Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Mario Lavia
@mariolavia
· 14 luglio 2015
La sinistra e il rinnegato Tsipras
Colpisce il disorientamento della sinistra radicale italiana, che non ha saputo interpretare il premier greco
In poche altre occasioni Lenin fu così violento come nel libello “La democrazia borghese e il rinnegato Kautsky”. Già quell’aggettivo – “rinnegato” – ha una forza diffamante, allusiva di uno “scandalo” moralmente inaccettabile che fa capire come la polemica, pur dura, possa trascendere nell’odio puro, come solo quello religioso-ideologico sa essere.
Inutile indugiare qui le ragioni della violenza verbale di Lenin (se si rilegge l’opuscolo si trovano bizzeffe di epiteti e ingiurie) contro il leader morale e teorico della socialdemocrazia tedesca che ovviamente aveva dalla sua un milione di ragioni. Quello che vogliamo dire è che sempre, nella storia del movimento operaio e della sinistra, i “duri” si sono scagliati contro i socialdemocratici e i riformisti con una asprezza ben più velenosa di quella riservata alla destra.
Però per polemizzare, per scomunicare, bisogna avere, come Lenin dal suo punto di vista aveva, idee chiare.
Per venire a noi, invece, i “duri”, i sinistri-sinistri, la galassia estremista non ha ancora, ci sembra, bollato Alexis Tsipras con epiteto analogo a quello che Lenin riservò a Kautsky. Il fatto che il più malevolo sia stato finora Beppe Grillo, cioè uno che con la sinistra di ogni genere e grado non ha nulla a cui spartire, la dice lunga sullo spiazzamento nel quale si trovano i podemosisti nostrani, quelli della brigata Kalimera che nel cielo della afosa sera ateniese del 5 luglio intravedevano i segni di un nuovo avvenire.
Tsipras, ondivago e poco ferrato primo ministro, in tutta questa vicenda ha compito una serie di mosse strane, fino al paradosso di un accordo che egli aveva combattuto nel referendum. Non aveva altra scelta, si è detto. Anche Bruno Trentin non aveva altra scelta, quando firmò un certo accordo che non condivideva, ma subito dopo la firma si dimise. Per dire.
Vedremo nelle prossime ore se Tsipras si dimostrerà un vero leader si partito, convincendo i suoi. Però di certo oggi si vede come Syriza sia stata edificata e irrobustita col cemento della demagogia, ma che alla prova delle grandi scelte politiche quel cemento fosse piuttosto argilla.
Come ha potuto la sinistra radicale italiana credere che leader improvvisati e furbetti, magari belli e dannati come i personaggi di Scott Fitzgerald, potessero davvero incarnare la resurrezione di spiriti anticapitalistici vagamente trotskisteggianti?
E non fa meraviglia dell’infatuazione un po’ da Rive gauche di pacifisti di professione e nipotini dei gruppettari di quarant’anni fa che sono corsi ad Atene come i nonni andavano a bivaccare alla Sorbona o a Berkeley: stupisce di più che un Fassina, un D’Attorre, un Civati, persino un Vendola (che però ha la giustificazione di essere maggiormente sensibile all’atto creativo) abbiano potuto pensare che la Grecia fosse diventata il baluardo inespugnato contro la dittatura dell’euro tecnocratico e odioso strumento di classe.
No, più semplicemente la battaglia è un’altra. Non c’è una guerra di movimento greca, semmai c’è una complessa guerra di posizione a livello mondiale e europeo. Per la quale Alexis Tsipras è, non diciamo inservibile, ma quanto meno marginale.