riposo e di ristoro sul lago di Massaciuccoli, dove l’indimenticato fondatore ha pescato e cacciato per notai e braccianti, per gitanti e professori e dove le tinche e i lucci saltavano dall’acqua nella padella o sulla brace e dove le folaghe e i germani piovevano dal cielo nei tegami o nelle pentole.
Grazie Giuliano, e ora ‘un ci ride (tanto ‘ndove siei si sa che cci stai bene e 'un poi vedè ' troiai che succedono 'n tera perchè 'nsennò 'un sarebbe 'r paradiso), ma lo sai ome si ‘iama la ditta che ha buttato d i e c i m i l a tinchine ner tu’ lago?
“Menotti”
Facci ‘npopò rimuginà su varcheduno!
e ora un sonettino che scrissi a quei tempi
"Er tornaonto"
A’ tempi dell’ongresi e lle sanzioni,
‘vando ar potere c’era Testa mónda,
si sartava merende e ccolazioni,
e lla buzza ‘un era tanto tonda.
Tornato Tullio a casa cor barchetto
co’ una presacchiata di tinchette
(che misse ‘nsieme ‘un erin più d’un etto),
si disse che venivin bone fritte.
Oglio ‘un c’era neanco per e llume,
er grasso ito tutto era ‘nder mózzo,
e ‘ pesci allòra, ributtò ‘nder fiume.
Le tinche tutte ‘n coro cor singhiozzo,
scampate a ‘vella brutta fine truce,
gridonno, pinn’all’aria: “Viva ‘r Duce!”
Successe settant’anni fa?