Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Pisa, 2023.
Pietro, mio nipote, ha 13 anni e frequenta la seconda media. Oggi è il mio turno di andarlo a prendere a scuola. Lo osservo uscire insieme ai suoi compagni di classe, con il sorriso di chi prende ancora tutto come un gioco.
Comincia ad avere i tratti da adolescente, nonostante abbia ancora la curiosità di bambino. Mentre lo riaccompagno in macchina mi racconta la sua piccola, grande giornata a scuola. Ma il suo racconto svogliato si ferma subito e comincia a osservare quella statua così familiare al centro di quella grande rotonda che porta verso casa.
La sua curiosità esplode con la più semplice delle domande:
""Zio, perché hanno messo quella statua così brutta?".
Come dargli torto: una deformata figura umana in ottone , con le braccia e le gambe lunghe e il volto irriconoscibile. Sembra una versione ingigantita dell'"Ombra della Sera", la famosa statuina etrusca (googlate).
"Pietro, quella statua "poco aggraziata" è dedicata al Migrante Ignoto. E' stata posta lì per non dimenticare il massacro del 2015, la vergogna che ha preso il posto di Srebrenica nella storia nera dell'Europa. Pensa che solo nei primi 8 mesi di quell'anno ben 3500 persone sono morte, senza contare le altre migliaia degli anni precedenti".
Vedo che questi dati colpiscono la sua curiosità:
"E come sono morti? C'è stata una guerra?"
In effetti quell'anno il telegiornale sembrava un bollettino di guerra, ogni giorno c'era il conteggio dei morti: 18, 700, 25, 71, 15, 2. Ormai eravamo assuefatti a quei numeri, ci emozionavano meno di un'estrazione del lotto.
Cerco di colpirlo spiegando crudamente cosa era successo:
"Quei morti sono persone che cercavano di venire in Europa scappando da zone di guerra, come la Siria, l'Afghanistan, l'Iraq. Fuggivano da bombardamenti, tagliatori di teste, stupratori di bambine, mercanti di schiave. Purtroppo però le frontiere degli Stati europei erano chiuse e quindi cercavano di arrivare con mezzi di fortuna: dentro camion che trasportavano pollame, su bagnarole sovraffollate pronte a capovolgersi alla prima onda, con gommoni rattoppati con il nastro isolante. Molti non ce l'hanno fatta e sono morti annegati, asfissiati, bastonati o bruciati vivi."
Forse sono stato troppo crudo, ma questa è la storia, bellezza. Edulcorarla troppo significa trasformare la verità in finzione, alla stregua di un romanzo, di un film. Non c'è ombra di riflessione in lui e il silenzio viene subito interrotto:
"Ma allora perché non li avete fatti entrare? Tanto continuavano a venire lo stesso nonostante le frontiere chiuse, giusto?"
Sorrido pensando all'ingenua logicità della domanda:
"Guarda Pietro che non tutti volevano quelle persone in casa loro. L'Europa stava ancora subendo gli effetti di una devastante crisi economica che ha reso molti più poveri e lo straniero, il diverso, era visto come un pericolo, una minaccia. I governi dei singoli Stati europei non riuscivano a mettersi d'accordo, rinchiusi nel loro egoismo nazionale. Ho visto tante guance bagnarsi di lacrime artificiali, seguite da parole finte e vuote, che non hanno portato mai ad azioni concrete e risolutive. Un'altra occasione che ha squarciato il velo dell'ipocrisia: l'Europa era nuda."
Mi fermo, alla fine non voglio arrivare a raccontare le altre atrocità di quei mesi: i fili spinati lungo le frontiere, i muri alzati in una notte, le pance gonfie delle donne annegate, la bambina morta perché lo scafista ha gettato l'insulina in mare, l'odio delle persone vicine a me.
No, non voglio raccontargli di aver visto persone che ridevano di fronte a quelle tragedie.
Lo guardo di nuovo, finalmente si è zittito, spero voglia approfondire quello che è successo una volta a casa, per alimentare la memoria, per non dimenticare. Diciamo sempre così, no? Invece, a sorpesa, dalla bocca angelica esce la più infernale delle domande:
" E te zio, dov'eri quando succedeva tutto questo? Perché non hai fatto niente?"
Perdo immediatamente il sorriso, abbasso lo sguardo e mi concentro sulla guida. Non riesco a dire niente, le parole strozzate dalla vergogna e dal rimorso: all'improvviso ero complice di quelle morti.
Anche io ero colpevole.