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Un paese che amo, il paese della mia mamma.Anche ora quando vado a RIPAFRATTA  sono la figlia della "Cocca".

Un paese con una storia importante che conserva vestigia di grande rilievo.

Un paese rimasto inalterato nel tempo, non ci sono insediamenti nuovi, potrebbe essere il set di film d'epoca perché  anche le case, le facciate conservano la patina del tempo.Un paese che è  ancora comunità.  

Ricordate il tubo di refrigerazione della nuova pista .....
. . . come minimo si risponde due volte altrimenti .....
. . . siamo a M@ sterchief. Sono anni che giri/ ate .....
. . . Velardi arriva buon ultimo.
Il primo fu il .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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di Micol Fiammini, Il Foglio, 17 apr. 2025
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Che tempo che fa - di Michele Serra
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di Fernando Bezi
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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di Angela Baldoni
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Rosanna Betti
per Fiab Pisa
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Cena per la Liberazione 24 aprile
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Assemblea soci Coop.
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Cascina, 27 aprile
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CNA AREA VALDERA
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Qualcuno mi sa dire perche' rincoglionire
viene considerato un inevitabile passaggio
alla fine del faticoso viaggio
vissuto da tutti con coraggio?
Il .....
ad oggi la situazione è peggiorata
ora anche tir, pulman turistici , trattori, camion con cassoni per massi,
etc. . E ad alta velocita,
inquinamento .....
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MERIZZO

15/6/2015 - 8:30






I contadini pazientavano per il tempo del raccolto: se avevano voglia della polenta piantavano il granturco aspettando di avere la farina insieme allo spezzatino di maiale.
Pazientavano per il tempo degli acquisti: se avevano voglia di una giacca nuova seminavano le zucche da vendere, mesi dopo, al mercato.
Pazientavano per il tempo dell'amore: se avevano voglia di maritarsi dovevano aspettare che il padrone avesse calcolato di finire tutti i lavori per dare il permesso di maritarsi, era scritto cosi nel contratto di mezzadria.
Pazientavano per il tempo del riposo: piantavano quattro o cinque alberelli in cerchio nei grandi campi per creare una oasi di fresco, se avessero avuto caldo in futuro.
Mettere a dimora delle piccole piantine di platano per avere ombra nell'ora del pranzo per gli anni a venire, credo che sia il massimo della pazienza, o della previdenza.
I merizzi, quei gruppetti di alberi, ora enormi, che si vedono nelle grandi estensioni di campi di qualche tenuta, sono i luoghi dove cent'anni fa si riparavano d'estate i braccianti a mezzogiorno, mangiando pane e cipolle, con la Bianchina e la Rosina che scacciavano e attiravano nuvole di tafanelle.
Andare al merizzo, voce derivante da meriggio, l’ora calda del mezzogiorno, significava entrambe le situazioni di sole e di ombra.
Ma prima che quei ora monumenti arborei fossero tanto alti da dare un po' di refrigerio, era il carro la sola cosa che desse ombra nelle giornate di caldo.
Fino a poco tempo fa si vedevano maestosi merizzi  in S. Rossore, verso Piaggerta, dove i gestori non hanno mai avuto bisogno di spazio.
Nelle altre tenute questi alberi, testimoni di un lavoro duro e ingrato, sono stati tagliati per non far perdere tempo al trattorista che doveva girarci intorno ed ora lo spazio e sgombro e si raccoglie mezzo sacco di granturco in più.
In Garfagnana, nei boschi di castagni che davano lavoro e vita a decine di famiglie che erano volute restare sui loro monti senza aumentare l’infinito numero di italiani all'estero, si creavano luoghi puliti da piante e sterpi, per accumularvi le castagne. Imballati con tutto il riccio che le proteggeva, i frutti venivano poi portati in capanne di pietra, liberati dal rivestimento spinoso e messi ad asciugare.
La parte che andava venduta fresca veniva ancora una volta imballata, mentre l'altra messa a seccare in stanze sopraelevate e riscaldate da fascine bruciate nelle camere sottostanti.
I frutti secchi e duri venivano poi macinati in mulini ad acqua, che non mancava certo in quelle zone piovose e montuose, e la farina era serbata per fare pane, dolci e, addirittura, zuppe con il saporito latte delle mucche garfagnine.
Quei luoghi aperti, quegli spazi circolari dove si concentravano le castagne e dove si radunavano i pastori e i montanari, sono chiamati metati, nome trasposto anche alla stanza dell'essiccamento, il posto che riceve subito dopo l'accumulo delle castagne.
A me piace notare, senza che ci sia un legame linguistico o etimologico, che merizzo sta ad indicare un insieme di alberi in un luogo aperto e metato uno spazio libero in un insieme di alberi.
 
 

Fonte: Casa Tofanelli mantiene l'ultimo merizzo
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