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Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

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. . . . . . . . . . . a tutto il popolo della "Voce". .....
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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Domenica 7 Luglio mercatino di Antiqua a San Giuliano T
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Ripafratta, 12 luglio
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Bagno degli Americani di Tirrenia
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Molina di Quosa, 8 luglio
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Casciana Terme Lari-Pontedera, 12 luglio-3 agosto
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Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
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LAVORARE STANCA
di Trilussa

12/7/2015 - 12:28


I ragazzi che si accalcavano nell’ Auditorium di Bologna per ascoltare Jovannotti sono rimasti piuttosto sconcertati davanti alla affermazione del cantante. Lavorare gratis? Ma cosa cavolo dice questo qui, già il lavoro non si trova, figuriamoci se farlo gratis!


Ma il pericolo è scampato, non era una proposta di legge presentata in Parlamento, era solo un consiglio del cantante. Il consiglio di uno più grande, di una o mezza generazione prima, quando era normale, ed anche piacevole e appagante, che i ragazzi più giovani si dessero da fare per partecipare a tute quelle occasioni comuni di festa che si tenevano nei paesi: sagre, feste di partito, eventi culturali.

Ognuno di noi più avanti con l’età si ricorda di aver partecipato con entusiasmo  al rito collettivo dell’adesione attiva agli eventi della propria comunità.


Al Teatro del Popolo di Migliarino negli anni 60 si proiettavano films tre giorni a settimana, compresa la domenica. Ma il pomeriggio della domenica in sala era prevista una festa da ballo per cui ogni volta si doveva preparare la sala per i due eventi, il ballo il pomeriggio e il cinema la sera. Si trattava quindi di togliere e rimettere le sedie per tutte e due le manifestazioni.
 
In fondo alla sala (più grande dell’attuale perché comprendeva anche l’ultima parte ora accorpata al bar) c'era un palco di legno sopraelevato e le sedie di pesante legno venivano stivate nel sottopalco accessibile solamente tramite una porticina, una porta molto piccola e di non facile accesso. Dopo ogni pomeriggio di ballo le sedie venivano nuovamente tirate fuori, sistemate secondo uno schema preciso e fissate fra di loro e al terreno con dei ganci a vite per renderle stabili.


Era un lavoro faticoso e impegnativo ed eravamo noi ragazzi che ci occupavamo della faccenda.


Non ci era stato imposto da qualcuno, era semplicemente un tacito accordo, una cosa scontata che dovessimo essere noi giovani ad occuparci delle faccenda.


Chi altro poteva farlo? Forse gli anziani del circolo, a quel tempo personaggi stimati e rispettati per la loro età, la loro saggezza e per la loro vita di povertà e sacrifici, spesso proprio per cercare di garantire a noi giovani un futuro migliore? Contadini, operai nelle fabbriche pisane spesso raggiunte in bicicletta o in motorino, lavoratori della Piaggio che si alzavano all’alba per prendere il treno fino a Pisa e non perdere la coincidenza per Pontedera, gente che partiva da casa alle sei di mattina e tornava la sera alle otto.

O anche piccoli artigiani locali tuttofare che davano una mano alle continue riparazioni dei locali, quasi sempre gratuitamente o esponenti della sezione locale del partito, tutti impegnati (a quel tempo di grandi speranze e grandi illusioni) in una intensa attività promozionale e di diffusione della stampa con un impegno inversamente proporzionale al guadagno personale. Soprattutto perdite, da valutare in termine di tempo, consumo di fascioni di bicicletta, e di qualche rara tanica di benzina.


Quindi eravamo noi giovani che ci sobbarcavamo la fatica ma era anche una festa ed un arricchimento sociale e culturale. Perchè partecipare fa bene, e partecipare gratuitamente fa ancora meglio, non si guadagna denaro ma si guadagna rispetto e considerazione da parte degli altri e soprattutto da parte di se stessi. Ci si sente bene, ci si sente utili, ci si sente partecipi, ci si sente motivati, ci si sente dalla parte giusta, si aumenta la propria autostima, si sente di essere vivi e di far parte di una società che dà speranza.


Oggi, se guardiamo alle sagre paesane, all'organizzazioni di eventi (e penso ad esempio al recente Maggio Migliarinese, tanto per non cambiare paese) tranne  casi sporadici (perché fra i nostri giovani fortunatamente ce ne sono anche di illuminati), difficilmente si trovano organizzatori giovani, ragazzi che spostano sedie o sistemano tavolini.

 

Ci sono solo anziani pensionati, gente che lo ha sempre fatto fin dalla gioventù, fino da ragazzi, e da questo ha tratto grande forza e grande beneficio in termini culturali e di consapevolezza, gli ha permesso di sviluppare un sano principio di solidarietà, gli ha fatto capire il grande valore della partecipazione.


Ed ora si trovano ancora in prima linea, magari a combattere forti e disperate battaglie con la loro ernia del disco o con l’artrosi dell’anca o del ginocchio pur di continuare ad essere presenti.
E mentre dentro la sala ci si da da fare, si spostano tavoli, si addobbano palchi, si sistemano luci e impilano sedie per qualche spettacolo o manifestazione culturale fuori del locale si fuma, si gioca al biliardino, si guardano i video sul telefonino, si scherza e si ride nel più completo disinteresse.


E se qualcuno per curiosità scosta le tende per dare un’occhiata, subito si ritira, forse per paura che qualcuno, riconoscendolo, gli possa chiedere di dare una mano.


Due mondi perfettamente separati, senza nessun segno, nemmeno iniziale, di integrazione.


Sono forse più felici perché hanno di più?

Un titolo di studio, un po’ di soldi in tasca, molta tecnologia nelle mani, l’auto comprata dalla famiglia appena compiuti i 18, le menti sgombre da qualunque tipo di ragionamento che possa soltanto assomigliare alla politica, la prospettiva di una serata da sballo in Versilia da programmare bevendo un paio di birre?

 

Lo spero con tutto il cuore ma non lo credo.


Forse perché anch’io sono della generazione dei ragazzi senza telefonino e senza birra superalcolica che ha fatto molto lavoro gratis con passione e soddisfazione ma da cui, devo dire,  sono stato ben ripagato. Non in denaro ma in consapevolezza, quella che ti rende leggera ogni fatica e ti fa sentire di essere sempre dalla parte giusta.


Lavorare stanca, ma non fare niente, vegetare in attesa di niente, vivere non per il futuro ma per il presente, solo per l’oggi, o dal mattino solo per la sera stanca molto di più.

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Minimo 3 - Massimo 50 caratteri
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Minimo 5 - Massimo 10000 caratteri

17/7/2015 - 10:47

AUTORE:
Osservatore 3

Un po pessimistico ma non lontano dal reale. Conosco però molti giovani che si impegnano, che si danno da fare, specie in campi un tempo rifiutati come l'agricoltura.
Però è vero che molti sono più legati al proprio smartphone che alla famiglia o alla società. Ma è successo in tutti i tempi, poi magari crescendo acquistano una maggiore consapevolezza(purtroppo basta il momento di trovare lavoro!)