Un paese che amo, il paese della mia mamma.Anche ora quando vado a RIPAFRATTA sono la figlia della "Cocca".
Un paese con una storia importante che conserva vestigia di grande rilievo.
Un paese rimasto inalterato nel tempo, non ci sono insediamenti nuovi, potrebbe essere il set di film d'epoca perché anche le case, le facciate conservano la patina del tempo.Un paese che è ancora comunità.
Cagliari è una città in "salita", come Lisbona, Genova e tante altre città di mare. Nei suoi vicoli, d'estate, si rincorrono i tavolini dei ristoranti, pieni di gente, attraversati dai sorrisi sdentati dei bambini "extracomunitari". Perché Cagliari è una città "aperta". Dove ci si "mescola". Ci trovi persino un "gelataio" bergamasco che dice che i giovani sardi sono tutti vagabondi. Tutto dire! E poi il Poetto di Quartu Sant' Elena, il più bello, che in definitiva è la parte finale di quello di Cagliari. La spiaggia estiva della nonna di Milena Agus, l' autrice di "Mal di pietre". Si tratta di un piccolo libro della casa editrice "Nottetempo", autobiografico e profondamente leggero. La vera protagonista è la nonna dell' autrice, la sua storia di donna, di madre, intrecciata ad un mondo ostile, arcaico e quasi estraneo. La sua inadeguatezza a regole e imposizioni sociali.
Il suo "male di vivere" mitigato dal grande e assoluto amore della nipote. D'altronde basta una sola persona che ti ami di un amore assoluto perché la tua vita abbia "sostanza" e sia valsa la pena di affrontarvi turbolenze varie. Comunque l'arrivo a Cagliari della protagonista è stato la sua salvezza. Essere la "macca" (la matta ) al suo paese era accettato con indulgenza in una città di porto, rivolta verso il fuori, mare e cielo, accoglienza, vento spargipensieri e balconi fioriti. Il libro è ovviamente tanto altro, in grandi e piccole emozioni: il padre dell'autrice, pianista famoso per cui bisogna assecondare il casino universale e "suonarci sopra“, la storia meravigliosa del reduce, l’idea che fare l’amore in una casa amata da sempre, la renda portatrice di vita. Tra le righe anche la storia ”dell’altra nonna”, forte come una roccia, sola nella sua rigidità mentale, per punirsi del suo errore e senza nessun amore che la riscatti.
Io lo dedico a tutte le “macche“ del mondo, che scriteriatamente scambia l’infelicità e l’essere “al di sopra” o “al di là” per malattia da curare, peggio ancora da internare in qualche bel posto, possibilmente con le sbarre.
Ciao di nuovo Dirva, non ti preoccupare, io mi ricorderò sempre di te. Che non hai avuto nessun amore assoluto che ti salvasse.