Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Riassunto delle puntate pecedenti
In Bocca due pescatori abusivi trovano nella propria rete il cadavere di un uomo di colore. I carabinieri, avvisati in forma anonima, fanno rimuovere il cadavere e fanno i primi rilievi del caso da cui non emergono dati sospetti. Il cadavere sembra solo un annegato trasportato dalla corrente ma l'autopsia rivela che l'uomo non è morto annegato come si pensava ma a causa di traumi multipli fra cui la frattura del cranio con lesione cerebrale. Delle indagini sul caso viene incaricato il maresciallo Silvestri, reintegrato per l'occasione in quanto sospeso da tempo dall'Arma per un oscuro motivo disciplinare. Il maresciallo è rientrato da poco in paese accompagnato da una giovane ragazza, di nome Chiara, conosciuta in occasione di una dolorosa vicenda accaduta in una città del Nord dove il Silvestri si arrabattava, per sopravvivere, con piccoli lavori di sorveglianza e sicurezza dato il suo temporaneo allontanamento dal servizio. Il maresciallo comincia le difficili indagini iniziando facendo qualche domanda in giro e poi si reca in caserma dove trova una vecchia conoscenza, il travestito Solange, al corrente di tutte le vicende notturne che accadono sulla Traversagna. Solange, pur essendo il riferimento di tutte le ragazze che frequentavano quella strada non sa dare indicazioni sul morto in Bocca. A Silvano non resta che provare a rintracciare i pescatori per sapere qualcosa di più sul ritrovamento del cadavere. Si reca allora dal suo amico Nanni, un appassionato pescatore di Bocca, recente pensionato, e poi al ristorante sul ponte, a cui i pescatori portavano spesso il pescato. Sempre per cercare di rintracciarli, anche se in forma riservata, per avere un minimo di traccia su cui lavorare in assenza, al momento, di qualunque indizio utile alle indagini. I pescatori , informati, fanno saper, sempre in forma sempre anonima, di non avere trovato niente addosso al cadavere. Ma un altro nero viene trovato morto sulla via del mare, investito da un camion, e Silvano si pone la domanda di una possibile relazione fra le due morti, al momento unite solo dal colore della pelle e dalla zona del ritrovamento dei cadaveri. Ma ecco finalmente un primo indizio, un biglietto anonimo posto sotto la porta con uno strano disegno. Il biglietto confermava l’ipotesi che le morti non fossero solo accidentali e dopo un po’ si riuscì a capire cosa voleva dire: era la pianta stilizzata della strada del mare con una strana riga oltre la curva che portava alla marina. Ora si trattava solo di andare a vedere. Silvano si preoccupò subito di chiedere il permesso per poter visitare la zona indicata ma il fattore del Conte gli spiegò che la zona che gli interessava era di proprietà di una cugina che abitava a Londra.Si mi se quindi alla ricerca del fattore che gli avrebbe potuto rilasciare il permesso. Nel frattempo fa la sua comparsa Tricia, una signora americana che diventa ben presto sua intima amica.
Arrivato a casa trovò Chiara era ai fornelli con una vecchia felpa arancione con sopra un grembiule che lui le aveva regalato con tanti gattini colorati e festanti. Stava preparando il pranzo e quando vide Silvano chiese se rimaneva, avrebbe allora cucinato per due. Sulla tavola già una bottiglia dal vetro appannato di un bianchino invitante.
“Grazie Chiara…..volentieri. Stasera invece non ci sarò, Tricia mi ha invitato a casa. Ceno con lei e noi ci vediamo poi domattina”
“Però…...cominci ad andare un po’ troppo spesso dalla tua amica su in collina. Devo cominciare a pensare male…..non è che poi ti trasferisci e mi lasci qui da sola?”
“No, stai tranquilla, la mia vita è già complicata per conto suo…..e poi non ti lascerei mai….lo sai. Sei tu che mi lascerai….. quando sarà il momento……….a proposito …come sta Marchino tuo?”
“Non cominciare per favore! Senti, ma allora sei andato poi nel bosco a verificare se il disegno voleva dire qualcosa?”
“Macchè, ho avuto il permesso dal fattore del Conte ma poi è venuto fuori che la zona non è sua, è di una sua cugina che non conosco e che ha un altro fattore…… che non era in ufficio. Gli ho lasciato un bigliettino con il numero del cellulare e aspetto che chiami. Quando riuscirò a parlarci, e chiedere il permesso di entrare nel bosco, si capirà se l'indizio che abbiamo avuto è reale oppure no. Credo che dipenderà tutto dalla facilità con cui riuscirò ad ottenere il permesso. Perché il fattore che ha la competenza su quel tratto di bosco non può non sapere per cui se non c’è niente di losco farò in fretta, come col fattore del Conte, se invece c’è qualcosa di losco o d’illecito il permesso potrebbe ritardare o addirittura non arrivare mai. Non mi meraviglierei ……e sarebbe la conferma della presenza di qualcosa che non va in quella parte di pineta.
Se non ci fosse il permesso, cosa che ritengo possibile, bisognerebbe sentire il Maggioni per decidere come procedere, come forzare la mano, costringere in qualche modo oppure…….magari….potrei anche fare da solo, magari.........una capatina"
“Ah……senti, perché non ti sembrano sufficienti le bischerate che hai già fatto Silvano? Forse sei un po’ in astinenza e hai bisogno di una nuova cazzatina per riprenderti?
Lo sai da te che non è una buona idea e che le conseguenze potrebbero riportarti indietro di qualche anno. Forse lo hai già dimenticato? Hai dimenticato quando ciondolavi per casa e non battevi la testa nel muro solo perché, dicevi, non volevi sciupare l’intonaco? Era una battuta stupida ma serviva a rendere l’idea. Ricordati, caro mio Silvano, che non accetterò da te una nuova cazzata, scusa il termine volgare ma la situazione non prevede di meglio”
Gli occhi di Chiara brillavano e mandavano scintille minacciose. Silvano non poté che fare una parziale retromarcia.
“No ma…. dicevo, solo…….. in caso disperato….!”
“Disperato?…..disperato lo sarai te se vorrai agire ancora al di fuori delle regole. E da solo…..bada bene!! Tu sei un carabiniere, un maresciallo, tu sei l’Autorità e l’autorità ha i mezzi per agire in maniera legale. Forse più lenta ma legale e tu ti dovrai attenere alle regole. Lo hai giurato all’Arma, lo hai giurato a me e a Valentina. Lo hai giurato e spergiurato a te stesso, bada di non cadere nello stesso errore. Perdesti molto……. ricordatelo bene!”
Aveva ragione, al di fuori di ogni dubbio, a Silvano non poteva che ammetterlo. Il passato, con i suoi errori, può essere un grande maestro.
“Va bene Chiara.....hai ragione....... è colpa di questa mia indole, questa voglia, sempre, di affrontare subito il caso e risolvere in fretta, di fare tutto in fretta. Ritiro l’ultima frase….. promesso”
“Bada Silvano, non sto scherzando.....e lo sai bene. Non sei uno stupido e sai benissimo quale potrebbero essere le conseguenze”
A quel punto Chiara si era rasserenata, anche se, conoscendo Silvano, non era poi del tutto sicura che quella promessa sarebbe stata mantenuta. Lei non poteva che fare tutta la pressione possibile su quel testardo di maresciallo che non avrebbe altrimenti avuto nessuna remora anche ad infrangere la legge pur di risolvere il caso.
“Beh….. comunque ….vai… assaggiamo questo Pinot………un bianchino squisito che mi ha consigliato Marco………e falla finita!……. “
Silvano il pomeriggio passò in caserma e per prima cosa si premurò di informare il maresciallo capo Maggioni, ed anche il Luvisotti che era in attesa, dell’interpretazione del biglietto. Entrambi si dissero d’accordo con l’ipotesi di Silvano, il disegno tornava troppo bene con il luogo in questione, e la riga in alto era sicuramente l’indizio che l’anonimo voleva fornire.
Bisognava quindi andare a dare un’occhiata nel bosco ma per quello serviva un permesso. Furono tutti d’accordo che dall’attesa della chiamata del fattore, e di conseguenza dalla facilità con cui avrebbero avuto il permesso, si sarebbe capito se l’indicazione fornita dal biglietto era reale oppure solo una presa in giro. Se in quel bosco c’era veramente qualcosa d’illegale, magari da mettere in relazione con la morte del nero, oppure fosse solo uno scherzo di qualche cretino che non aveva niente di meglio da fare. O anche uno scherzo idiota di qualcuno che l’aveva con Silvano o con l’Arma.
Discussero a lungo anche quale potesse essere la strategia migliore se il permesso non arrivava, e convennero che in quel caso le possibilità non erano molte e tutte molto lunghe e complesse.
Intanto si era fatto sera e Silvano aveva un appuntamento.
La strada per arrivare da Tricia era poco più di un viottolo ghiaioso. La casa era piuttosto piccola e isolata, sulle prime rampe di una collina. Non molto in alto ma sufficiente per godere di uno spettacolo bellissimo sulla vallata, sul fiume in lontananza, sulla città che s’intravedeva poco distante, sul mare poco lontano che la sera offriva sempre lo spettacolo stupendo del tramonto. Silvano quando andava cercava sempre di arrivare prima della calata del sole per vederlo scomparire in mare in compagnia di Tricia e possibilmente in mano un bicchiere di vino. Quello del tramonto visto dalla collina era per Silvano un momento magico, vissuto nel silenzio assoluto della campagna, in compagnia di una donna cui si sentiva legato da una profonda stima e amicizia. Amore forse, chi lo poteva sapere. Per saperlo bisognava porsi la domanda ma Silvano la temeva perché il suo rapporto con quella signora americana conosciuta per caso era così bello e intenso che qualunque variante poteva modificarlo, e non era sicuro che potesse farlo in meglio.
Non di rado sedevano insieme, vicini, in silenzio bevendo un po’ e aspettando che il disco arancione del sole piano piano s’immergesse nell’azzurro del mare non senza avere spruzzato prima nel cielo i suoi mille colori. Poi Silvano cingeva Tricia alla vita ed entravano lentamente in casa.
Quella sera però era già buio quando la Punto verdina, brontolante per la salita, arrivò alla casetta.
L’ingresso era deserto mentre si sentiva movimento di stoviglie in cucina.
“Silvano sei tuu?”
“No…. non sono ancora arrivato!”
“Fanculo Silvano….sei unbaerable. Non so perché invitare te, ogni volta me dire non invitare più….ma poi fare di nuovo, forse …..love?”
“Non so….. forse perché essere bell’uomo e molto simpatico, e poi perchè portare buon vino e ancora capace in letto…. understand?”
Intanto aveva raggiunto la cucina, dove Tricia stava preparando la cena. Portava un grembiuletto a fiori su pantaloni jeans e una maglietta gialla a maniche lunghe arrotolate, i capelli ramati raccolti da cui sfuggiva un ricciolo sbarazzino che inutilmente veniva riportato in riga con il dorso della mano ma che immancabilmente ricadeva sull’occhio sinistro.
Sottofondo da un piccolo registratore a cassette una canzone degli anni 60, “Nights in white satin”. La canzone originale era dei Mody Blues ma qui noi diventata famosa nella versione dei Nomadi dal titolo “Ho difeso il mio amore”. Comparando i due testi, inglese ed italiano, si passava dalle notti in raso bianco di un timido innamorato che non riesce a scrivere una lettera ad un altro che addirittura viene ucciso per difendere la sua donna. Forse non lo amava più, forse non ne valeva nemmeno la pena.
Tricia aveva confessato più volte di amare le canzoni degli anni 60 pur essendo in quegli anni una bambina, canzoni che lei conosceva nella loro versione originale in lingua inglese, spesso riprese e portare al successo in Italia da complessi musicali nazionali che in quegli anni ne attinsero a piene mani.
C’era in quegli anni in paese un amico di Silvano cantautore. Incise alcuni dischi che ebbero un buon successo ma divenne ben presto evidente che se voleva continuare la sua carriera doveva trasferirsi in una grande città per avere maggiori possibilità di affermazione, specie in un campo sempre molto difficile come quello musicale. Lasciò quindi il paese e si trasferì al nord. Nella grande città negli anni mise su famiglia ed ebbe anche un discreto successo riuscendo, una cosa non sempre facile e scontata, a vivere della sua passione e professione.
Viveva tutto l’anno a nord ma ogni estate tornava per le vacanze al paese. Veniva in agosto per il mare ma soprattutto per trovare i vecchi amici. Ogni sera, in estate, Silvano e gli amici lo aspettavano al Circolo, in pantaloncini corti, con gli zoccoli di legno, a fare i vecchi discorsi, le solite scontate battute, i soliti racconti delle vicende passate che però lo riportavano indietro negli anni, quelli felici della sua e della loro gioventù.
E forse anche quelli di una vita diversa, forse più semplice, rimpianta specialmente ora che era perduta. Gli amici invece erano invidiosi per quell’ amico diventato famoso, che frequentava Celentano, i Giganti e gli altri complessi famosi di cui ascoltavano ogni giorno le canzoni, che viveva una vita diversa, in una grande città del nord, nel grande mondo della musica e dei musicisti. Era il paesano famoso, quello che ce l’aveva fatta, che era riuscito ad emergere, a farsi conoscere. Lo stavano ad ascoltare rapiti quando raccontava di una vita così tanto diversa dalla loro, confinata com’era purtroppo al paesino di campagna, al solito studio, al solito banale lavoro mentre lui era sotto i riflettori del festival di Sanremo. Raccontava inoltre, in quelle sere umide e fresche d’estate al Circolo in mezzo agli amici di un tempo, che per lavoro ascoltava molti pezzi americani e inglesi che non sarebbero probabilmente mai arrivati in Italia e da cui traeva, ma lo facevano tutti quelli del suo mestiere, spunti, serie di accordi, strutture musicali che non rientravano nel plagio musicale ma che potevano dare idee su nuovi pezzi.
“Cosa c’è di buono, Striscia?” La chiamava Striscia la Notizia per farla arrabbiare perché quando si arrabbiava lo faceva sorridendo e diventava ancora più bella.
Perché Tricia bella lo era. Gli anni avevano arrotondato il suo fisico da ragazza trasformandola in una bella donna matura. Il seno era rimasto sodo e gli anni avevano accentuato tutte le sue curve ma senza strafare, con quella benevola dolcezza che, guardandola, faceva pensare ad una statua. Una di quelle statue greche di un marmo bianchissimo e bene in carne prima che la moda imponesse a tutte le donne del mondo cosiddetto civile di tendere all’anoressia, pena l’allontanamento coatto dai circoli alla moda (fra occhiate di disapprovazione) e con le limitazioni del reperimento di capi di vestiario alla moda se si aveva la sfrontatezza di superate la taglia 48.
Le schermaglie continuarono con quell’affetto oramai consolidato da anni e poi fu servita la cena in cui al minestrone di verdura (con un po’ di salsiccia come piaceva a Silvano) si aggiunsero delle uova strapazzate inframezzate con qualcosa di carneo, indefinito, ma che spinsero Silvano a fare il solito commento.
“Ecco, come al solito voi “americans” distruggete tutto. Guarda qui….prendete delle belle uova fresche, con il loro bel sole giallo centrale e la loro coroncina immacolata d’intorno e le riducete a questo anonimo ammasso gialliccio…informe… indefinito …..comunque buono… Striscia…complimenti!”
Dopo l’immancabile scappellotto e la risposta fintamente piccata di Tricia Silvano raccontò della novità rappresentata da quel foglietto con il disegno. Era fuori di ogni dubbio, confermò anche Tricia, che c’era qualcuno che sapeva e che, per qualche motivo ancora sconosciuto, voleva orientare le indagini in una direzione ben precisa. E sicuramente i tratti indicavano proprio la zona della Marina, con la curva stretta che immetteva nell’ultimo tratto di strada che conduceva al mare. Non riteneva invece che forse uno scherzo, non c’era nessun motivo per quello e poi nessuno si espone fino al punto di andare di notte a mettere una lettera sotto la porta di casa di un carabiniere. Col rischio poi di essere scoperto e di dover giustificare la presenza e la lettera.
Silvano accennò poi alla possibilità di andare anche senza permesso a dare un’occhiata, ma anche in questo caso la reazione fu ampiamente e sonoramente negativa. Era a tutti evidente che un nuovo errore avrebbe decretato la fine della sua carriera e della sua permanenza nell’Arma e chi gli voleva bene non poteva accettare una nuova sciocchezza.
Dopo cena uscirono a fumare una sigaretta, guardarono insieme le stelle e Tricia domandò a Silvano se si vedevano così bene e così grandi perché la casa si trovava in collina e quindi più vicina al cielo.
Silvano la guardò sorridendo e non rispose, gettò la sigaretta ormai finita, le cinse come sempre la vita e la condusse in casa.
La mattina dopo, non tanto di buon’ora perché Chiara era già uscita, passò da casa, si cambiò d’abito e prima di andare in caserma decise di fare un giro, ma solo un’innocua passeggiata con l’auto, fino al mare. Rallentò, ma senza fermarsi, alla curva che immetteva sull’ultimo rettilineo e arrivò alla fine della strada, alla grande rotonda prima della spiaggia. Qui girò a destra proseguendo sulla litoranea che correva al margine della pineta. La strada correva parallela al litorale, una grande spianata di sabbia fino al mare sulla sinistra e il bordo del bosco sulla destra, delimitato da una vecchia e inefficiente recinzione di rete metallica. Alcuni pali di sostegno erano ancora in piedi ma molti, corrosi dalla salsedine e dall’incuria, giacevano a terra e la rete di divisione in molti punti erra completamente assente permettendo il passaggio a chiunque volesse introdursi nella pineta. Silvano guidò lentamente osservando con attenzione la rete e il bordo del bosco alla ricerca di qualche anomalia, qualche incongruenza, qualche stranezza che facesse pensare alla mano dell’uomo invece che quella della natura e degli animali. Guidò lentamente fino alla fine della strada ma non notò niente che facesse pensare ad un passaggio di uomini o mezzi o altro all’interno del bosco.
Alla fine della strada fermò la Punto, scese e face un pezzo di strada a ritroso a piedi, inoltrandosi anche per qualche metro nel bosco passando per i numerosi varchi lasciati dalla recinzione, ma non notò niente di particolare, nessun segno se non le tracce di qualche animale, cinghiali soprattutto, frequenti in quella zona.
Tornò indietro e si fermo al piccolo bar della piazza dove bevve un caffè, fumò una sigaretta e chiese al barista se aveva notato niente di nuovo, o di strano, negli ultimi tempi nella zona. Ricevendo in cambio solo un mugugno, che interpretò come una risposta negativa, lasciò perdere ma si trattenne ancora un po’ a osservare il via vai di auto in transito. Un movimento piuttosto scarso dato il periodo dell’anno (da cui forse il mugugno del barista) ma non vide niente di sospetto nelle auto dei fidanzati che cercavano un luogo per parlarsi e scambiarsi in pace qualche effusione, pensionati che venivano a fare due passi lontano dal traffico, qualche pescatore, qualche podista che lasciava l’auto e percorreva a piedi o a corsa la strada e il lungomare e magari anche qualche scambista appassionato, ma senz’altro fuori orario essendo di mattina.
Si trattenne una mezz’ora ma poi vedendo che tutto quel movimento rientrava nell’ordinario e che si era fatto tardi decise di tornare.